T.A.R. Lazio Roma Sez. III ter, Sent., 20-05-2011, n. 4428 Motivazione dell’atto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con bando n. 13620 del 23.12.2009 l’Infn – Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, indiceva una procedura selettiva per titoli ed esame colloquio, per 7 posti relativi al profilo di Dirigente Tecnologo, I livello professionale, ammettendo a partecipare i dipendenti dell’Istituto che:

"- risultino in servizio con rapporto di lavoro a tempo indeterminato alla data del 1° gennaio 2009, con inquadramento, alla stessa data, nel profilo di Primo Tecnologo;

risultino in servizio con rapporto di lavoro a tempo indeterminato alla data del presente bando".

L’art. 5 del bando stabiliva che "I candidati possono altresì dimostrare il possesso dei titoli (escluse le pubblicazioni) mediante le forme di semplificazione delle certificazioni amministrative consentite dal d.p.r. n. 445/2000 (dichiarazioni sostitutive di certificazioni o dell’atto di notorietà, da rendere secondo lo schema allegato n. 2)"(comma 5); "Nei casi in cui siano prodotte dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà i candidati dovranno allegare alla domanda di ammissione, pena la nullità delle dichiarazioni stesse, la fotocopia di un documento di identità in corso di validità" (comma 6); "Non è consentito il riferimento a documenti o pubblicazioni o altri lavori a stampa eventualmente già presentati all’Infn o ad altre amministrazioni o a documenti o pubblicazioni o altri lavori a stampa allegati a domande di partecipazione ad altri concorsi o procedure selettive" (comma 7).

Il ricorrente, dipendente a tempo indeterminato dell’Ente con la qualifica di II livello professionale di Primo Tecnologo, asseritamente in possesso di tutti i requisiti, presentava nei termini prescritti la domanda di partecipazione. Tuttavia, nell’allegare la documentazione attestante il proprio curriculum, non la corredava della copia fotostatica di un documento di riconoscimento in corso di validità, come richiesto, a pena di nullità, dall’art. 5 del bando di concorso.

La Commissione esaminatrice, preso atto che la domanda era sprovvista della copia del documento di riconoscimento, con provvedimento prot. n.17934 del 7.10.2010 provvedeva a comunicare al B. "l’esclusione dal proseguimento nella procedura selettiva in parola" in quanto "…. – sulla base della documentazione validamente prodotta ai sensi degli artt. 3, VI capoverso, e 5, III, IV, V e VI capoverso del bando – Ella ha conseguito una valutazione dei titoli, in relazione al riconoscimento della capacità di cui agli artt. 1, II capoverso, e 6, II capoverso del bando (…) complessivamente non favorevole al fine dell’ammissione all’esame colloquio".

Con il ricorso in epigrafe il B. ha impugnato, chiedendone l’annullamento, il provvedimento di esclusione dalla procedura selettiva nonché il bando di concorso, nella parte in cui, all’art. 5, comma 6, prevede che i candidati, ove si avvalgano di dichiarazioni sostitutive di atto notorio, devono allegare alla domanda di partecipazione una fotocopia del documento di identità.

Questi i motivi dedotti con il gravame:

1) Violazione degli artt. 1, 2 e 3 della legge 7.8.1990, n. 241; eccesso di potere per difetto di motivazione ed illogicità;

2) Violazione ed erronea applicazione dei criteri previsti dall’art. 5 del bando di concorso n. 13620/2009; violazione dei principi generali in materia di valutazione dei titoli nei concorsi pubblici; eccesso di potere per illogicità, ingiustizia manifesta, irragionevolezza e contraddittorietà; difetto di motivazione;

3) Violazione, erronea e falsa applicazione dell’art. 38 del d.p.r. n. 445/2000; eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità; ingiustizia manifesta e difetto di motivazione.

Si è costituito nel presente giudizio l’Infn, per resistere al ricorso in epigrafe, pregiudizialmente eccependo il difetto di "legitimatio ad causam" della Commissione esaminatrice a cui il ricorrente aveva notificato l’atto introduttivo; nel merito, l’Istituto intimato ha chiesto il rigetto del gravame siccome infondato.

Con decreto presidenziale n. 4788/2010 del 29 ottobre 2010 è stata disposta l’ammissione con riserva del ricorrente a sostenere l’esame colloquio, ammissione poi confermata nella camera di consiglio del 18 novembre 2010 con ordinanza collegiale n. 5000/2010, di tal che il B. ha partecipato al suddetto colloquio.

