Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 20-04-2011) 20-05-2011, n. 20083

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

olgimento del processo

1. La Corte d’appello di Catania con sentenza del 24/03/2009 ha parzialmente riformato la sentenza di condanna di primo grado emessa dal locale Tribunale a carico di T.E. per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare in relazione al contributo dovuto per il mantenimento del figlio minore, riconoscendo in suo favore la non menzione della condanna e una riduzione del risarcimento del danno liquidato in favore della parte civile costituita.

Avverso la citata sentenza hanno proposto appello l’imputato e la parte civile.

2. La difesa del primo lamenta mancanza ed illogicità della motivazione, richiamando la necessità che per la configurazione del reato vi sia stata violazione dell’obbligo di garantire i mezzi di sussistenza, concetto meno ampio di quello di alimenti previsto al codice civile; nella sentenza dopo aver dato atto di tale distinzione, si è ritenuto integrato il reato pur nella provata dazione di Euro 150 mensili in favore del figlio, nel presupposto dell’incapacità economica della madre e della mancata prova dell’indigenza del padre, senza tenere conto sia della circostanza di fatto che il giudice civile aveva successivamente quantificato l’assegno a carico dell’imputato aumentandolo di soli Euro 50 mensili, sia della deduzione relativa allo svolgimento di lavoro in nero da parte della madre che le garantiva un introito ulteriore di Euro 500 mensili, nonchè dell’ulteriore risultanza relativa al mantenimento a cura di T. della figlia maggiorenne che aveva scelto di vivere con lui; inoltre non si era considerato che egli aveva subito delle vicende personali che avevano causato l’impossibilità di adempiere.

3. Con il secondo motivo si eccepisce violazione della legge penale per aver il giudice di merito ritenuto di decidere sulla base delle sole dichiarazioni accusatorie della parte lesa, portatrice di un interesse contrastante con quello dell’imputato, e per non aver disposto la rinnovazione del dibattimento per acquisire la dichiarazione della figlia, pur sollecitata dal ricorrente.

4. Si rileva omessa motivazione riguardo la richiesta di sospensione condizionale della pena, subordinata dal giudicante di primo grado alla corresponsione della somma liquidata in favore della controparte, istanza sulla quale non era stata espressa alcuna motivazione.

5. La parte civile rileva contraddittorietà ed illogicità della motivazione, nella parte in cui era stata ridotta la somma riconosciuta in suo favore; in tal senso si contesta che si fosse provveduto a liquidare il danno considerando solo la somma di Euro 50 mensili non versata, dopo aver accertato il mancato versamento dei mezzi di sussistenza, senza liquidare alcunchè nè per il danno morale, nè per interessi e rivalutazione, malgrado le elevate esigenze del figlio, all’epoca dei fatti tredicenne e le difficoltà incontrate per mantenerlo, che l’avevano costretta ad attingere alle sostanze dei suoi familiari.
Motivi della decisione

1. I ricorsi devono entrambi essere rigettati.

Quanto ai rilievi di T. risulta congruamente motivato da parte del giudice di merito l’accertamento della mancata assicurazione di mezzi di sussistenza in favore del figlio, pur nell’irrisorietà della somma computata in aumento di quanto già versato e posta successivamente a suo carico dal giudice, proprio in ragione della natura minima degli importi, nonchè della comprovata difficoltà per motivi lavorativi e di salute della madre del ragazzo, circostanze che rendevano essenziale, per garantire i mezzi di sussistenza, la corresponsione dell’ulteriore somma che si è successivamente accertata come dovuta.

Per contro, a fronte di tale comprovata situazione di difficoltà oggettiva della madre e del ragazzo tredicenne, le cui esigenze primarie erano difficilmente comprimibili in modo da rendere sufficiente la somma di minima entità versata dal T., questi ha obiettato la sua impossibilità di adempiere nel periodo in cui versò solo Euro 150, per la necessità di affrontare le spese di trasloco; tale circostanza di fatto, come già compiutamente valutato dal giudice di merito, riguardando l’allegazione di spese occasionali, di carattere non primario, in uno con la mancata dimostrazione della assoluta incapienza del proprio reddito a far fronte alla spesa, di minima entità, che poteva ritenersi da lui esigibile per il mantenimento del minore, non è da sola sufficiente a dimostrare l’assoluta impossibilità di adempiere da parte dell’obbligato, solo la cui rigorosa dimostrazione è idonea a consentire l’esclusione dell’applicazione della sanzione penale.

