Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 29-04-2011) 20-05-2011, n. 20159 Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con decreto, deliberato il 22 giugno 2010 e depositato il 30 giugno 2010, la Corte di appello di Reggio di Calabria ha confermato il provvedimento del Tribunale di quella stessa sede, 1 febbraio 2008, di rigetto della richiesta avanzata dal sorvegliato speciale della pubblica sicurezza, N.A., di revoca della confisca, applicatagli con decreto 26 ottobre 2000.

La Corte territoriale ha motivato: la riproposta eccezione difensiva di illegittimità costituzionale della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 7 nella parte in cui attribuisce la competenza in ordine alla revoca ex tunc della misura di prevenzione patrimoniale al giudice che la ha applicata, anzichè alla Corte di appello individuata ai sensi dell’art. 633 cod. proc. pen., comma 1 è manifestamente infondata; in tal senso si è ripetutamente pronunciata la Corte di cassazione; è errato il presupposto dell’appellante circa la equiparazione tra gli istituti della revoca della confisca e la revisione della condanna, non confortando l’invocato arresto delle Sezioni Unite, 19 dicembre 2006, n. 57, Auddino, l’assunto difensivo;

quanto al merito, esattamente il Tribunale ha respinto la richiesta di revoca; non sono sopravvenuti elementi nuovi idonei a travolgere l’accertamento circa della pericolosità del sorvegliato e circa la mancata giustificazione del possesso dei beni confiscati; la sentenza di assoluzione della Corte di assise di Palmi, 19 luglio 2002, ha già formato oggetto di deduzione difensiva nel procedimento di prevenzione definito colla applicazione della confisca; la pronuncia, adottata ai sensi dell’art. 530 c.p.p., comma 2, non rimuove il sostrato indiziario costituito delle dichiarazioni di reità del collaborante A.B. e dalle deposizioni dei testi C., G. e D.; alla assoluzione dai delitti di riciclaggio, giusta sentenza del Tribunale ordinario di Palmi, 22 maggio 2008, si giustappone il contestuale proscioglimento, per prescrizione dal delitto di associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio e dai delitti di ricettazione, sicchè permane la valenza indiziaria già apprezzata dal giudice della confisca; quanto, infine, al profilo della sproporzione tra i beni confiscati e le fonti lecite di reddito l’appellante postula la inammissibile rivalutazione della consulenza del dott. R., già versata nel procedimento definito e presa in esame dal giudice della prevenzione.

2. – Ricorre per cassazione l’interessato, col ministero del difensore di fiducia, avvocato V.A., mediante allo recante la data del 16 luglio 2010, col quale sviluppa tre motivi.

2.1 – Con il primo motivo il ricorrente ripropone l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’articolo 7 della legge 27 dicembre 1956 n, 1423, nella parte in cui prevede che la confisca "possa essere revocata dall’organo dalla quale fu emanata", per ritenuta violazione degli artt. 3, 24, 25 e 111 Cost., e in proposito deduce:

la confisca è "accostabile" alla condanna penale, per il carattere di irreversibilità dell’effetto ablatorio che la contraddistingue;

non deve, pertanto, essere accomunata alla misura di prevenzione patrimoniale, che può essere modificata e revocata, ex nunc, per fatti sopravvenuti; la giurisprudenza di legittimità, a Sezioni Unite, ha configurato l’istituto ‘"della revoca in funzione di revisione" della confisca; è, pertanto, irragionevole e lesiva del diritto di difesa la attribuzione della relativa competenza allo stesso giudice che ha applicato la confisca, anzichè al giudice della revisione della condanna penale; la competenza fissata dalla L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 7 determina una "disparità di trattamento" inconcepibile e iniqua, rispetto alla posizione del condannato, con violazione dell’art. 3 Cost.; non assicura "la garanzia di imparzialità" del giudice nella prospettiva del giusto processo, sancito dall’art. 111 Cost.; lede il diritto di difesa per la riparazione dell’errore giudiziario, tutelata dall’art. 24 Cost., u.c.; mentre appare "vetusta" la giurisprudenza di legittimità (circa la manifesta infondatezza della questione di legittimità) alla luce del citato arresto delle Sezioni Unite.

2.1 – Con il primo motivo il ricorrente denunzia violazione di legge, in relazione all’art. 125 c.p.p., comma 3, sotto i profili della "carenza di motivazione" e del "travisamento", opponendo: la motivazione del decreto impugnato è meramente apparente; la Corte territoriale ha frainteso il senso della eccezione di illegittimità costituzionale; la questione non investe la applicazione della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 7 alla revoca della confisca, ma solo la disciplina della competenza relativa; non sono pertinenti le argomentazioni dei giudici di merito, fondate sulla considerazione del regime della revoca della misure di prevenzione patrimoniale; i richiami alla giurisprudenza di legittimità anteriore alla sentenza delle Sezioni Unite,19 dicembre 2006, n. 57, Auddino, sono superati dal succitato arresto.