In seguito, nell’effettuare la valutazione finale del ricorrente, la Commissione esaminatrice ha omesso di considerare i titoli e le pubblicazioni la cui mancata valutazione aveva già causato l’esclusione del ricorrente dal richiamato colloquio, come riscontrato dall’interessato a seguito di formale accesso agli atti della procedura concorsuale, nel corso del quale prendeva visione dei verbali e della scheda di valutazione personale.

Avverso tali atti l’odierno deducente si è gravato con atto di motivi aggiunti, notificato – anche nei confronti del controinteressato sig. T.R. – in data 1819 febbraio 2011, per censurare i seguenti vizi:

4) Violazione degli artt. 1, 2 e 3 della legge 7.8.1990, n. 241; eccesso di potere per difetto di motivazione ed illogicità; illegittimità derivata;

5) Violazione ed erronea applicazione dei criteri previsti dall’art. 5 del bando di concorso n. 13620/2009; violazione dei principi generali in materia di valutazione dei titoli nei concorsi pubblici; eccesso di potere per illogicità, ingiustizia manifesta, irragionevolezza e contraddittorietà; difetto di motivazione; illegittimità derivata.

Alla Pubblica Udienza del 19 maggio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

Preliminarmente occorre scrutinare l’eccezione sollevata dalla difesa dell’Istituto intimato, concernente il difetto di legitimatio ad causam della Commissione esaminatrice a cui il ricorrente ha notificato il ricorso, in quanto essa è organo straordinario dell’ amministrazione resistente e, come tale, priva della capacità di stare in giudizio.

L’eccezione è fondata.

Osserva in proposito il Collegio che la nozione di legitimatio ad causam, che si ricava dal processo civile, è relativa alla astratta riferibilità del rapporto giuridico processuale al soggetto che agisce (o viene convenuto in giudizio), e quindi investe il profilo della corrispondenza tra il soggetto che agisce (o nei cui confronti si agisce) e il destinatario della sentenza (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 20 ottobre 2010, n. 7591; id., 12 marzo 2002, n. 1452).

Nella controversia in esame è l’Infn il titolare del rapporto giuridico sostanziale dedotto in giudizio e destinatario della sentenza che tale giudizio va a definire, in quanto è all’Istituto nel suo complesso che sono imputati gli effetti e i risultati della contestata procedura concorsuale, svoltasi per mezzo dell’attività compiuta dalla Commissione esaminatrice. Correttamente, pertanto, il ricorso in epigrafe è stato proposto nei confronti del suddetto Istituto perché assumesse la veste di parte processuale nella odierna controversia, costituendosi in giudizio per mezzo dell’organo esterno a ciò abilitato dalla legge o dallo Statuto, avente la legale rappresentanza dell’ente.

Non altrettanto può dirsi per la Commissione esaminatrice, che non ha titolo alcuno ad essere intimata nell’odierno giudizio, né in proprio né per conto dell’Infn.

Essa, infatti, non è titolare del rapporto giuridico sostanziale dedotto in giudizio e non risulta investita di competenze diverse e ulteriori rispetto a quelle afferenti alla definizione della procedura di selezione de qua, per l’espletamento della quale veniva istituita ad tempus, e pertanto non ha veste alcuna per assumere in proprio la posizione di parte processuale nella presente lite.

Va parimenti esclusa la legittimazione della Commissione ad essere evocata in giudizio quale organo dell’Istituto, in quanto, come già rilevato, nel nostro ordinamento gli enti pubblici non territoriali stanno in giudizio per mezzo dell’organo esterno a ciò deputato, di solito il presidente, avente la legale rappresentante dell’ente; e tale requisito non sussiste nei confronti della Commissione, che è un organo temporaneo, quanto alla durata, e straordinario, quanto alla funzione, a competenza circoscritta e privo di rappresentatività verso l’esterno.

Passando all’esame del merito, con il primo ed il secondo motivo di ricorso – che si esaminano congiuntamente per connessione logica delle censure – nel richiamare gli artt. l, 2 e 3 della 1egge 241/1990, si contesta innanzitutto la valutazione dei titoli presentati dal ricorrente in quanto gli stessi, in occasione di due precedenti procedure selettive, sarebbero stati valutati positivamente, mentre, al contrario, nella procedura de qua, non avrebbero consentito al B. l’ammissione all’esame colloquio.

La censura è priva di pregio.

