Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 26-04-2011) 20-05-2011, n. 20084 Giudizio d’appello sentenza d’appello

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

gimento del processo

1. Con sentenza del 16 febbraio 2009, la Corte di appello di Napoli, sull’appello del P.M. avverso la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva assolto per non aver commesso il fatto M. R. dal reato di concorso in estorsione continuata ed aggravata, dichiarava lo stesso responsabile del reato a lui ascritto e lo condannava, ritenuta la continuazione con i fatti giudicati da altra sentenza irrevocabile, alla pena complessiva di anni 14 di reclusione e Euro 2.000 di multa.

M., in prime cure, era stato chiamato a rispondere dei reati di partecipazione all’associazione camorristica denominata clan Lago e di concorso con altre persone nelle estorsioni commesse ai danni di numerosi commercianti ed imprenditori di Pianura, ai quali veniva imposto, mediante la minaccia implicita di ritorsioni, di versare mensilmente somme di danaro, utilizzando il metodo di intimidazione delle associazioni mafiose al fine di conseguire un ingiusto profitto e di agevolare la commissione di delitti del clan. Condannato per il reato associativo, M. era stato invece assolto dalle altre imputazioni, per non aver commesso il fatto, in quanto i giudici avevano ritenuto che, pur emergendo – sia dalle dichiarazioni dei collaboranti sia dalle intercettazioni telefoniche – il compimento di attività estorsive a carico delle vittime indicate nei capo di imputazione, non risultava provato che in esse fosse coinvolto anche il M..

In sede di appello, i giudici pervenivano ad una diversa conclusione, ritenendo provata la partecipazione del M. agli episodi estorsivi sulla base delle convergenti dichiarazioni dei collaboranti, avvalorate a loro volta dal contenuto eloquente delle intercettazioni.

In particolare, il M. avrebbe fornito le direttive sulla materiale esecuzione dei reati estorsivi, ricevendo direttamente nelle sue mani il ricavato che poi provvedeva a spartire tra altri gli adepti.

2. Avverso la suddetta sentenza, propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, con cui denuncia:

– la mancanza, contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione, in quanto, in presenza di una sentenza assolutoria di primo grado, il giudice non avrebbe adempiuto l’obbligo rafforzato di motivazione, non dando confutazione alcuna delle ragioni, che avevano indotto il primo giudice ad una decisione assolutoria, risolvendosi il discorso giustificativo nel mero rinvio a verbali del cui contenuto non si darebbe contezza, impedendo alla difesa ogni possibile controllo.

Inoltre, risulterebbe travisato il contenuto delle dichiarazioni del collaboratore S., che, contrariamente a quanto affermato in sentenza, non avrebbe mai nominato il M. quale responsabile delle specifiche estorsioni a lui addebitate.

Le dichiarazioni del B., che avrebbe coinvolto il ricorrente nelle estorsioni contestate, non risulterebbero riscontrate nè dalle dichiarazioni del Sa., che avrebbe parlato di episodi non specifici e comunque accaduti nel (OMISSIS), nè dalle intercettazioni, nelle quali si fa riferimento solo ad un "giro" ed ad un elenco di nomi, nè la sentenza impugnata avrebbe dato contezza delle ragioni per cui tali intercettazioni riscontrerebbero le dichiarazioni accusatorie.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato e merita accoglimento nei termini di seguito esposti.

2. E’ principio più volte affermato da questa Corte Suprema che la sentenza di appello, che riforma integralmente la sentenza assolutoria di primo grado, deve confutare specificamente, per non incorrere nel vizio di motivazione, le ragioni poste a sostegno della decisione riformata, dimostrando puntualmente l’insostenibilità sul piano logico e giuridico degli argomenti più rilevanti ivi contenuti anche avuto riguardo ai contributi eventualmente offerti dalla difesa nel giudizio di appello, e deve quindi corredarsi di una motivazione che, sovrapponendosi pienamente a quella della decisione riformata, dia ragione delle scelte operate e della maggiore considerazione accordata ad elementi di prova diversi o diversamente valutati (tra le tante, Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, dep. 20/09/2005, Mannino, Rv. 231679).

Il dovere di indicazione specifica delle ragioni giustificative della decisione deve essere ancor più pregnante nel caso in cui la sentenza di appello valuti diversamente il materiale istruttorio rimasto inalterato, non potendosi limitare alla citazione formale delle fonti di prova.

Nel caso in esame, il giudice dell’appello non ha soddisfatto l’obbligo di confutare adeguatamente le ragioni che sorreggevano la decisione assolutoria di primo grado, sicchè la motivazione risulta gravemente inadeguata a fondare il ribaltamento della decisione.

La sentenza impugnata infatti è giunta alla conclusione che il M. fosse l’autore morale delle estorsioni, in quanto era emerso che costui dettava ai sottoposti le direttive sulla loro materiale esecuzione, ricevendone il ricavato da suddividere con gli altri associati, utilizzando le medesime fonti di prova già valutate in prime cure prive di valenza dimostrativa.

Orbene, non solo il Giudice dell’appello si è limitato a richiamare sbrigativamente e per rinvio il contenuto delle fonti di prova esposte nella sentenza di primo grado, ma soprattutto non ha offerto dimostrazione alcuna che le direttive fornite e le spartizioni dei profitti illeciti riguardassero proprio le contestate estorsioni, tenuto conto in particolare anche al tempus commissi delicti.

La sentenza dev’essere quindi annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Napoli per un nuovo giudizio.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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