CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. LAVORO – SENTENZA 30 dicembre 2009, n.27825 LAVORO IN AZIENDA: MANSIONI SUPERIORI DI FATTO

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Ritenuto in diritto

L’unico motivo di ricorso denuncia violazione di norme di diritto (art. 1362 e 1363 ce. in relazione agli art. 43 e 44 CCNL 26.11.1994 e all’accordo integrativo 23.5.1995; art. 2103 ce; art. 6 della legge n. 190 del 1985 in relazione all’art. 38, commi 1 e 7 CCNL 26.11.1994) e vizio della motivazione, muovendo alla sentenza impugnata le seguenti critiche: il D.G., già inquadrato nella VI categoria con mansioni di supervisore, era stato collocato nell’area operativa secondo le previsioni della contrattazione collettiva; l’«impianto posta elettronica» costituiva un’articolazione del «reparto posta ordinaria», affidato alla responsabilità gestionale di un quadro di secondo livello, e non avrebbe potuto il giudice "inventarsi" un posto di Q/2 inesistente in organico, riferito ad un settore in cui operavano 13 addetti affidati ad un caposquadra che svolgeva compiti di gestione (capogruppo e portavoce dell’unico Q/2 previsto dall’organico) senza l’assunzione delle responsabilità proprio del quadro di secondo livello; l’esercizio del potere di organizzazione dell’imprenditore, sottratto al sindacato giudiziale, non consentiva di individuare altra unità organizzativa di media rilevanza all’interno di unità a sua volta di media rilevanza (reparto posta ordinaria) e creare un posto di Q/2 non previsto; la contrattazione collettiva (accordo integrativo 23.5.1995) classificava soltanto gli uffici postali di media rilevanza come "Agenzie di base Q/2", in attuazione dell’art. 43 CCNL 26.11.1994 (che si riferisce alle unità organizzative di media rilevanza contrapposte alle grandi unità organizzative, ovvero a parti di queste ultime); era mancata nel giudizio di merito un’indagine adeguata in ordine alle mansioni svolte dal lavoratore da raffrontare con la declaratoria contrattuale dei contenuti professionali della qualifica di quadro. La Corte giudica il ricorso infondato.

In punto di diritto, va osservato che, al fine di escludere il diritto del dipendente alla superiore qualifica per effetto dei contenuti professionali delle mansioni svolte per il periodo di tempo minimo previsto dalla normativa, non è sufficiente che il datore di lavoro, nell’esercizio del suo potere organizzativo, conferisca ad altri dipendenti la titolarità formale delle mansioni stesse, ovvero degli elementi più qualificanti delle stesse (nella specie, la responsabilità di un reparto qualificato come unitario).

Al contrario, appare incontestabile che, ai fini dell’art. 2103 cc, apprestante una tutela preordinata a privilegiare l’effettività, l’affidamento formale della responsabilità non incide minimamente sulla realtà della situazione di fatto. In altri termini, secondo principi generali, soprattutto applicati nella regolamentazione dei rapporti di lavoro, non rilevano le dichiarazioni esplicite di volontà del datore di lavoro se non coerenti con i comportamenti rivolti ad attuarle, i quali, se in contrasto, concretano essi manifestazione della reale volontà negoziale.

In tali sensi di esprime la giurisprudenza della Corte ritenendo, in particolare, priva di rilevanza l’attribuzione esclusivamente formale della titolarità ad un dipendente di mansioni affidate, invece, nella loro totalità e responsabilità ad altro dipendente per effetto di una stabile scelta organizzativa del datore di lavoro (vedi Cass. 28 settembre 2006, n. 21021).

A questo principio risulta conforme la decisione impugnata, fatta derivare dai coerenti accertamenti di fatto compiuti.

Il giudice del merito ha, in primo luogo, operata la ricognizione della fonte contrattuale collettiva, secondo cui l’inquadramento di quadro di secondo livello compete al dipendente preposto, con funzioni di direzione e coordinamento, ad unità organizzativa o parte di essa di media rilevanza.

Ha, quindi, verificato che, per le sue caratteristiche, il settore impianto posta elettronica, sebbene inserito nel più ampio reparto posta ordinaria, ne costituiva una parte contrassegnata da totale autonomia. A questo riguardo, senza che sul punto la ricorrente muova censure specifiche, pone in evidenza come tutte le disposizioni per l’andamento del settore venissero impartite direttamente dal centro posta elettronica di Roma, cui veniva trasmesso il resoconto settimanale e mensile dell’attività, cosicché rimaneva esclusa qualsiasi interferenza o "filtro" da parte del quadro di secondo livello preposto al reparto posta ordinaria. Ed ancora che il settore in questione, per il numero di lavoratori addetti (circa tredici/doveva qualificarsi come parte di unità organizzativa di media rilevanza. Risulta, quindi logicamente plausibile la conclusione che la responsabilità della posta elettronica non fosse affidata al dipendente preposto alla posta ordinaria, ma esclusivamente al D.G., da considerarsi quindi quale preposto ad unità organizzativa di media rilevanza con diritto all’inquadramento nella qualifica di quadro di secondo livello ai sensi del contratto collettivo.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese e degli onorari del giudizio di cassazione nella misura determinata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente, al pagamento delle spese e degli onorari del giudizio di cassazione, liquidate le prime in € 19,00, oltre spese generali, iva e epa e i secondi in € 3000,00 (tremila/00).

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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