Cons. Stato Sez. III, Sent., 23-05-2011, n. 3106

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – La H. s.p.a., corrente in Trezzano sul Naviglio (MI), operatore di telefonia mobile con tecnologia UMTS nel mercato italiano, è uno dei quattro operatori del settore e, come tale, è stata riconosciuta dall’AGCOM, in una con questi ultimi soggetti, detentrice d’un significativo potere di mercato nella fornitura, su singola rete mobile, del servizio di terminazione del traffico voce, giusta deliberazione n. 3/06 Cons.

2. – Detta Società fa presente che, in relazione a ciò, l’AGCOM ha stabilito i conseguenti obblighi per le imprese così notificate, fermo l’assoggettamento, per gli operatori T., V. e W., all’obbligo di controllo dei prezzi di terminazione, di orientamento al costo e di predisposizione di un sistema di contabilità regolatoria.

Per tali operatori, dunque, è stato stabilito, per gli anni 2006 – 2008, un meccanismo programmato di riduzione dei prezzi di terminazione delle chiamate vocali sulle loro reti, nonché l’obbligo di predisporre un sistema di contabilità regolatoria a costi storici e a costi correnti per gli anni 2005, 2006 e 2007 ed un modello a costi incrementali. In quella sede, per la sola H. s.p.a.ed avuto riguardo della situazione di newcomer nel mercato in parole, l’AGCOM s’è riservata di valutarne l’applicazione degli obblighi ex art. 50 del Dlg 1° agosto 2003 n. 259 (cod. comunic. elettroniche), entro il 31 luglio 2006.

Sicché l’Autorità, con la successiva deliberazione n. 712/06/Cons, ha indetto la consultazione pubblica per valutare l’applicazione a detta Società degli obblighi de quibus, fissando uno schema di provvedimento recante, tra l’altro e per il periodo 2007/2009, un meccanismo programmato di riduzione dei prezzi di terminazione delle chiamate vocali. In sede di consultazione, detta Società ha chiesto che lo schema dell’adottando provvedimento prevedesse il differimento della graduale riduzione del prezzo di terminazione, visto che gli altri operatori avevano comunque fruito d’un tempo maggiore per adeguare i loro prezzi. Nelle more della valutazione verso detta Società, l’AGCOM ha adottato la deliberazione n. 342/07/Cons, recante la seconda analisi del Mercato della terminazione di chiamate vocali su singole reti mobili (mercato n. 16), presupposto necessario per la determinazione degli obblighi regolamentari in materia. Detta Società rende nota, altresì ed in esito a tal consultazione, l’emanazione della deliberazione n. 628/07/Cons, con la quale l’AGCOM, pur accogliendo alcune sue osservazioni, le ha imposto gli obblighi ex art. 50 del Dlg 259/2003 mercè la fissazione a Euro 0,1626 quale prezzo massimo di terminazione delle chiamate vocali sulla rete H., a partire dal 1° marzo 2008. L’AGCOM ha anche previsto sul punto il rispetto del principio di proporzionalità e gradualità nella riduzione della tariffa e la necessità d’esaminare le evidenze della contabilità regolatoria predisposta dalla Società stessa e del bilancio 2007.

Inoltre l’AGCOM, con la deliberazione n. 304/08/Cons, ha avviato una consultazione pubblica circa l’integrazione della deliberazione n. 628/07/Cons, consultazione poi sfociata nella deliberazione n. 446/ 08/Cons, che ha disposto, nei riguardi di detta Società, in Euro 0,13 al minuto la nuova tariffa di terminazione.

Contro le due ultime deliberazioni dell’AGCOM detta Società s’è gravata innanzi al TAR Lazio, che ne ha respinto la pretesa con sentenza n. 1491 del 16 febbraio 2009, passata in giudicato.

3. – Infine, con la deliberazione n. 305/08/Cons, l’AGCOM ha avviato la consultazione pubblica sullo schema di provvedimento relativo al mercato della terminazione delle chiamate vocali su singola rete mobile; in sede di consultazione.

