Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 20-04-2011) 20-05-2011, n. 19975 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 26 giugno 2009, la Corte d’Appello di Bologna ha confermato la sentenza del Tribunale di Bologna, emessa a seguito di giudizio abbreviato il 18 novembre 2008, con la quale E. era stata condannata, in concorso con altro soggetto, per il reato di cui agli artt. 81 e 110 c.p., del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, commi 1 e 1-bis, con l’attenuante di cui al comma 5 dello stesso articolo.

Avverso tale decisione la condannata ha proposto ricorso per cassazione, chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata, sul duplice rilievo dell’illogicità della motivazione: a) quanto alla responsabilità penale; b) quanto alla determinazione della pena e alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, in presenza di un corretto comportamento processuale e dello stato di tossicodipendenza.
Motivi della decisione

1. – Il ricorso è inammissibile, perchè proposto per motivi manifestamente infondati.

1.1. – Quanto motivo sub a), la sua manifesta inammissibilità deriva dal fatto che lo stesso non è supportato da alcuna argomentazione.

1.2. – Quanto motivo sub b), va rilevato che la sentenza impugnata contiene una sufficiente motivazione in ordine alla determinazione della pena e alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Essa, infatti, oltre a richiamare per relationem la sentenza di primo grado, specifica che il trattamento sanzionatorio disposto tiene conto della rilevante capacità criminale dell’imputata, desunta, tra l’altro, da: a) le modalità di svolgimento del fatto, che avevano richiesto la predisposizione di un’organizzazione di mezzi, coinvolgevano più persone, riguardavano più sostanze stupefacenti, comportavano l’occultamento dello stupefacente nel cavo orale; b) la mancanza di fissa dimora.

A fronte di una siffatta motivazione – che, in forza di quanto appena osservato, deve essere ritenuta congrua ed esente da vizi logici – la censura della ricorrente si risolve, in sostanza, nella richiesta di una rideterminazione della pena, che si concretizza in un riesame del merito della sentenza impugnata, precluso in sede di legittimità.

Deve, infatti, farsi richiamo alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il controllo sulla motivazione demandato al giudice di legittimità resta circoscritto, in ragione della espressa previsione normativa dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), al solo accertamento sulla congruità e coerenza dell’apparato argomentativo, con riferimento a tutti gli elementi acquisiti nel corso del processo, e non può risolversi in una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o dell’autonoma scelta di nuovi e diversi criteri di giudizio (ex plurimis, tra le pronunce successive alle modifiche apportate all’art. 606 c.p.p. dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46: Sez. 6, 29 marzo 2006, n. 10951; Sez. 6, 20 aprile 2006, n. 14054; Sez. 3, 19 marzo 2009, n. 12110; Sez. 1, 24 novembre 2010, n. 45578; Sez. 3, n. 8096 del 2011).

Anche tale censura deve, pertanto, essere dichiarata manifestamente infondata.

2. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonchè quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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