Cass. civ. Sez. V, Sent., 22-09-2011, n. 19323 Rimborso dell’imposta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La controversia trae origine dalla citazione a giudizio del Consorzio di Bonifica della Media Pianura Bergamasca ad opera dell’avv. Pilade F. e della sig.ra R.M.R.. Questi contestano il diritto del Consorzio ad ottenere il pagamento dei contributi di bonifica relativi agli anni 1998 e 1999, per i quali sono state loro notificate le relative cartelle esattoriali, chiedendo anche il rimborso delle somme corrisposte.

Il Tribunale adito, dopo la pronuncia di incompetenza del giudice di pace, ha riunito ed accolto le domande attrici, disponendo anche la restituzione degli importi già pagati, tenendo conto anche degli esiti di una CTU. La Corte di Appello ha confermato la decisione di primo grado, rigettando l’appello del Consorzio.

Il Consorzio ricorre, contro l’avv. F., anche nella qualità di erede della deceduta sig.ra R., per la cassazione della sentenza di appello, i meglio in epigrafe indicata, sulla base di due motivi, illustrati anche con memoria.

L’avv. F., in proprio e nella qualità, resiste con controricorso illustrato anche questo con memoria.
Motivi della decisione

Il ricorso non può trovare accoglimento. Le censure prospettate attengono al merito e le tesi prospettate dal Consorzio appaiono in contrasto con precedenti giudicati tre le stesse parti.

Preliminarmente, occorre evidenziare che il Consorzio ricorrente ha avanzato istanza di riunione dell’odierno ricorso al ricorso iscritto al N. 39/2004 del R.G. di questa Corte, proposto dallo stesso consorzio di bonifica "contro l’avv. F.P. per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Brescia n. 712/1983 emessa il 18 giugno tra i medesimi soggetti della sentenza che si impugna con il presente ricorso ed avente il medesimo oggetto". "Evidenti ragioni di economia processuale – evidenzia ancora la difesa della parte ricorrente – rendono opportuna, ad avviso del ricorrente, la riunione in un solo processo delle due cause trattandosi di controversie del tutto identiche tra le stesse parti e relative a cartelle di pagamento riguardanti contributi di bonifica imposti dal Consorzio di bonifica Media Pianura Bergamasca per anni diversi" (pp. 3^ dell’odierno ricorso).

La riunione non è più possibile perchè il precedente ricorso è stato già deciso con sentenza di questa Corte n. 7795 depositata il 3 aprile 2006, con la quale il ricorso del consorzio è stato rigettato sul duplice rilievo:

a) che la sentenza impugnata, "nell’affermare che i Beni immobili dell’avv. F. non hanno tratto e non traggono vantaggio dalle opere di bonifica del Consorzio ricorrente, appare motivata ed immune da vizi logici";

b) "le censure di parte ricorrente si traducono in una nuova ed autonoma valutazione del materiale probatorio raccolto, come tale non censurabile nel giudizio di legittimità".

Posto che, per ammissione della stessa parte ricorrente, la vicenda già esaminata dalla Corte riguarda gli stessi profili soggettivi ed oggettivi della pretesa contributiva, riferita soltanto ad altro periodo di contribuzione e che il Consorzio ricorrente non ha eccepito o evidenziato, nei modi e tempi dovuti, alcuna variazione della situazione di fatto e/o di diritto, gli effetti del giudicato riferito alla precedente annualità, si proiettano anche sui periodi successivi.

Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, "Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il "petilum" del primo. Tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente. In riferimento a tali elementi, il riconoscimento della capacità espansiva del giudicato appare d’altronde coerente non solo con l’oggetto del giudizio tributario, che attraverso l’impugnazione dell’atto mira all’accertamento nel merito della pretesa tributaria, entro i limiti posti dalle domande di parte, e quindi ad una pronuncia sostitutiva dell’accertamento dell’Amministrazione finanziaria (salvo che il giudizio non si risolva nell’annullamento dell’atto per vizi formali o per vizio di motivazione), ma anche con la considerazione unitaria del tributo dettata dalla sua stessa ciclicità, la quale impone, nel rispetto dei principi di ragionevolezza e di effettività della tutela giurisdizionale, di valorizzare l’efficacia regolamentare del giudicato tributario, quale "norma agendi" cui devono conformarsi tanto l’Amministrazione finanziaria quanto il contribuente nell’individuazione dei presupposti impositivi relativi ai successivi periodi d’imposta" (Cass. SS.UU. 13916/2006). Il principio vale, naturalmente, in materia di contributi consortili, per i quali l’accertamento (o il non accertamento) del presupposto comporta la nascita (o la non nascita) di una obbligazione periodica.

Con i due motivi dell’odierno ricorso, il Consorzio, analogamente al ricorso già deciso, prospetta:

a) vizi di motivazione della sentenza impugnata, esponendo una critica di merito e non autosufficiente degli esiti della CTU;

b) la violazione del R.D. n. 215 del 1933, art. 10, L.R. n. 59 del 1984, art. 19 e L. n. 36 del 1994, art. 27, al fine di dimostrare l’esistenza dell’obbligo della contribuzione, derivante da vantaggi tratti dalle opere di bonifica; vantaggi che invece sono stati esclusi dalla citata sentenza 7795/2006, pronunciata tra le stesse parti, passata in giudicato, in relazione ai quali anche la sentenza oggetto dell’odierno ricorso ha escluso, in punto di fatto, che il Consorzio ne abbia provato la sussistenza.

Conseguentemente, il ricorso del Consorzio va rigettato e le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in complessivi Euro 400,00, di cui Euro 300 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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