In esito a tal procedura, l’AGCOM ha adottato la deliberazione n. 667/08/Cons, partendo dall’identificazione di quattro distinti mercati rilevanti, costituiti dal servizio di terminazione del traffico di telefonia vocale su singola rete mobile gestita da ciascuno degli operatori aventi significativo potere di mercato. L’Autorità ha così stabilito un processo di progressiva discesa nel triennio 2009/2012, nonché di allineamento dei costi di terminazione, nei riguardi di detta Società e degli altri tre operatori di telefonia mobile, allo scopo di giungere alla simmetria delle loro tariffe al 1° luglio 2012. Tanto in coerenza, tra l’altro, con l’invito formulato all’AGCOM dalla Commissione UE "… ad esaminare l’opportunità di abbassare al più presto possibile le tariffe di terminazione mobile di ciascun operatore di rete mobile al livello del costo di un operatore efficiente…".

Avverso tali statuizioni, la H. s.p.a. ha adito nuovamente il TAR Lazio, deducendo in punto di diritto due complessi ed articolati gruppi di censure. Con sentenza n. 1336 dell’11 febbraio 2011, il Giudice di prime cure ha anzitutto dichiarato inammissibili le deduzioni della ricorrente di cui alla domanda cautelare attorea dell’8 giugno 2010 e, nel merito, ha ampiamente motivato in ordine all’ infondatezza della pretesa azionata.

Appella allora la H. s.p.a., deducendo l’erroneità di detta sentenza in quanto: A) -va intesa a guisa non di nuova censura, ma di mero sviluppo delle doglianze di cui al gravame introduttivo l’impossibilità per l’appellante di disporre di frequenze aggiuntive sulla banda a 900 MHz, cosa, questa, che esclude il presupposto della deliberazione n. 667/08/Cons; B) – l’AGCOM non ha tenuto conto, prima di fissare la riduzione progressiva della tariffa, dell’assegnazione ineguale di tali frequenze, sebbene il Par. 9) della raccomandazione della Commissione UE del 7 maggio 2009 consenta alle Autorità di regolazione di prevedere o mantenere misure asimmetriche a favore di quegli operatori che, come l’appellante, anche a causa di tali assegnazioni sono costrette a subire costi che sfuggono al loro controllo; C) – v’è contrasto tra il dispositivo, a suo tempo pubblicato e la motivazione della sentenza appellata, nella parte in cui solo questa dichiara l’inammissibilità dei motivi posti con la domanda cautelare dell’8 giugno 2010; D) – l’AGCOM non ha valutato i dati contabili che pur l’appellante le aveva sottoposto in sede istruttoria del procedimento relativo alla deliberazione n. 667/08 Cons; E) – quest’ultima nulla motiva in ordine all’omessa considerazione, da parte dell’AGCOM, delle osservazioni formulate dall’appellante in sede istruttoria.

Resiste in giudizio l’AGCOM, eccependo l’infondatezza dell’appello in epigrafe e chiedendo perciò la conferma integrale della sentenza gravata. Si sono costituite nel presente giudizio d’appello pure le controinteressate T. I. s.p.a., W. s.p.a., V. O. N.V. e P. M. s.p.a., che concludono per l’infondatezza della pretesa attorea.

All’udienza camerale dell’8 aprile 2011, sussistendo i presupposti ex art. 60 c.p.a. e su conforme richiesta delle parti costituite, l’appello in epigrafe è assunto dal Collegio per esser deciso nelle forme di cui al successivo art. 74.

4. – Come s’è accennato dianzi, si controverte in questa sede della definizione delle simmetrie tariffarie che tutti gli operatori di telefonia mobile dovranno raggiungere, entro il 31 dicembre 2012, per il servizio di terminazione della telefonia vocale. Questo è il servizio con cui le chiamate vocali sono inoltrate alle postazioni su rete fissa o agli abbonati su rete mobile e che, nell’UE, soggiace al principio CPNP (Calling party network pays), secondo cui il costo di terminazione è fissato dalla rete chiamata e pagato dalla rete chiamante. L’AGCOM, da ultimo (è l’atto impugnato in primo grado), ha fissato un decalage tariffario a carico di tutti gli operatori di telefonia mobile (compresa l’odierna appellante), scandito nell’arco di tempo dal 2009 al 2012 fino a pervenire all’esatto allineamento di questi alla medesima tariffa.

La H. s.p.a. ha contestato tal decisione, ma il TAR le ha respinto, dal che l’appello in epigrafe, il quale, però, non ha pregio e va disatteso, per le ragioni di cui appresso.

