Cons. Stato Sez. III, Sent., 23-05-2011, n. 3094 Ricorso per revocazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La domanda di revocazione ora in esame giunge all’esito di un complesso contenzioso di cui conviene riassumere i passaggi essenziali.

1.1. Con delibera n. 460 del 28 maggio 2002, la Giunta regionale della Calabria ha inteso attuare un meccanismo di "abbattimento tariffario" relativamente alle prestazioni di specialistica ambulatoriale pubblica e privata accreditata, nel caso di superamento delle quantità prestabilite in sede di programmazione della spesa.

Detta delibera è stata impugnata con ricorso straordinario da talune strutture private accreditate. Il ricorso è stato accolto con decreto del Presidente della Repubblica del 6 aprile 2004, su conforme parere del Consiglio di Stato.

L’accoglimento era motivato con la considerazione che i contenuti di quella delibera si sarebbero dovuti determinare all’esito di una negoziazione con le strutture interessate ovvero, qualora risultasse impossibile un accordo, mediante una motivata comparazione degli interessi contrapposti.

1.2. A seguito dell’accoglimento del ricorso straordinario, è insorta la questione se di esso potessero giovarsi anche i soggetti diversi da quelli che lo avevano proposto; vale a dire, se la delibera n. 460 si dovesse ritenere annullata erga omnes oppure solo nei confronti dei ricorrenti.

Anche la società ora resistente (già appellata e ricorrente in primo grado) che non aveva impugnato la delibera n. 460 ha chiesto alla Regione di giovarsi del suo annullamento. Successivamente ha proposto ricorso al T.A.R. Calabria, sede di Catanzaro, per far dichiarare l’illegittimità del silenziorifiuto e quindi l’obbligo di provvedere.

Il T.A.R. di Catanzaro ha accolto il ricorso, recependo la tesi che l’annullamento disposto con il citato d.P.R. abbia effetto erga omnes, e che di conseguenza se ne giovino tutti i soggetti interessati, a nulla rilevando in contrario che non avessero impugnato la delibera n. 460 e neppure gli atti ad essa conseguenziali.

Conclusivamente il T.A.R. ha affermato che la Regione deve riesaminare il contenuto della delibera anche per quanto riguarda la società ora resistente, ma non ha dato altre prescrizioni o indicazioni al riguardo, salvo richiamare quanto già detto dal Consiglio di Stato in sede consultiva riguardo alla necessità del bilanciamento degli interessi.

1.3. La Regione Calabria ha proposto appello contro la sentenza del T.A.R. Catanzaro. L’appello è stato respinto con la sentenza di cui la Regione medesima ora chiede la revocazione.

La sentenza della V Sezione del Consiglio di Stato riproduce e fa argomentatamente proprie le conclusioni cui era giunto il T.A.R.

2. La Regione Calabria propone ora domanda di revocazione della sentenza della V Sezione.

La domanda è riferita all’ipotesi di cui all’art. 395, n. 4., c.p.c.: erronea supposizione dell’esistenza (ovvero della inesistenza) di un fatto, la cui inesistenza (o rispettivamente la cui esistenza) risulti invece palesemente dagli atti e non abbia formato oggetto di contestazione.

In particolare, la Regione istante si richiama al principio giurisprudenziale per cui tale vizio revocatorio sussiste anche nell’ipotesi in cui il giudice abbia totalmente ignorato un motivo di ricorso, ovvero una eccezione, presenti negli atti difensivi delle parti.

Nella fattispecie, sarebbe stato ignorato un motivo di appello – il quarto – articolatamente esposto dalla Regione nell’impugnazione della sentenza di primo grado.

Con detto motivo di appello si sosteneva che, alla luce della normativa comunitaria in materia di tariffe dei servizi pubblici nonché di quella in materia di aiuti di stato, non sarebbe dovuta la rideterminazione dei criteri di remunerazione delle prestazioni rese extrabudget dalle strutture private accreditate.

3. Al ricorso per revocazione resiste la parte già ricorrente in primo grado e poi appellata.

Viene eccepita l’inammissibilità della sua costituzione, in quanto avvenuta il 10 maggio 2011, quindi ben oltre la scadenza del termine di cui all’art. 46, comma 1, c.p.a. (sessanta giorni dalla ricevuta notificazione.

