T.A.R. Piemonte Torino Sez. II, Sent., 20-05-2011, n. 530 Stranieri

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso si chiede l’annullamento del provvedimento Prot. n. 132/A12/10 Imm. del 17.05.2010, notificato in data successiva e prossima al 17.05.2010, con il quale il Questore della Provincia di Alessandria ha disposto il rigetto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno proposta dal ricorrente in data 19.01.09 e dell’invito, formulato dal Questore nello stesso provvedimento di rigetto, a lasciare il territorio dello Stato attraverso la frontiera prescelta entro 15 giorni dalla data di notifica del provvedimento, con l’avvertenza che in caso di mancata ottemperanza si procederà a norma dell’art. 13 del Decreto Legislativo n. 286/98.

Si lamenta che l’Amministrazione avrebbe omesso di motivare adeguatamente in relazione alle circostanze previste dall’art. 5, co. 5 del D.Lgs. n. 286 del 1998.

L’Amministrazione resistente, nel costituirsi in giudizio, ha chiesto il rigetto del ricorso.

Alla pubblica udienza del 4 maggio 2011 la causa è passata in decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

L’Amministrazione muove dal presupposto che il diniego del permesso di soggiorno in capo al ricorrente sarebbe giustificato dalla sussistenza a suo carico di due condanne. La prima risalente al 17.03.2005 emessa dal Tribunale di Como per il reato di ricettazione, la seconda al 28.05.2008 emessa dal Tribunale di Alessandria per il reato di cui all’art. 474 c.p.

In proposito il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 6383 del 19.10.10, ha affermato che la sussistenza di un "generale principio della certezza delle conseguenza dei comportamenti individuali", principio che verrebbe vulnerato "dalla sopravvenuta rilevanza negativa automatica della condotta che, all’epoca della sua commissione, non determinava ex se l’impossibilità di conseguire il rinnovo del permesso di soggiorno".

Tale principio, insito nel più generale principio di irretroattività della legge penale, trova applicazione nel diritto amministrativo e soprattutto in materia di rinnovo del permesso di soggiorno.

L’Amministrazione ha, infatti, affermato che in relazione alla valenza ostativa delle condanne penali a carico dello straniero la valutazione negativa viene fatta direttamente dal legislatore, non residuando al Questore alcun margine discrezionale.

A maggior ragione le cause ostative penali al rinnovo del permesso di soggiorno devono essere chiaramente ed univocamente descritte dal legislatore e devono valere soltanto per i comportamenti messi in atto successivamente all’entrata in vigore della norma, proprio in ossequio al principio sopradescritto.

In relazione alla fattispecie di ricettazione per cui è stato condannato il sig. M. la stessa Amministrazione resistente afferma che la stessa non rientra tra quelle elencate dall’art. 4, co. 3 del D.Lgs. n. 286 del 1998. Il reato di cui all’art. 648 c.p. (ricettazione) non rientra, infatti tra quelli previsti dall’ari 380 c.n.p. (reati per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza) e quindi richiamati dall’art. 4, co 3 citato nel provvedimento impugnato.

La Questura di Alessandria afferma, nelle controdeduzioni del 23.07.2010, che la predetta condanna sarebbe ostativa al rinnovo in quanto giustificherebbe un giudizio di pericolosità sociale a rinnovo in quanto giustificherebbe un giudizio di pericolosità sociale a carico del ricorrente e la prognosi di pericolosità sociale, a differenza delle previsioni a officio di inammissibilità, deve essere svolta discrezionalmente dall’Amministrazione a fronte delle risultanze fattuali.

Ad avviso del Collegio, trattandosi di attività discrezionale, l’Amministrazione ha l’obbligo di dare conto nella motivazione del provvedimento finale dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che hanno determinato tale decisione.

Nel caso di specie, in nessun parte della motivazione del provvedimento impugnato si fa riferimento ad una presunta pericolosità sociale del ricorrente.

Nella motivazione l’Amministrazione si limita a citare la sussistenza della condanna per ricettazione senza svolgere alcuna valutazione ulteriore. Nel provvedimento, infatti, non viene indicato il periodo in cui la condanna sarebbe intervenuta né quali sarebbero i fatti contestati al fine di valutarne la eventuale gravità a fronte della condotta complessiva del ricorrente in Italia.

Inoltre non vengono indicate le ragioni in base alle quali una sentenza di condanna di oltre cinque anni prima dovrebbe considerarsi ostativa, anche a fronte del rinnovo del permesso di soggiorno regolarmente intervenuto negli anni successivi al 2005.

La carenza della motivazione in punto pericolosità sociale è tale da determinare l’illegittimità del provvedimento impugnato, essendo ininfluenti le valutazioni successive contenute nella memoria del 23.07.1010 che non valgono ad elidere la carenza della motivazione.

Non si tiene conto che il ricorrente è persona di quasi 60 anni e vive in Italia da circa 20 anni, unitamente al proprio nucleo familiare composto dal coniuge e da due figli minori iscritti con profitto alle rispettive classi, non conserva alcun legame lavorativo o familiare con il paese di origine ove ritorna soltanto per brevi periodi di vacanza.

Il provvedimento impugnato, pertanto, è viziato per violazione di legge, eccesso di potere e carenza ed insufficienza della motivazione e deve essere annullato per tutti i motivi già dedotti nel ricorso introduttivo.

Appare fondata, pertanto, la censura del ricorrente relativa alla violazione dell’art. 5 comma 5, seconda parte del D. Lgs. 286/98 e s.m.i., laddove fa obbligo all’Amministrazione, nell’adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che abbia esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell’articolo 29, di tenere conto anche della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato e dell’esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d’origine, nonché, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale. La motivazione svolta, sul punto, dall’Amministrazione resistente nel diniego impugnato appare carente ed irragionevole, riducendosi, in definitiva, ad una mera clausola di stile, tanto più alla luce delle argomentate deduzioni presentate dall’interessato in sede procedimentale ai sensi dell’art. 10 bis della L. 241 del 1990 e s.m.i.

Il ricorso va, pertanto, accolto e gli atti impugnati vanno, conseguentemente, annullati, facendo salva un’ulteriore attività provvedimentale dell’Amministrazione.

Sussistono comunque i giusti motivi per compensare interamente tra le parti spese ed onorari del giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla gli atti impugnati, facendo salva un’ulteriore attività provvedimentale dell’Amministrazione.

Compensa interamente tra le parti spese ed onorari del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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