5.1. – In ordine ai primi tre motivi di gravame, il Giudice di prime cure ha dichiarato inammissibile la questione sul disallineamento tra la disponibilità frequenziali a 900 MHz ed il prezzo di terminazione, anzitutto perché la relativa domanda è stata posta non con motivi aggiunti, ma con la citata domanda cautelare dell’8 giugno 2010 e perché l’appellante, quale parte del procedimento di assegnazione delle frequenze sulla banda a 2100 MHz, ne ha avuto conoscenza in data ben anteriore a quella di proposizione del ricorso di primo grado.

Sul punto, l’appellante argomenta al contrario d’aver già ab initio proposto tal questione, laddove afferma nel gravame introduttivo che la deliberazione non ha considerato "… le significative differenze in termini strutturali esistenti tra i diversi operatori (diversa dotazione spettrale nella banda a 900 Mhz, ecc….)…", né "… lo squilibrio nell’assegnazione delle frequenze e il maggior costo della tecnologia UMTS rispetto al GSM, irrecuperabili nel medio termine anche a fronte di immediate e non al momento previste nuove assegnazioni in gamma 900 Mhz…".

Non dura fatica il Collegio a concedere all’appellante che essa, più volte nel ricorso al TAR, ha usato l’argomento di un accesso a frequenze su banda a 900 MHz non pregiate e/o di minor quantità rispetto agli altri tre operatori GSM.

Ma l’appellante ha in quella sede adoperato l’argomento de quo per affermare come l’AGCOM abbia tenuto in non cale le criticità economiche (ai fini della fissazione del prezzo in questione) derivanti all’appellante dalla vicenda testé citata, oppure come l’uso di sole frequenze UMTS nella banda a 2100 MHz le avessero provocato più alti (rispetto ai concorrenti) e non ammortizzati costi per le infrastrutture, oppure ancora come questi ultimi in ogni caso non sarebbero stati recuperabili quand’anche le avessero assegnato le invocate frequenze. La domanda cautelare dell’8 giugno 2010 s’incentra piuttosto sulla contraddizione, evidenziata dalla nota del Ministero dello sviluppo economico in data 19 maggio 2010, tra la disponibilità delle dotazioni frequenziali a 900 MHz fino a completa possibilità di loro impiego solo a decorrere dal 31 dicembre 2013 e quanto indicato nella deliberazione impugnata, che dava per scontata la riallocazione delle frequenze già nel 2012. In altre parole, per la prima volta in quella sede cautelare l’appellante deduce che la parità di disponibilità frequenziale si sarebbe realizzata solo un anno dopo rispetto alla data indicata dall’AGCOM. Come si vede, i due argomenti in esame sono collaterali, ma non identici, nel senso che il secondo non è il mero sviluppo logico del primo, ponendo su una censura (contraddizione tra i tempi di disponibilità effettivi e stimati) precisa e differente (rispetto all’effetto nocivo della pregressa indisponibilità per l’operatore in tecnologia UMTS), onde rettamente le parti intimate hanno eccepito che quest’ultima dovesse esser proposta con motivi aggiunti in primo grado. E che detto elemento sarebbe stato già di per sé una censura sulla legittimità della delibera impugnata, ben lo sa l’appellante quando afferma (pag. 29 dell’appello) che "…la successiva calendarizzazione delle frequenze oltre il termine del 2012… non costituisce… se non la comprova dell’illegittimità perpetrata a danno di H. S.p.A….".

Scolora dunque la censura attorea contro la declaratoria di tardività, giacché l’appellante ha avuto contezza di tal diverso termine per le nuove frequenze, da opporre a quello di presumibile piena disponibilità che indica l’impugnata deliberazione, almeno fin dalla pubblicazione del bando per l’assegnazione di quelle sulla banda a 2100 MHz, nel quale si faceva riferimento al 31 dicembre 2013 quale data per la completa liberazione delle frequenze nella banda a 900 MHz. In ogni caso, è condivisibile la statuizione del TAR sull’inutilità di tal censura, perché, in disparte la deducibilità di pretesi vizi sopravvenuti del provvedimento amministrativo, il termine indicato nell’impugnata deliberazione non si configura a guisa di condizione risolutiva dell’efficacia di essa. Né si può sottacere l’evidente contraddizione tra le censure del ricorso introduttivo e quanto così dedotto in sede cautelare, poiché nell’un atto l’appellante ha affermato l’erroneità della deliberazione per impossibilità di pervenire nel lungo periodo alla stessa dotazione di frequenza a 900 MHZ degli altri operator e nell’altro atto ora si deduce la stretta consequenzialità della legittimità della citata deliberazione solo grazie alla parità frequenziale tra tutti gli operatori entro il 2012.