A tal riguardo è sufficiente considerare che ogni procedura selettiva ha una propria lex specialis che ne individua la disciplina e i requisiti di partecipazione; nella valutazione di questi ultimi, la commissione esaminatrice non trova alcun vincolo nei giudizi espressi da precedenti commissioni in distinte procedure concorsuali, nemmeno nell’ipotesi in cui vengano al suo esame titoli già scrutinati da altre commissioni.

In ogni caso, la doglianza è inconferente, atteso che le ragioni di esclusione del ricorrente dall’ulteriore fase della selezione risiedono – come sarà diffusamente illustrato nel corso della disamina delle successive censure – nella incompletezza della documentazione presentata a corredo della domanda di partecipazione e non anche nella diversa, meno favorevole valutazione dei titoli posseduti dal candidato da parte della attuale commissione di concorso, rispetto alle valutazioni effettuate dalle commissioni precedenti.

Il ricorrente lamenta, in secondo luogo, il difetto di motivazione del provvedimento di esclusione, a tenore della quale il ricorrente ha riportato una valutazione non favorevole dei titoli.

La censura non merita adesione.

Al riguardo, giova richiamare l’insegnamento della giurisprudenza che, nel superare le impostazioni delle teorie formali, ritiene la motivazione del provvedimento amministrativo finalizzata a consentire al cittadino la ricostruzione dell’iter logico e giuridico attraverso cui l’amministrazione si è determinata ad adottare un dato provvedimento, controllando, quindi, il corretto esercizio del potere ad esso conferito dalla legge e facendo valere, eventualmente nelle opportune sedi, le proprie ragioni. Pertanto, la garanzia di adeguata tutela delle ragioni del privato non viene meno per il fatto che nel provvedimento amministrativo finale non risultino chiaramente e compiutamente rese comprensibili le ragioni sottese alla scelta fatta dalla pubblica amministrazione, allorché le stesse possano essere agevolmente colte dalla lettura degli atti afferenti alle varie fasi in cui si articola il procedimento, e ciò in omaggio ad una visione non meramente formale dell’obbligo di motivazione, ma coerente con i principi di trasparenza e di lealtà desumibili dall’art. 97 cost. (da ultimo Consiglio di Stato IV, 14 aprile 2010, n. 2084; conformemente id., 30 maggio 2005, n. 2770; id., 14 febbraio 2005, n. 435; id. V, 20 ottobre 2004, n. 6814).

Ove quindi il provvedimento risulti motivato, nel senso giuridico e nella decisione tecnica, non solo dalla sua lettura, ma da quella degli atti del procedimento comunque noti o conoscibili dal privato, le doglianze sul difetto di motivazione dell’atto conclusivo non possono essere accolte.

Tale vicenda è quella che si realizza concretamente nella fattispecie de qua, dove la motivazione del provvedimento di esclusione è comunque in atti, oltre che nel provvedimento stesso.

E invero, dal combinato disposto dei commi 3, 5 e 6 dell’art. 5 del bando impugnato, peraltro distintamente richiamati nella lettera di esclusione, risultava l’obbligo di idonea documentazione dei titoli, consentita anche a mezzo di dichiarazioni ai sensi del d.p.r. n. 445 /2000. In caso di dichiarazioni presentate ai sensi del d.p.r. suddetto, però, il bando prevedeva l’onere – tra l’altro esplicitamente disposto dall’art. 38 del d.p.r. citato – da parte dell’ aspirante, di allegare copia fotostatica del documento di identità, la cui mancanza avrebbe determinato la nullità delle domande e, dunque, l’impossibilità di valutare i titoli.

Dalla documentazione prodotta dal ricorrente, tuttavia, risultava che la relativa dichiarazione ai sensi del d.p.r. n. 445/2000, non era stata accompagnata dalla copia fotostatica del documento di identità e, come tale, è stata ritenuta nulla ai sensi della lex specialis della procedura come dell’art. 38 citato.

Orbene, in base ai principi generali informatori delle procedure selettive, di cui al d.p.r. n. 487/1994), come confermati da pacifica giurisprudenza, il bando di concorso "è la lex specialis della procedura e va rispettato dalla commissione (…) con la conseguenza che alla stessa non è consentito di procedere alla disapplicazione delle norme del bando" (ex multis Cons. Stato, Sez. IV, 14.05.2007, n. 2423), di tal che, nel caso di specie, a fronte della chiarezza della lettera del bando di concorso, l’esclusione del ricorrente si poneva come un atto dovuto e vincolato.

