Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 19-04-2011) 20-05-2011, n. 20082 Decreto che dispone il giudizio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

C.M. ricorre a mezzo dei suoi difensori avverso la sentenza 13 marzo 2009 della Corte di appello di Roma (che ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma 9 giugno 2005 di condanna per il reato di calunnia in danno di F.M.R. e M.A.) deducendo vizi e violazioni nella motivazione nella decisione impugnata, nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati.

1.) i motivi di impugnazione.

Esistono in atti due diversi ricorsi, il primo dell’avv. Chiari ed il secondo dell’avv. Mursia.

Con un unico motivo di impugnazione il ricorso dell’avv. Chiari lamenta nullità delle sentenze di merito per intervenuta nullità dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare con derivata invalidità degli atti successivi e conseguenti.

A tal fine l’impugnazione ricostruisce in fatto la scansione degli eventi, precisando:

a) che il presente procedimento nasce a seguito di una denuncia- querela per minacce presentata dal C. nei confronti delle odierne parti civili M. e F., per il reato di minaccia:

all’atto della presentazione della querela, in data 3 febbraio 2001, il C. era indicato come residente in L.go (OMISSIS);

b) il relativo procedimento, all’esito delle indagini, si concludeva con decreto di archiviazione del 3 aprile 2002 e contestuale trasmissione degli atti al Pubblico Ministero per procedere nei confronti del C. per il reato di calunnia;

c) in data 16 giugno 2003, veniva iscritto autonomo procedimento per calunnia nei confronti del C. con numero di R.G 25049/03 N.R., come da frontespizio del fascicolo processuale che è stato allegato;

d) nel corso del procedimento a carico del C. per il reato di calunnia non si provvedeva a far eleggere o dichiarare allo stesso domicilio e l’avviso di fissazione della udienza preliminare, datato 4.3.2004, veniva notificato presso la precedente residenza di Lgo (OMISSIS).

Rileva quindi il ricorrente che nella specie è stata utilizzata la residenza risultante da un verbale di ricezione di denuncia-querela, presentata ben tre anni prima, per procedere ad una notifica nell’ambito di un diverso procedimento penale del tutto autonomo rispetto al primo, senza procedere ad una preliminare dichiarazione o elezione di domicilio nè tantomeno effettuare alcuna verifica anagrafica e ciò in piena violazione delle norme previste per le notificazioni.

La notifica avvenne in un luogo nel quale l’imputato non era più residente ed essa venne effettuata mediante consegna in busta sigillata a persona diversa dall’imputato, L.L.:

da ciò l’irritualità di una tale notifica che comportava l’omessa citazione dell’imputato, determinando una nullità assoluta ed insanabile ex art. 179 c.p.p..

In definitiva, nella specie, essendo stato omesso l’avviso di fissazione dell’udienza preliminare è stata di fatto tolta all’imputato la possibilità di partecipare alla stessa personalmente, di indicare nuovi temi di indagine, di richiedere di essere interrogato e di optare per un rito alternativo.

Il ricorso dell’avv. Mursia, al primo motivo sviluppa con le medesime conclusioni dell’avv. Chiari il tema della nullità della notifica chiedendo la pronuncia di annullamento con rinvio della gravata sentenza per violazione dei diritti di difesa dell’imputato.

Con un secondo motivo si lamenta vizio di motivazione e travisamento del fatto, nonchè motivazione apparente in punto di affermazione di responsabilità, ottenuta nella più assoluta ignoranza delle analitiche e dettagliate argomentazioni difensive dell’atto di appello.

2.) le ragioni della decisione della Corte di legittimità.

L’unico motivo dell’avv. Chiari ed il primo motivo dell’avv. Mursia sono palesemente infondati.

Risulta infatti agli atti che il decreto che dispone il giudizio, per l’udienza del 14 febbraio 2005, avanti alla dr.ssa F. risulta notificato al C. in data 10 luglio 2004 a mani proprie nella sua residenza in Largo (OMISSIS), circostanza questa che rende ininfluenti le deduzioni difensive e non applicabile nel caso di specie la regola secondo cui l’indicazione di domicilio, fatta dal "querelante" nel procedimento a seguito del quale egli ha poi assunto, in altro procedimento, la veste di "calunniante", ha efficacia limitata all’unico procedimento nel quale è stata resa e non estende i suoi effetti ad altri procedimenti, salvo che dall’atto non risulti una diversa ed inequivoca dichiarazione dell’interessato (cfr. in termini: Cass. pen. sez. 6^, 49498/2009 Rv. 245650).

Ed invero le notifiche successive alla prima sono state eseguite presso il domicilio determinato a sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 2 e debbono ritenersi valide ed efficaci nel difetto di qualsiasi diversa e successiva dichiarazione od elezione di domicilio.

Neppure potrebbe essere invocato il disposto dell’art. 169 c.p.p., atteso che l’imputato aveva avuto, prima del trasferimento all’estero, precisa notizia del procedimento a suo carico ed era stato perciò posto in condizione di dichiarare o eleggere domicilio in Italia.

Quanto al secondo motivo, esso per come formulato non supera la soglia dell’ammissibilità.

L’esame della decisione impugnata – che si completa e si salda con la conforme decisione di primo grado – al di là delle contestazioni, anche al limite dell’inammissibilità svolte nel ricorso, evidenzia un lineare ed unitario filo argomentativo che da esaustiva contezza dell’iter logico giuridico che ha sotteso e giustificato la pronuncia di responsabilità, ed ha portato ragionevolmente ad escludere le ipotesi alternative, inefficacemente delineate e sviluppate nei due giudizi di merito, a fronte di un struttura ed un tessuto argomentato della motivazione che si sottrae a censure in sede di legittimità.

Il ricorso quindi, nella palese verificata coerenza logico-giuridica ed adeguatezza della motivazione, quale proposta nella decisione impugnata, va dichiarato inammissibile.

All’inammissibilità del ricorso stesso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende che si stima equo determinare in Euro 2.000,00 (duemila).

Il ricorrente va inoltre condannato alla rifusione delle spese, che liquida nella somma di Euro 2.640,00 oltre accessori, in favore delle parti civili F.M.R. e M.A..
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Condanna inoltre il ricorrente alla rifusione delle spese, che liquida nella somma di Euro 2.640,00 oltre accessori, in favore delle parti civili F.M.R. e M.A..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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