5.2. – Ma anche ad accedere alla tesi dell’appellante sull’ ammissibilità della questione fin qui vista, oltre che della richiesta di disapplicazione dell’impugnata deliberazione con riguardo per violazione sia della raccomandazione della Commissione UE in data 11 luglio 2007, sia di quella del successivo 7 maggio 2009, non per ciò solo la tesi ha pregio alcuno.

Non sfugge al Collegio che quest’ultima raccomandazione indica alle Autorità nazionali di tener conto nei mercati delle terminazioni mobili, ai fini della determinazione di costi efficienti, tra l’altro sia dell’ineguale assegnazione attuale di frequenze, sia della futura assegnazione di queste, sia di un’eventuale diminuzione dei costi grazie all’aumento della quota di mercato di un operatore newcomer. Tuttavia, non illogico o erroneo è il decisum del TAR nell’affermare che l’ingresso dell’appellante a nuove frequenze è nel provvedimento impugnato indicato come possibile ed auspicabile, non come questione dirimente, non essendovi diretta consequenzialità logica tra la scansione temporale del decalage e la previsione del Ministero dello sviluppo economico circa il momento concreto della liberazione delle frequenze su banda a 900 MHz.

Anzi, tal aspetto s’evince da una lettura, al contempo serena e più ampia, della raccomandazione medesima, quand’anche fosse a sua volta da ritenere la considerazione dell’AGCOM sul termine di disponibilità di dette frequenze una vera e propria statuizione. Le Autorità nazionali determinano i costi di terminazione in conformità a quelli dell’"operatore efficiente", oltre alla necessità di garantire la parità di trattamento di tutti gli operatori con allineamento dei prezzi entro il 31 dicembre 2012. Le Autorità possono altresì ammettere, per breve tempo (non oltre quattro anni) e sulla base di elementi oggettivi sottoposti a continuo monitoraggio, eventuali asimmetrie in presenza di operatori newcomer che non abbiano raggiunto la dimensione minima d’efficienza, che debbano sostenere costi superiori a quelli degli operatori efficienti o che subiscano costi per loro incontrollabili per effetto d’assegnazione ineguale di frequenze. Ebbene, l’appellante non è newcomer (operando da più di quattro anni), ha goduto per tal periodo di asimmetrie tariffarie a suo vantaggio appunto per la sua iniziale condizione e questa è in continuo divenire anche grazie alla progressiva liberazione delle frequenze.

E si badi: non può l’appellante reputare illegittima l’impugnata deliberazione mercè l’argomento del maggior costo che in ogni caso le deriverebbe, a seconda della sua prospettazione, dall’omessa, o tardiva, o insufficiente assegnazione delle ripetute frequenze, perché essa sovrappone al riguardo, al fine di giustificare la necessaria ultrattività delle asimmetrie tariffarie, due distinti ordini di costi. L’uno afferisce all’uso innovativo della tecnologia UMTS (par. 103 della delibera in esame) e delle frequenze su banda a 2100 MHz (che dev’esser più capillare e diffusa e ha una minor propagazione all’aperto e negli edifici), per i quali l’appellante ha goduto e gode tuttora della predette asimmetrie, appunto a causa il più ampio tempo di recupero per gli investimenti infrastrutturali per la rete UMTS, per la quale, però, ci s’attendono riduzione di costi ed efficienza, grazie al maggior riempimento per la crescita dei servizi video (videochiamate, Internet, contenuti televisivi). L’altro concerne (l’ancora per poco) insufficiente disponibilità di frequenze su banda a 900 MHz, vicenda, questa, di cui non si giustifica o si dimostra di come e quanto si riverberi in via diretta ed immediata sui costi di terminazione. Così scolorano tutte le questioni dell’illegittimità comunitaria dell’impugnata deliberazione, tali, cioè, da imporre una richiesta pregiudiziale alla Corte di Lussemburgo, giacché, in disparte ogni delibazione sulla relativa rilevanza, nella specie l’AGCOM non ha adottato misure di variazione della tariffa di determinazione o ha stabilito restrizioni o discriminazioni a danno dell’appellante, in contrasto con il Par. 9) dell’invocata raccomandazione. Quest’ultima pone lineeguida per dirimere solo rebus sic stantibus le distorsioni del mercato per i newcomer, non certo per perpetuarne le misure d’appoggio, come hanno chiarito il TAR e, soprattutto, le reiterate richieste della Commissione UE affinché l’AGCOM provveda a realizzare la simmetria tariffaria tra tutti gli operatori.