Pertanto, la intrinseca sufficienza della motivazione dell’atto di esclusione impugnato può predicarsi in quanto "la riscontrata mancanza di un prescritto requisito obbliga la p.a. ad escludere l’interessata con un atto vincolato costituente adempimento di un preciso dovere d’ufficio e non necessitante, dunque, di alcuna motivazione particolarmente approfondita, al di là del riferimento alla normativa violata per carenza di detto requisito che, per pacifica giurisprudenza, costituisce esauriente spiegazione delle scelte amministrative legate al mero riscontro della mancanza di una connotazione imposta, invece, dalla precisa normativa specificamente applicabile alla fattispecie" (Cons. Stato, Sez. VI, 23.02.2007, n. 994).

Infine, giova considerare che, trattandosi di atto di natura vincolata, nella specie trovano applicazione i principi di cui all’art. 21octies, comma 2, della legge n. 241/1990, che precludono l’annullamento del provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento – quali sono gli artt. 2 e 3 della 1egge 241/1990, invocati dal ricorrente – quando, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

E invero, considerata la chiarezza del bando di concorso, nonché l’incompletezza

della documentazione presentata dal ricorrente in violazione della lex specialis della procedura, il provvedimento adottato nei confronti dello stesso non avrebbe potuto avere altro contenuto che quello della esclusione dalla successiva fase della procedura concorsuale.

Con il terzo motivo di gravame si contesta l’art. 5, comma 6, del bando il quale, nel prevedere la possibilità di dimostrare il possesso dei titoli con dichiarazioni rese ai sensi del d.p.r. n. 445/2000, disponeva che "i candidati dovranno allegare alla domanda di ammissione, pena la nullità delle dichiarazioni stesse, la fotocopia di un documento di identità in corso di validità".

In particolare si censura l’illegittimità del comportamento dell’Amministrazione considerato che, trattandosi di un concorso interno, l’Istituto era già in possesso di tutti i dati dei propri dipendenti partecipanti alla procedura selettiva.

La doglianza non è meritevole di favorevole considerazione.

Preliminarmente occorre rilevare la tardività della censura, con la quale, in sede di impugnazione del provvedimento di esclusione dalla procedura, si contesta una norma del bando asseritamente illegittima e inequivoca nella sua formulazione, già chiara nella sua portata ab origine e manifestamente disattesa dal ricorrente in sede di presentazione della domanda di partecipazione alla procedura concorsuale.

In ogni caso, quanto al merito della censura, oltre quanto sin qui considerato deve ancora rilevarsi che l’obbligo di accludere la copia fotostatica del documento di identità non risultava, nella specie, intrinsecamente superfluo, in quanto, prima ancora che dalla lex specialis di gara, esso era imposto dall’art. 38 del d.p.r. n. 445/2000 ed è principio generale in materia di semplificazione dell’attività amministrativa. La contestata clausola del bando, dunque, lungi dall’essere arbitraria o illogica, era pienamente conforme ai principi generali in materia di semplificazione dell’ azione amministrativa dettati dal regolamento ( d.p.r. n. 445/2000).

Con il provvedimento di esclusione impugnato, pertanto, la Commissione si è esclusivamente limitata ad ottemperare pienamente alle previsioni della lex specialis della procedura concorsuale, nonché alla richiamata normativa.

E la disciplina recata dal bando di concorso, al successivo comma 7 dell’art. 5, chiaramente disponeva che "non è consentito il riferimento a documenti o pubblicazioni o altri lavori a stampa eventualmente già presentati all’INFN o ad altre amministrazioni o a documenti o a pubblicazioni o altri lavori a stampa allegati a domande di partecipazione ad altri concorsi o procedure selettive", pertanto l’assunto di parte ricorrente volto a contestare la richiamata disposizione in quanto "impone l’allegazione del documento di identità pur trattandosi di concorso interno" risulta privo di fondamento.

Tale obbligo di allegazione documentale, vale la pena di soggiungere, sussiste e assume particolare rilevanza, non solo in materia di procedure concorsuali, ma anche in tema di appalti pubblici, dove la stazione appaltante non potrebbe considerare valide le dichiarazioni, rese ai sensi del menzionato d.p.r., che siano sprovviste della copia fotostatica del documento di identità del dichiarante, in quanto ne sia eventualmente entrata in possesso in occasioni di precedenti procedure ad evidenza pubblica.