2.3 – Con il terzo motivo il difensore denunzia, ai sensi della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 4, comma 11, violazione della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 3, art. 4, comma 10, e art. 7 comma 2, e art. 125 c.p.p., comma 3, deducendo: l’apparato argomentativo è assente, in quanto "meramente apparente"; la Corte territoriale non ha dato conto del riesame della pericolosità; infatti, a tale fine, "non può prescindersi dalla sopravvenuta invalidazione .. dei fattori indizianti" intervenuta nei processi penali a carico del sorvegliato; non è consentito "al giudice della misura ignorare l’accertamento sopravvenuto" del giudice penale; è comprovato che il ricorrente non è gravato da alcuna condanna per reati associativi;

l’unica condanna riportata per reato concernente le armi è "risalente nel tempo" e non sintomatica della pericolosità; il quadro indiziario, posto a fondamento della misura di prevenzione, è stato "demolito dall’accertamento processuale"; difetta la dimostrazione della pericolosità del ricorrente; il provvedimento impugnato ha valutato "elementi .. ormai inutilizzabili". 3. – Il procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, con atto del 19 gennaio 2011, obietta: la eccezione di illegittimità costituzionale proposta dal ricorrente è manifestamente infondata;

le Sezioni Unite (sentenza 19 dicembre 2006, n. 57, Auddino) hanno evocato l’istituto della revisione solo "allo scopo di precisare l’indefettibile carattere di novità che devono rivestire gli elementi .. diretti a dimostrare l’insussistenza di uno o più presupposti del provvedimento reale"; non per "rinviare sic et simpliciter al ben diverso istituto del rito penale", atteso che hanno ribadito la "autonomia del sottosistema della prevenzione patrimoniale"; sono, pertanto, affatto errati gli assunti del ricorrente circa la supposta "sovrapposizione che le Sezioni Unite avrebbero compiuto tra il processo penale e il procedimento di revoca di una misura di prevenzione patrimoniale" e circa il superamento delle ragioni poste a base della declaratoria della manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, giusta sentenza 20 aprile 2005; il diverso sistema di competenza previsto per la revisione e per la revoca della misura di prevenzione "trova una sua ragionevole giustificazione nella diversità dei due istituti e degli scopi da essi perseguiti"; quanto al merito, le deduzioni del ricorrente si connotato per l’"alto tasso di aspecificità" e rappresentano l’ "improprio tentativo di riinnescare il giudizio di legittimità con a oggetto il provvedimento applicativo di misura personale al N."; correttamente la Corte territoriale ha rilevato che le assoluzioni (ai sensi dell’art. 530 c.p.p., comma 2) e i proscioglimenti (per prescrizione) sopravenuti non hanno rimosso lo "spessore indiziario" posto a base della applicazione della misura di prevenzione; premesso che in materia di prevenzione il ricorso per cassazione è esperibile soltanto per violazione di legge, nella specie non è ravvisabile il vizio della omessa motivazione, in quanto la Corte di appello ha dato congruamente conto della decisione.

4. – Il ricorrente replica, col ministero del difensore di fiducia, mediante memoria recante la data del 21 aprile 2011, depositata il giorno seguente, colla quale, insistendo per l’accoglimento del ricorso, ribadisce la tesi difensiva del superamento – alla stregua del ridetto, più recente arresto delle Sezioni Unite – della declaratoria della manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale; e, quanto, al merito, riproducendo, mediante citazione testuale, memoria del 17 maggio 2010 presentata alla Corte territoriale, ripropone la censura della violazione di legge, per la ritenuta carenza della motivazione (considerata meramente apparente) del provvedimento impugnato, circa la valutazione della "nuova prova", costituita dal favorevole epilogo delle vicende processuali del ricorrente.

5. – Il ricorso è infondato.

5.1 – Il ricorrente, pur dichiarando espressamente col primo motivo di reiterare la "questione di legittimità costituzionale" agitata in prime cure e riproposta alla Corte territoriale, tuttavia, nelle conclusioni chiede esclusivamente l’annullamento del decreto impugnato con le statuizioni che conseguono, senza far cenno all’incidente proposto.