Tanto, peraltro, non volendo considerare il giusto principio affermato dal Giudice di prime cure, per cui la questione della progressiva parità frequenziale non sarebbe, ove appunto la si ritenesse statuizione, solo uno dei tanti motivi su cui si basa l’impugnata deliberazione, inidoneo, come tale e se illegittimo, a travolgerla in toto, né ad inficiare gli altri capi della motivazione, qualora corretti e legittimi.

5.3. – Né di più valgono le censure di cui al terzo motivo, sul preteso insanabile contrasto tra il dispositivo della sentenza impugnata e la relativa motivazione, quest’ultima articolata in una declaratoria d’inammissibilità e nel rigetto di tutti i motivi del gravame introduttivo.

Detto dispositivo conclude la sostanza indicando la reiezione del ricorso stesso, sicché siffatta inammissibilità riguarda non già gli argomenti di questo, ma l’irrituale domanda cautelare dell’8 giugno 2010, che introduce un quid novi che, come s’è visto, non ha in sé pregio alcuno, ma neppure aggiunge o toglie alcunché all’evidente infondatezza dei motivi poi analiticamente esaminati e disattesi dal Giudice di prime cure. Speciosa è allora la censura di nullità della sentenza impugnata con riguardo all’argomento testé accennato, in quanto, al contrario dell’assunto attoreo, v’è perfetta coerenza tra quanto motivato e quanto disposto dal TAR. La ragione è evidente: la formula del rigetto esprime in modo preciso e compiuto il giudizio di non conformità a legge di quanto forma oggetto della domanda giudiziale sia in generale e nel suo complesso, sia di quei suoi aspetti i quali, ancorché non vi sia per essi ed ab initio addirittura una posizione soggettiva tutelabile, s’appalesano comunque dissociati dai fatti o non regolati dalla norma che si pretende loro applicabile. Viceversa, si ha contraddittorietà, quale causa di nullità della sentenza, solo quando non v’è coerenza, logica e giuridica, tra quanto motivato e quanto statuito, sì da incidere sull’idoneità della sentenza stessa, considerata nel suo complesso, a rendersi intelligibile e non certo quando, pur con un’improprietà lessicale o con l’uso atecnico d’una nomenclatura invece rigorosa, il Giudice risolva una questione in modo appropriato e consequenziale alle ragioni del decidere.

Non a diversa conclusione deve il Collegio pervenire con le censure di natura procedimentale, tutte relative all’omessa confutazione delle osservazioni che a suo tempo l’appellante propose all’AGCOM in sede istruttoria. Anzitutto, la P.A. procedente non è tenuta a considerare queste ultime nelle premesse e, nel corpo della motivazione, occorre che le valuti anche nel complesso o per questioni omogenee e coordinato, senza, però, necessità di disattenderle in maniera analitica e puntigliosa. In secondo luogo, in concreto non pare che l’impugnata deliberazione abbia omesso di dare, all’appellante come agli altri operatori interessati, sufficiente ed articolata contezza sugli obiettivi problemi per l’impianto dell’attività dell’appellante, del ritardo dell’ingresso nel mercato, della sua situazione finanziaria, dell’irrilevanza del numero dei clienti per MHz quale indicatore per la rilevazione delle asimmetrie di costo, ecc.

