Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 28-04-2011) 20-05-2011, n. 20125

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

. Lojacono chiedeva l’inammissibilità del ricorso del P.G..
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La Corte d’appello di Catanzaro, in parziale riforma della sentenza del GUP di Vibo Valentia, qualificava il reato ascritto a P. M. come lesioni aggravate e rideterminava la penale in anni 2 e mesi 8 di reclusione. Osservava che, contrariamente a quanto affermato dal giudice di primo grado, lo strumento utilizzato dall’imputato per aggredire le due vittime non era un bastone di ferro ma di legno; infatti sul luogo del delitto era stato rinvenuto un bastone lungo cm. 90, con circonferenza di cm. 12,5, sul quale vi erano le tracce delle vernice rossa dell’auto delle vittime. Inoltre i colpi sferrati alle due donne non erano reiterati ma erano consistiti in un unico colpo che aveva attinto alla testa la più giovane, e alla spalla la madre, che era riuscita a schivare il colpo alla testa; le due donne erano state colpite da dietro mentre fuggivano e quindi trattandosi di bersagli in movimento, non poteva dirsi che i colpi erano mirati al capo; anche la consulenza medica aveva accertato che le due vittime non erano state raggiunte da altri colpi.

L’autore dell’aggressione infine non era stato fermato dall’intervento dei passanti, anzi era certo che nessuno era intervenuto in aiuto delle vittime, così come dichiarato da alcuni testimoni. Osservava quindi in conclusione che non sussisteva alcuno dei requisiti individuati dalla giurisprudenza di legittimità per individuare il dolo omicidiario e cioè non vi era l’idoneità del mezzo, nè la reiterazione dei colpi, nè la loro univoca direzione.

Avverso la decisione presentava ricorso il P.G. e deduceva inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, nonchè contraddittorietà e illogicità della motivazione in relazione all’omessa affermazione di responsabilità per il delitto di tentato omicidio.

I giudici di appello avevano travisato alcune risultanze probatorie o le avevano mal valutate, in quanto la circostanza che il bastone fosse di legno invece che di ferro aveva poca importanza e non escludeva l’idoneità del mezzo, che dipendeva dalle modalità con cui veniva usato ed in particolare dalla forza dei colpi. Nel caso di specie P. aveva prima bloccato l’auto a bordo della quale viaggiavano le due vittime, aveva poi iniziato a colpire l’auto minacciando di morte le occupanti, quando erano uscite le aveva rincorse e le aveva colpite alla testa; la circostanza che i bersagli fossero in movimento non aveva importanza visto che le aveva inseguite e le aveva colpite da dietro; infine anche se il referto dell’ospedale non menzionava altre lesioni, la consulenza di parte rivelava che vi erano state altre lesioni in altre parti del corpo.

Da tutti tali elementi doveva dedursi che l’imputato si era rappresentato la possibilità concreta del verificarsi dell’evento letale e avesse voluto indifferentemente l’uno o l’altro evento.

La Corte ritiene che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile in quanto non deduce violazioni di legge o travisamento del fatto, bensì una differente valutazione degli elementi di prova acquisiti agli atti. Il vero travisamento è stato quello compiuto dal primo giudice sia sull’arma utilizzata sia sui colpi infetti, mentre la ricostruzione degli eventi effettuata dal giudice di appello non è stata smentita dal ricorrente che si è limitato a osservazioni sulla corretta interpretazione dei fatti di causa. Dagli eventi ricostruiti dalla corte territoriale emerge che l’imputato, dopo aver aggredito l’auto delle vittime, le aveva costrette a fuggire a piedi e le aveva rincorse colpendole col bastone una sola volta, dopo di che, aveva desistito e non per volontà di terzi intervenienti; quando erano intervenute le forze dell’ordine l’imputato era rientrato al suo posto di lavoro in edicola, mentre le due donne si trovavano ancora in strada nei pressi della loro auto. Non si ravvisa nella ricostruzione effettuata dal giudice di appello alcuna incongruità o illogicità e pertanto le doglianze del P.G. costituiscono rivalutazione dei fatti di causa non consentite in sede di legittimità.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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