L’eccezione appare infondata, perché il termine in questione (come quello previsto dalle corrispondenti disposizioni vigenti anteriormente al c.p.a.) non va considerato perentorio, ossia comportante la decadenza dalla facoltà di costituirsi in giudizio. Quel termine, invece, ha una funzione dilatoria e di garanzia, nel senso che, sino a che esso sia pendente, il giudizio non può essere definito in assenza del resistente. Se però il resistente si costituisce, pur tardivamente, ma prima che il ricorso sia stato deciso, la costituzione è ammissibile.

4. Quanto al merito, il Collegio osserva che, in effetti, la decisione della V Sezione non prende esplicitamente in esame il quarto motivo di appello.

Resterebbe, tuttavia, da verificare se si tratti di un vero e proprio "abbaglio dei sensi" rilevante ai fini della revocazione; ci si potrebbe invero chiedere se quel Collegio non abbia piuttosto inteso risolvere tutte le questioni con una motivazione sintetica, sostanzialmente esaustiva ancorché non riferita distintamente a tutte le prospettazioni dell’appellante.

Da tale questione tuttavia si può prescindere perché, anche ammettendo che si tratti di un vero e proprio "abbaglio dei sensi", esso non riguarderebbe un punto "decisivo" della controversia.

In effetti, il motivo di appello non preso in esame consisteva in una serie di argomentazioni le quali, poco o molto fondate che fossero, non erano comunque pertinenti alla materia del contendere in quella sede e dunque non avrebbero potuto svolgere un ruolo decisivo.

5. Le argomentazioni sviluppate nel quarto motivo, invero, si riferivano a vari aspetti della disciplina comunitaria in materia di tariffe dei servizi pubblici e di aiuti di stato, e pertanto potrebbero avere rilevanza, al più, ove si discutesse in concreto del quantum della remunerazione da riconoscere nel caso di prestazioni rese in eccedenza al budget prestabilito.

L’oggetto della discussione nelle pregresse fasi del presente giudizio, invece era ed è solamente di natura processuale: e cioè se la delibera regionale n. 460/2002 debba intendersi annullata con effetto erga omnes oppure con effetto limitato ai soggetti che l’hanno utilmente impugnata.

6. Che anche per le prestazioni extrabudget spetti una qualche forma di remunerazione non si può seriamente mettere in dubbio: non solo e non tanto perché ciò è previsto dall’art. 8quinquies del d.lgs. n. 502/2002, quanto perché la stessa Regione se ne è data carico emanando la delibera n. 460/2002 il cui oggetto era, appunto, la determinazione di quella remunerazione.

In altre parole, la Regione ha ritenuto necessario e doveroso regolamentare l’extrabudget e lo ha fatto mediante la delibera n. 460. Conviene sottolineare che la Regione non ha mai revocato o annullato detta delibera, anzi sostiene che essa debba tuttora applicarsi nei confronti dei soggetti diversi da quelli che l’hanno impugnata con il ricorso straordinario.

Trattandosi dunque di un atto necessario e doveroso, ancorché non predeterminato (anzi discrezionale) nel contenuto, è chiaro che una volta che esso sia stato annullato l’autorità emanante è tenuta ad esercitare nuovamente il relativo potere discrezionale, per colmare il vuoto normativo.

7. In questa situazione, il T.A.R. Catanzaro e la V Sezione hanno motivatamente affermato che l’annullamento della delibera n. 460 ha effetto favorevole anche nei confronti di coloro che l’avevano impugnata; e che questi dunque hanno titolo e ragione di pretendere che il nuovo esercizio del potere – conseguente all’annullamento – riguardi anche la loro posizione.

Intorno a queste conclusioni si potrà forse discutere, ma non certo in questa sede, non essendo questo il compito del giudice della revocazione.

Ai fini della revocazione, invece, è sufficiente osservare che tutte le dissertazioni già svolte dall’appellante nel quarto motivo e ora riproposte con la domanda di revocazioni sono assolutamente non pertinenti alla questione (l’unica) dibattuta nelle precedenti fasi del giudizio.

8. La domanda di revocazione va dunque giudicata inammissibile.

Le spese faranno carico alla parte soccombente.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) dichiara inammissibile la domanda di revocazione.

Condanna la Regione Calabria al pagamento delle spese legali in favore della controparte costituita, liquidandole in Euro 1.500 oltre agli accessori di legge ed alle spese successive che occorrano.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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