6. – Ciò permette al Collegio d’approfondire la questione, in modo assai articolato affrontata dal TAR, dell’erronea valutazione di quest’ultimo sul mancato utilizzo, da parte dell’AGCOM, dei dati di contabilità regolatoria dell’appellante stessa. In particolar,e nel quarto motivo, l’appellante si duole che, a differenza di quanto opina la sentenza impugnata per la quale essa avrebbe contestato il sistema di delayed approach (DA) ed avrebbe usato quello top down (TD), non si sarebbe mai riferita al DA e, anzi, sarebbe stata la stessa deliberazione n. 667/08/Cons a pretendere l’uso della contabilità regolatoria, anche se poi ha fissato i prezzi di terminazione senza valutare il tipo di contabilità prodottale e senz’attendere la certificazione di quest’ultima.

Anche questo motivo non convince, onde devesi sul punto confermare la sentenza appellata.

Per vero, l’appellante fin da subito aveva fatto constare la necessità che il decalage avvenisse solo in base alla predetta contabilità regolatoria e non con il DA.

Nondimeno, il TAR dà atto che la citata deliberazione è pervenuta "… alla determinazione dei costi unitari del servizio di terminazione mobile 20092011… facendo ricorso ad un modello di costo di tipo top down, definito sulla base dei dati di contabilità regolatoria forniti dagli operatori e sottoposti a certificazione da parte di un soggetto esterno…". In pratica, il TAR ha escluso che l’AGCOM si sia riferita in via esclusiva ad un modello di costo in base al DA, mentre essa ha operato sulla scorta dei dati di contabilità regolatoria effettivamente trasmessi dagli operatori e resile disponibili e, si badi, ciò riguarda pure l’appellante. I dati della contabilità di essa, per vero e per sua stessa ammissione, sono stati inviati all’AGCOM in adempimento di quanto stabilito con la deliberazione n. 628/07/Cons e durante la fase di consultazione pubblica aperta con la deliberazione n. 305/08/Cons. Sfugge allora al Collegio in che cosa mai si sostanzino nella specie, dapprima, l’omessa considerazione di tali dati (peraltro non chiaramente indicati a confutazione dei decisa dell’Autorità stessa) da parte dell’AGCOM e, poi, l’erronea valutazione del Giudice di prime cure (laddove, invece, imputa all’appellante l’assenza di completezza e di chiarezza del dato contabile orientato ai costi), per cui rettamente si ribalta verso di essa la doglianza del mancato rispetto dell’art. 50 del Codice.

È appena da soggiungere che l’AGCOM ha commissionata ad un soggetto terzo, da essa indipendente, l’analisi sui predetti dati, il quale ha poi rilevato svariate criticità e, soprattutto, l’imputazione di costi impropri al servizio di terminazione. A tal vicenda, quindi, è inopponibile il più volte invocato e ripetuto Par. 9) della raccomandazione del 7 maggio 2009, oltre che per quanto detto dianzi, anche per il giudizio d’evidente inattendibilità sul predetto dato contabile. È del pari inopponibile la decisione della Commissione UE del 16 ottobre 2009, malamente invocata in questa sede dall’appellante non tanto perché successiva all’atto impugnato in primo grado, quanto perché più orientata a promuovere l’uso efficiente dello spettro frequenziale (cui pure contribuisce la H. s.p.a. stessa man mano che si liberano le frequenze dianzi cennate). Non vale dunque invocare il principio di proporzionalità, in quanto nulla è innovato dall’AGCOM sul tipo di contabilità da tener in considerazione, l’appellante detiene un significativo potere nel mercato della terminazione sulla propria rete (su cui l’AGCOM ebbe modo d’effettuare la verifica di congruità e proporzionalità dell’ obbligo del controllo sui prezzi e sulla contabilità: deliberazione n. 628/07/Cons). Inoltre, essa ha goduto per un tempo rilevante di siffatte asimmetrie tariffarie, giustificabili sì, ma solo fin quando si son basate su effettive differenze di costi e, comunque, da eliminare progressivamente e nel più breve tempo possibile (arg. ex raccomandazione della Commissione in data 11 luglio 2007).

7. – In definitiva, l’appello va integralmente respinto. Le spese del presente giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando, respinge l’appello in epigrafe (ricorso n. 10701/2010 RG).

Condanna la Società ricorrente al pagamento, a favore delle parti resistenti e costituite, delle spese del presente giudizio ed in misura uguale tra loro, che sono nel complesso liquidate in Euro 10.000,00 (Euro diecimila/00), oltre IVA e CPA come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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