E’ appena il caso di ricordare in proposito che finanche lo stato di disoccupazione, per giurisprudenza pacifica, non costituisce una situazione di fatto che da sola sia ritenuta idonea a provare tale impossibilità escludente il rilievo penale dell’inadempimento (per tutte, da ultimo Sez. 6, Sentenza n. 5751 del 14/12/2010, dep. 15/02/2011, imp. P., Rv. 249339).

2. Infondato è anche il secondo motivo, posto che è basato sulla pretesa mancanza di riscontri alle dichiarazioni della parte civile, omettendo di considerare che la stessa versione difensiva non smentisce la mancata percezione, da parte della P., di un importo maggiore, idoneo per garantire la soddisfazione dei bisogni del minore nel periodo in contestazione, limitandosi T. ad allegare le spese da lui affrontate, il preteso versamento di piccole somme in favore del minore, e gli ulteriori oneri su di lui gravanti per il mantenimento dell’altra figlia maggiorenne.

La ricostruzione dei fatti fornita dall’interessato, e sopra riassunta, evidenzia l’irrilevanza della ricerca di riscontri alle dichiarazioni della parte lesa, in quanto il mancato versamento di una somma superiore agli Euro 150 mensili è ammesso dallo stesso T., laddove la mera allegazione dell’imputato dello svolgimento di un’attività in nero da parte della madre del piccolo e l’assenza di prova di una situazione economica differente da quella descritta dall’interessata non permettere di concludere nel senso della sua inaffidabilità, considerata la conferma indirettamente giunta grazie all’accertamento svolto in sede civile.

Contrariamente a quanto assunto dal ricorrente, risulta congruamente motivato anche il provvedimento con il quale la Corte di merito ha ritenuto di non disporre la rinnovazione del dibattimento per sentire la figlia convivente, poichè nella stessa prospettazione difensiva ella avrebbe dovuto riferire di sporadiche elargizioni che T. avrebbe riconosciuto direttamente al figlio circostanza che, oltre ad essere stata esposta con vaghezza, non essendo indicati importi e tempi di versamento, anche ove dimostrata, non avrebbe permesso di garantire la soddisfazione dei bisogni primari del ragazzo, che in tal modo continuavano a gravare sulla madre con cui il minore viveva, rimanendo insoddisfatti per la sua difficoltà economica. Sul punto si deve ricordare che la motivazione in proposito è imprescindibile in caso di accoglimento dell’istanza, non nel caso di rigetto, per la presunzione di completezza che assiste l’istruttoria di primo grado (da ultimo Sez. 3, Sentenza n. 24294 del 07/04/2010, imp. D.S.B. Rv.

247872).

3. Il motivo riguardante l’omessa argomentazione da parte del giudice di appello sulla sospensione condizionale della pena è inammissibile ex art. 606 c.p.p., comma 3, non avendo la mancata concessione del beneficio costituito oggetto di gravame nell’atto di appello.

4. Analogamente infondata è l’impugnazione proposta da P., poichè il giudice di secondo grado si è limitato a riconoscerle dovuta la parte della somma mensile non versata, sulla base della successiva quantificazione operata dal giudice civile, per il ristretto periodo di tempo nel quale l’omissione si è verificata, maggiorandola della metà per liquidare le ulteriori voci di debito del danno morale e degli interessi, con motivazione che, considerato l’arco temporale dell’inadempimento, risulta congrua e deve essere confermata. Invero, considerata la particolare situazione di fatto – contestazione del periodo di tempo nel quale non esisteva alcun provvedimento giudiziale, intervenuto solo alla data di cessazione del reato – non può che rapportarsi a quanto successivamente accertato dal giudice la somma antecedentemente dovuta, sicchè, per la parte residua, richiedendosi solo la liquidazione del danno morale e gli interessi, rispetto ad un inadempimento protrattosi per il contenuto periodo di sei mesi, la quantificazione operata risulta computata correttamente, con motivazione congrua che non può essere sottoposta ad alcuna censura di legittimità. 5. Per l’effetto i ricorrenti sono tenuti al pagamento delle spese processuali, in applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen..
P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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