E invero, in materia di dichiarazioni per cui è causa, l’orientamento univoco della giurisprudenza è nel senso che "Non può ritenersi illegittima la clausola di un bando di gara che richieda, ai fini della partecipazione, la produzione della fotocopia del documento di identità dell’offerente recante la sottoscrizione in originale. Infatti, le clausole del bando di gara sono illegittime per eccesso di potere solo se impongono adempimenti manifestamente illogici o sproporzionati, laddove l’adempimento richiesto dalla suddetta clausola non può ritenersi né illogico né sproporzionato; non illogico, atteso che esso giova a verificare l’attribuibilità della domanda di partecipazione e dell’offerta al soggetto offerente, mediante riscontro dell’identità della firma in calce alla domanda di partecipazione, all’offerta, al documento di identità; non sproporzionato, atteso che determina la sola conseguenza di leggere attentamente il bando e apporre una firma" (Cons. Stato, Sez. VI, 27 aprile 2011 n. 2478). Di conseguenza, "nella previsione di cui al combinato disposto degli artt. 21, comma 1, e 38, commi 2 e 3, d.p.r. 445/2000, l’allegazione della copia fotostatica, sia pure non autenticata, del documento di identità dell’interessato vale a conferire legale autenticità alla sua sottoscrizione apposta in calce ad una istanza o ad una dichiarazione e non rappresenta un vuoto formalismo, ma, semmai, si configura come l’elemento della fattispecie normativa diretto a comprovare, oltre alle generalità del dichiarante, l’imprescindibile nesso di imputabilità soggettiva della dichiarazione ad una determinata persona fisica; pertanto, la mancata allegazione del documento di identità non costituisce una mera irregolarità sanabile con la sua produzione postuma, ma integra gli estremi di una palese e insanabile violazione della disciplina regolatrice della procedura amministrativa" (Cons. Stato, Sez. IV, 14 febbraio 2005, n. 435; id., V, 7.11.2007, n. 5761).

Stanti le argomentazioni sin qui svolte, il ricorso è nel suo complesso infondato e va respinto.

All’infondatezza del ricorso consegue altresì l’infondatezza del successivo atto per motivi aggiunti, con il quale si ripropongono, nella sostanza, due questioni già prospettate nell’atto introduttivo del presente giudizio.

La prima rappresenta una riproposizione del primo motivo di ricorso, in cui si lamenta il difetto di motivazione del provvedimento di esclusione, che impedirebbe la ricostruzione dell’iter logico seguito dalla commissione esaminatrice, e pertanto la doglianza va disattesa per le ragioni già diffusamente rappresentate.

Con la seconda, si lamenta la violazione ed erronea applicazione dei criteri previsti dall’art. 5 del bando di concorso, assumendo la mancata valutazione di tre delle sette voci relative alla valutazione dei titoli e, per le altre voci, deducendo la parzialità della valutazione per la mancata considerazione di alcuni titoli e pubblicazioni. Il B. evidenzia inoltre una propria maggiore professionalità rispetto a quella dei vincitori del concorso, tra i quali il controinteressato evocato nel presente giudizio, effettuando un confronto tra i titoli, le pubblicazioni e le esperienze professionali propri e quelli di questi ultimi. Infine, l’interessato contesta nuovamente il prescritto obbligo di allegazione di copia fotostatica del documento di identità alle dichiarazioni rese ai sensi del d.p.r. n. 445/2000 per la presentazione della domanda di partecipazione al concorso.

Neanche le censure svolte con il secondo motivo aggiunto hanno pregio.

E invero, mentre si rinvia alle precedenti considerazioni quanto al contestato obbligo di allegazione documentale, per le altre censure è sufficiente osservare che si tratta di questioni inconferenti e totalmente prive di efficacia dirimente, atteso che le ragioni della esclusione e della successiva mancata considerazione dei titoli del ricorrente in sede di colloquio, risiedevano non già nell’apprezzamento intrinseco del valore e del contenuto dei titoli presentati, bensì nella rilevata nullità della dichiarazione, resa dal candidato ai sensi del d.p.r. n. 445/2000 in assenza del richiamato requisito formale, che precludeva ogni valutazione dei titoli medesimi in essa dichiarati.

Deve pertanto concludersi che correttamente l’Amministrazione intimata, nel consentire al ricorrente di sostenere la prova orale – dopo che la Sezione, pur senza pronunciarsi sulla correttezza della produzione documentale dallo stesso effettuata, lo aveva ammesso con riserva – ne valutava solo i titoli ritenuti validamente prodotti.

Ne consegue che anche i motivi aggiunti sono infondati e pertanto, insieme al ricorso introduttivo, devono essere respinti.

Sussistono peraltro giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter)

definitivamente pronunciando sul ricorso integrato dai motivi aggiunti, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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