Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 20-04-2011) 20-05-2011, n. 19981 Giudizio d’appello sentenza d’appello

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

per omessa motivazione sulla recidiva.
Svolgimento del processo

Con sentenza del 5 maggio 2010, la Corte d’Appello di Torino ha parzialmente confermato, modificando la pena in diminuzione, la sentenza del Tribunale di Torino, emessa a seguito di giudizio abbreviato il 9 dicembre 2009, con la quale l’imputato era stato condannato, per i reati di cui agli artt. 337, 582 e 585 c.p., art. 576 c.p., comma 1, n. 1), e del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73 con la recidiva reiterata, specifica, infraquinquennale, e l’applicazione della continuazione, ritenuto più grave il reato di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, rispetto al quale era stata riconosciuta l’equivalenza della circostanza attenuante di cui al comma 5 dello stesso articolo sulla contestata recidiva.

Avverso tale decisione l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, chiedendo, in riferimento al reato principale, quello di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, per carenza della motivazione circa la mancata esclusione della recidiva.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

La Corte d’appello ha provveduto sul complesso del trattamento sanzionatorio confermando, quanto alla ritenuta recidiva, la sentenza di primo grado.

Essa, infatti, ha affermato che l’appello, unicamente riferito alla pena, "può ritenersi in parte meritevole di accoglimento" e ha rideterminato, in diminuzione, gli aumenti per la continuazione per i reati satellite, ferma restando la pena per il reato più grave, quello di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73.

Una tale motivazione appare sufficiente, perchè, nel caso di specie, le censure mosse dall’appellante alla sentenza di primo grado non contengono elementi nuovi rispetto a quelli già esaminati e disattesi da detta sentenza, quali la modestia dei precedenti e del quantitativo di stupefacente detenuto.

Trova applicazione, infatti, il principio affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il giudice d’appello può legittimamente avvalersi della tecnica della motivazione per relationem a condizione che le censure mosse dall’appellante alla sentenza di primo grado non contengano elementi nuovi rispetto a quelli già esaminati e disattesi dal primo giudice (ex plurimis, Sez. 5^, 8 aprile 1999, n. 4415; Sez. 5^, 11 giugno 1999, n. 7572;

Sez. 6^, 15 luglio 2004, n. 31080; Sez. 3^i, 16 febbraio 2011, n. 8424).

2. – Ne consegue il rigetto del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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