L’incongruenza non dispensa da questa Corte dalla delibazione della eccezione di illegittimità costituzionale, introdotta col primo motivo e ripresa, sotto il profilo della censura del vizio di motivazione del decreto, col secondo motivo.

5.2 – In relazione a tale mezzo di impugnazione, deve ribadirsi che non sono denunciabili con il ricorso per cassazione "i vizi della motivazione nelle questioni di diritto affrontate dal giudice di merito in relazione alla argomentazioni giuridiche delle parti" (Cass., Sez. 5^, 22 febbraio 1994, n. 4173, massima n. 197993), in quanto o le medesime "sono fondate, e allora il fatto che il giudice le abbia disattese (motivatamente o meno) da luogo al diverso motivo di censura costituito dalla violazione di legge; ovvero sono infondate, e allora che il giudice le abbia disattese non può dar luogo ad alcun vizio di legittimità della pronuncia giudiziale, avuto anche riguardo al disposto di cui all’art. 619 c.p.p., comma 1, che consente di correggere, ove necessario, la motivazione quando la decisione in diritto sia comunque corretta" (Cass., Sez. 1^, 17 dicembre 1991, n. 4931, massima n. 188913).

Epperò, per un verso, le censure formulate col secondo motivo sono assorbite nell’esame dell’incidente di legittimità costituzionale.

Per altro verso la facoltà accordata alle parti dalla L. 11 marzo 1953, n. 87, art. 24, comma 2, di riproporre "all’inizio di ogni grado ulteriore del processo" la eccezione di illegittimità costituzionale, respinta dal giudice a quo, rende inammissibile, per carenza di interesse ai sensi dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. a), l’impugnazione del provvedimento sul punto della reiezione dell’ incidente di legittimità costituzionale, in quanto la relativa statuizione esaurisce la propria efficacia nell’ambito del (grado di) giudizio celebrato.

Resta ovviamente impregiudicata la possibilità di dedurre a fondamento (anche esclusivo) del ricorso per cassazione la illegittimità costituzionale della norma (pregiudizievole) applicata dal giudice a quo, reiterando la relativa eccezione e impugnando la decisione di merito (v. Cass, Sez. Un., 24 marzo 1984, n. 2958, Galli, massima n. 163410, circa la ammissibilità della doglianza che "investe, sia pure in forma ellittica, il capo o il punto della sentenza, regolato dalla norma giuridica impugnata"; e, più recentemente: Sez. 1^, 10 dicembre 2008, n. 409, Sar-delli, massima n. 242456 e Sez. I, 11 novembre 2009, n. 45511, Papandrea, massima n. 245509).

5.3 – La questione di legittimità costituzionale proposta è manifestamente irrilevante.

5.3.1 – La relativa declaratoria, per il carattere preclusivo, prevale su quella della manifesta infondatezza, peraltro già affermata da questa Corte con sentenza n. 17084 del 20 a-prile 2005, Tagliavia, in relazione agli artt. 3 e 111 Cost..

In proposito – e appena il caso di aggiungere per incidens – appare destituito di fondamento l’assunto difensivo circa il preteso supermento – alla stregua del citato arresto delle Sezioni Unite, 19 dicembre 2006, n. 57, Auddino – della ratio decidendi della declaratoria di manifesta infondatezza, imperniata sul rilievo delle "profonde differenze funzionali e strutturali che esistono tra processo penale e processo di prevenzione, il primo ricollegato all’accertamento di un fatto-reato e il secondo relativo a una valutazione di pericolosità", laddove la "evocazione della revisione ex art. 630 cod. proc. pen." è stata operata dalle Sezioni Unite sotto il differente, limitato e particolare profilo esattamente individuato dal Procuratore generale concludente.

Mentre affatto privo di giuridico pregio è, poi, il riferimento del ricorrente agli ulteriori parametri degli artt. 24 e 25 Cost..

In relazione a quest’ultima norma, evocata nell’incipit del motivo di ricorso, difetta ogni esplicazione del motivo del (meramente) asserito contrasto col precetto costituzionale.

E, quanto, alla pretesa lesione del diritto di difesa in relazione alla riparazione dell’errore giudiziario, tutelata dall’art. 24 Cost., u.c., il ricorrente non ha indicato alcun profilo di specifica e autonoma rilevanza, distinto dalla denunzia (già scrutinata) della supposta lesione dei principi del giusto processo e della imparzialità del giudice, sanciti dall’art. 111 Cost..

5.3.2 – La richiesta di revoca della confisca (definitivamente disposta), in quanto mezzo di impugnazione straordinario del provvedimento del giudice della prevenzione, non si sottrae alla comminatoria della inammissibilità per carenza dell’ interesse, ai sensi dell’art. 591 c.p.p., comma 1.

