Cons. Stato Sez. III, Sent., 23-05-2011, n. 3096 Stranieri

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. L’attuale appellato, già ricorrente in primo grado, cittadino marocchino regolarmente residente in Italia, alla scadenza del suo permesso di soggiorno ne ha chiesto il rinnovo. Con atto emesso nell’anno 2005 l’Amministrazione ha negato il rinnovo, basandosi sulla circostanza che l’interessato aveva riportato, nel 1993, una condanna "patteggiata" per un reato inerente gli stupefacenti.

L’interessato ha proposto ricorso al Tribunale amministrativo di Trento, deducendo, in sintesi, che a suo danno era stata applicata la legge n. 189/2002, che ha configurato quel genere di condanne come causa ostativa al rilascio e al rinnovo del permesso di soggiorno. In tal modo, peraltro, era stata data a quella legge un’applicazione retroattiva, dal momento che nella fattispecie la condanna penale risaliva al 1993.

2. Il Tribunale amministrativo ha accolto il ricorso, condividendo la tesi della non retroattività della legge del 2002. Di conseguenza, ha osservato, quel precedente penale non poteva essere considerato tassativamente ostativo, ma, al più, valere come elemento da valutare nell’ambito di una complessiva e discrezionale disamina del soggetto. Disamina che, peraltro, non era stata condotta e che, ove lo fosse stata, poteva verosimilmente concludersi in senso favorevole all’interessato.

3. La sentenza è stata appellata dall’Amministrazione dell’Interno, la quale sostiene che il principio di nonretroattività della legge nella fattispecie non può essere richiamato.

La domanda cautelare annessa all’atto di appello è stata respinta.

4. Nel merito, il Collegio osserva che in linea di massima è corretta la tesi esposta dall’Avvocatura dello Stato, nel senso che il principio di nonretroattività non è pertinente al fine di escludere l’applicazione delle misure più restrittive introdotte con legge n. 189/2002 (che ha modificato l’art. 4, comma 3, del t.u. n. 286/1998) nel caso di condanne penali riportate anteriormente.

Tuttavia nella fattispecie si deve giungere alla conferma della sentenza appellata, in quanto nella fattispecie la sentenza penale del 1993 era stata pronunciata ai sensi dell’art. 444 c.p.p. (patteggiamento).

Sul punto si è formata giurisprudenza consolidata, nel senso che, di massima, anche le condanne penali riportate anteriormente alla legge n. 189/2002 comportano l’applicazione di quest’ultima, tranne però che si tratti di sentenze "patteggiate". Ed invero, l’istituto del patteggiamento implica, da parte dell’imputato, una consapevole valutazione degli effetti che deriveranno dalla sua adesione all’applicazione della pena. La legge sopravvenuta, che aggravi significativamente gli effetti del patteggiamento, non può dunque essere applicata con riferimento alle sentenze già emanate.

5. Tanto basta per confermare la sentenza appellata. Ne consegue che, come giudicato in primo grado, l’Amministrazione non potrà considerare tassativamente ostativo l’episodio del 1993, ma dovrà procedere ad una valutazione complessiva della personalità dell’interessato, che tenga conto di tutti gli elementi rilevanti, favorevoli e sfavorevoli.

Non vi è luogo a provvedere sulle spese non essendovi stata costituzione di controparti.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,

rigetta l "appello.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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