Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 20-04-2011) 20-05-2011, n. 20001 Riparazione per ingiusta detenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la impugnata ordinanza la Corte di Appello di Cagliari, giudicando a seguito di annullamento con rinvio dalla Corte Suprema di cassazione, ha rigettato la richiesta di M.F. di riparazione per ingiusta carcerazione preventiva e per il ricovero in O.P.G. dal 6.3.2001 al 29.6.2004, data in cui la Corte di Assise di Cagliari lo ha assolto, per non aver commesso il fatto, dalle imputazioni di concorso in omicidio e tentato omicidio.

L’ordinanza, dopo aver ricostruito in punto di fatto la vicenda che aveva visto coinvolto il M. nell’omicidio di tale Me. e nel tentativo di omicidio di tale S., entrambi commessi materialmente dal suo datore di lavoro L., ha affermato che l’istante ha concorso con colpa grave a provocare prima il fermo di P.G. e, poi, la convalida e l’applicazione della custodia cautelare in carcere da parte del G.I.P., nonchè la protrazione della propria restrizione, inducendo la Corte di Assise a sospendere il processo e a disporre il suo ricovero in O.P.G..

La Corte territoriale ha osservato che il M. si accompagnava al L. al momento del fatto e, subito dopo, ha posto in essere una condotta gravemente colposa, tale da indurre gli organi di Polizia e gli inquirenti a ritenere che egli avesse spalleggiato il L. nella esecuzione dei crimini.

In particolare il M., dopo il fatto, si era dato alla fuga contemporaneamente al L.; si era allontanato dalla sua abituale dimora per recarsi presso l’abitazione della madre, ove fu rinvenuto dai C.C. mentre predisponeva indumenti, circostanza che venne ritenuta indice del fatto che volesse darsi alla fuga; mentì gravemente in sede di esame a seguito del fermo di P.G., fornendo una falsa ricostruzione della dinamica della vicenda. Nel corso del processo inoltre il comportamento dell’imputato risultò egualmente irresponsabile e gravemente colposo, in quanto si rifiutò di sottoporsi alla visita del neuropsichiatra nominato per valutare la sua capacità di partecipare al processo, inducendo la Corte di Assise a applicare la misura di sicurezza provvisoria del ricovero in O.P.G., fatto che ha determinato il prolungamento del processo e la protrazione del tempo di privazione della libertà personale dell’imputato.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore del M., che la denuncia per vizi di motivazione e violazione di legge.

Con un unico, articolato, mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 125 c.p.p., comma 3, e art. 314 c.p.p., nonchè vizi di motivazione dell’ordinanza.

Si deduce, in sintesi, che la ricostruzione della vicenda contenuta nell’ordinanza è illogica e non corrisponde ai dati processuali.

Si osserva che, secondo quanto accertato dalla sentenza della Corte di Assise, l’incontro tra il L. ed il Me. fu occasionale e non vi era stata alcuna premeditazione o accordo tra il L. ed il M.. Quest’ultimo ha mantenuto un atteggiamento assolutamente passivo quando il primo ha esploso colpi di pistola verso il Me. ed ha proseguito nella sua azione criminosa colpendo il S.. Sicchè l’unico addebito che può essere mosso al ricorrente è di essersi trovato nel posto sbagliato ed all’ora sbagliata.

Con riferimento alla cosiddetta fuga da (OMISSIS) si osserva che il M. si è limitato ad allontanarsi dal luogo ove si trovava provvisoriamente per la propria attività lavorativa e che le circostanze dei suo fermo da parte dei C.C. dovevano indurre ad escludere che egli si stesse accingendo alla fuga. Con riferimento all’interrogatorio di garanzia, cui il M. venne sottoposto dopo il fermo, si contesta che il mendacio abbia avuto una efficienza causale sulla emissione dell’ordinanza applicativa della misura cautelare, in quanto la motivazione di quest’ultima prescinde completamente dalle dichiarazioni rese dall’indiziato.

Si deduce, poi, che la misura di sicurezza applicata nel corso del processo è del tutto illegittima.

Infatti, ai sensi dell’art. 202 c.p., comma 1, l’applicazione della misura di sicurezza presuppone la pregressa commissione di fatti costituenti reato, che l’esito del processo ha escluso.

Si osserva, infine, che secondo l’ordinanza impugnata la sentenza della Corte di Assise ha assolto l’imputato in base ad una diversa valutazione dello stesso quadro probatorio ed indiziario, cui aveva contribuito il colpevole comportamento dell’imputato, traendone la illogica conclusione che la ingiustizia della detenzione sarebbe emersa solo all’esito del processo e che per tale motivo non poteva essere riconosciuta la riparazione.

Il ricorso non è fondato.

Osserva la Corte che la valutazione del dolo o della colpa grave deve essere effettuata dal giudice della riparazione sulla base di tutte le risultanze processuali, anche se non ritenute rilevanti dai giudici di merito che hanno pronunciato la sentenza di proscioglimento dell’imputato.

La valutazione della condotta dell’istante da parte del giudice della riparazione, invero, non è vincolata dalle considerazioni, anche se di diverso tenore, che emergono dal provvedimento di merito, (sez. un. 26.6.2002 n. 34559, Min. Tesoro in proc. De Benedictis, RV 222263; sez. 4, 13.12.2005 n. 2895 del 2006, Mazzei e altro, RV 232884; sez. 4, 15.2.2007 n. 10987, Marchesi e altro, RV 236508).

Orbene, come ha puntualmente osservato il P.G. presso questa Suprema Corte, il ricorrente sostanzialmente propone una critica parcellizzata (e peraltro fondata su una diversa valutazione delle risultanze fattuali) della condotta ritenuta ostativa dalla Corte territoriale alla riparazione per ingiusta detenzione ex art. 314 c.p.p., laddove, invece, la disamina delle risultanze processuali, in base alla quale viene enucleato il giudizio di merito, ha correttamente e con rigore logico tenuto conto dell’effetto convergente della pluralità di condotte descritte nell’ordinanza e di cui si da atto, peraltro, nello stesso ricorso.

Inoltre, gli elementi di valutazione, in base ai quali il ricorrente censura il provvedimento impugnato, sono solo quelli che nella sostanza hanno indotto la Corte di Assise ad escludere che egli abbia concorso con il L. nell’omicidio e nel tentativo di omicidio, ma non incidono sulla valutazione da parte dei giudici della Corte territoriale della colpa grave che è stata ravvisata nella sua condotta, sia in concomitanza che successivamente ai fatti.

La censura del ricorrente in ordine al provvedimento genetico della misura cautelare si riferisce al solo mendacio, che ha fatto seguito alle altre condotte ritenute dai giudici della Corte territoriale gravemente colpose, ed è generica, non essendo indicate in ricorso le motivazioni in base alle quali è stata emessa la misura cautelare.

Peraltro, anche il mendacio, secondo i giudici di merito, ha certamente influito sul mantenimento della misura restrittiva della libertà personale.

Quanto alla misura di sicurezza applicata provvisoriamente la stessa non può essere riferita al disposto dell’art. 202 c.p., trovando la propria fonte normativa nell’art. 206 c.p..

La applicabilità, in via provvisoria, della misura di sicurezza nel corso dell’istruzione o del giudizio implica necessariamente che la sua applicazione prescinda dal preventivo accertamento di un fatto costituente reato.

Anche sul punto, infine, i giudici di merito hanno affermato, con motivazione adeguata, immune da vizi logici, che il M. ha dato causa alla applicazione provvisoria della misura di sicurezza con la propria condotta, descritta in narrativa, ritenuta anche essa connotata da evidente colpa grave.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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