E, alla luce di siffatta premessa, segue il rilievo che la proposta eccezione di illegittimità costituzionale si inserisce nell’ambito della preliminare postulazione in rito, rivolta dall’interessato al giudice della prevenzione adito, perchè in limine dichiari – ovviamente all’esito della auspicata pronuncia del giudice delle leggi – la propria incompetenza a favore del giudice della revisione.

Pertanto è pregiudiziale, per l’apprezzamento della rilevanza della eccezione, la valutazione della ammissibilità della mozione di incompetenza.

Orbene, siffatta la richiesta di declinatoria della incompetenza è inammissibile per evidente carenza di interesse della parte instante.

Nella prospettiva della ragionevole durata, che connota il giusto processo, siccome configurato dall’art. 111 Cost., ai fini dell’apprezzamento dell’interesse ad agire, la condizione che il rimedio azionato sia idonea al conseguimento del risultato perseguito (giuridicamente tutelato) è, bensì, necessaria, ma non sufficiente;

occorre, ancora, che il medesimo risultato non sia altrimenti e – sotto il profilo della economia processuale – più agevolmente e tempestivamente conseguibile.

L’ordinamento, infatti, non può riconoscere l’interesse ad agire, quando la azione si estrinsechi nella promozione di sequele procedimentali affatto superflue che dilatano irragionevolmente la durata del procedimento in relazione all’obbiettivo perseguito.

Epperò, nella specie, deve negarsi, limitatamente alla mozione di incompetenza, l’interesse ad agire dalla parte che ha promosso il procedimento, là dove l’instante adisce il giudice a quo chiedendogli "in via preliminare" di dichiarasi (previo esperimento dell’incidente di legittimità costituzionale) i n -competente a favore di altro giudice (quello della revisione) e di investirlo della richiesta di revoca della confisca, anzichè instare immediatamente e direttamente presso il giudice reputato competente, proponendo davanti a questo la questione di legittimità costituzionale in punto di competenza.

La inammissibilità (per carenza di interesse) della richiesta di declaratoria della incompetenza del giudice che ha applicato la confisca si ripercuote sulla eccezione di illegittimità costituzionale (formulata in relazione alla richiesta de qua), rendendola manifestamente irrilevante.

4.4 – Quanto al merito, la censura di violazione di legge, per mancanza di motivazione, è destituita di pregio giuridico e di fondamento veruno.

La Corte territoriale ha dato conto adeguatamente – come illustrato nel paragrafo che precede sub 1. – delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità, circoscritto ai sensi della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 4, comma 11, al sindacato della sola violazione di legge.

Alla stregua dei limiti coessenziali allo scrutinio di legittimità, il vizio della mancanza di motivazione assume giuridico rilievo – e resta rigorosamente circoscritto – nell’ambito della pura e semplice verifica della ricorrenza di un plausibile apparato argomentativo (ancorchè minimo) che sia ragionevolmente correlabile alla decisione, sì da darne conto in relazione ai presupposti enunciati nello stesso provvedimento e a quelli rappresentati dal ricorrente ed emergenti dagli atti specificamente indicati.

Sicchè esula, affatto, dalla normativa previsione del motivo in parola del ricorso per cassazione ogni questione circa il grado di adeguatezza, persuasività, completezza e sufficienza della motivazione.

Mentre, deduzioni, doglianze e rilievi ulteriori espressi dal ricorrente appaiono affatto generici e non presentano la necessaria correlazione con la ratio decidendi della ordinanza impugnata nella prospettiva, prescritta dal rito, della confutazione dialettica delle ragioni specifiche effettivamente poste dal giudice a quo a fondamento della decisione impugnata.

Epperò il difetto di correlazione, concernendo il requisito formale della specificità dei motivi, prescritto dall’art. 581 c.p.p., comma 1, lett. c), comporta il rilievo della concorrente causa di inammissibilità della impugnazione in parte de qua, alla stregua del principio di diritto, fissato da questa Corte, secondo il quale "è inammissibile il ricorso per cassazione quando manchi l’indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto di impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità, che conduce, ex art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), all’inammissibilità del ricorso" (Cass., Sez. 1^, 30 settembre 2004, n. 39.598, Burzotta, massima n. 230.634).

4.5 – Conseguono – ferma declaratoria, nei termini indicati, della manifesta irrilevanza della proposta eccezione di legittimità costituzionale, a termini della L. 11 marzo 1953, n. 87, at. 24, comma 1, – il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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