Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 19-04-2011) 20-05-2011, n. 20035

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 16 giugno 2010, la Corte d’Appello di Milano, 3A sezione penale, in parziale riforma della sentenza del GUP del Tribunale in sede, esclusa l’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 7 con riferimento ai capi 12), 13), 18), 19) e 20), non applicata la recidiva a P.L. e riconosciute al medesimo le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti contestate e non applicata la recidiva a B.P.C., rideterminava le pene inflitte a D.C.S. in tre anni sei mesi di reclusione e Euro 300,00 di multa in aumento alla pena inflitta con sentenza della Corte di appello di Brescia del 12.12.2009; a D.G. M. in sette anni otto mesi dieci giorni di reclusione ed Euro 1.560 di multa; a B.P.C. in quattro anni dieci mesi di reclusione ed Euro 840 di multa; a A.A. in quattro anni otto mesi di reclusione ed Euro 380 di Multa; a V. W. in un anno sei mesi venti giorni di reclusione ed Euro 280 di multa in continuazione con i fatti accertati con sentenza del GUP del Tribunale di Milano del 21.11.2007; a D.L.S. in un anno quattro mesi di reclusione ed Euro 240 di multa in aumento della pena inflitta con i fatti di cui alla sentenza della Corte di appello di Milano del 18.7.2008; a R.G. in tre anni sei mesi di reclusione ed Euro 760 di multa in aumento della pena inflitta con sentenza della Corte di appello i Milano del 18.7.2008; a P. L. in un anno sei mesi di reclusione ed Euro 300 di multa.

Assolveva B. dal reato di cui al capo 23 per non aver commesso il fatto e revocava la pena accessoria applicata nei suoi confronti.

Sostituiva la pena accessoria applicata ad A. con quella dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici. Confermava nel resto la sentenza impugnata, con la quale tutti gli imputati (ad eccezione di P.) erano stati dichiarati colpevoli del delitto di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di furti e di rapina ( D.C. con ruolo di promotore e organizzatore, D.G. con ruolo di organizzatore e gli altri con ruolo di partecipi) nonchè dei delitti di rapina (consumata e tentata), furto e ricettazione loro rispettivamente ascritti. La Corte territoriale, ripercorsi sinteticamente gli sviluppi delle indagini che avevano preso le mosse dalla individuazione di D.M. e tramite la sua utenza telefonica di D. C., D.G. e A., ritenuta corretta la qualificazione giuridica come tentate rapine dei fatti di cui ai capi 3, 4, 5 e 6 non ricorrendo i presupposti per ritenere volontaria la desistenza in ragione del contenuto delle conversazioni oggetto di intercettazione ed individuati gli elementi probatori a carico dei singoli concorrenti anche con riferimento ai furti e alle ricettazioni dei mezzi utilizzati per i tentativi e quindi per la consumazione della rapina ai danni della ditta Polyphoto nonchè in relazione ad altri furti e ricettazioni nonchè in particolare in ordine alla tentata rapina in danno della ditta CO.SPE.TRA. di cui al capo 5), riteneva provata la sussistenza del delitto di associazione per delinquere di cui al capo 1) al rilievo che l’organizzazione posta in essere attraverso il reperimento di mezzi e uomini era finalizzata alla consumazione di rapine ai danni non solo della Polyphoto e della CO.SPE.TRA. ma anche di altre di ditte (ad esempio quella di autotrasporti di (OMISSIS) di cui alla sentenza della Corte di appello di Brescia del 12.12.2008). Priva di rilievo era l’arco temporale di accertamento (peraltro non trascurabile perchè compreso tra il novembre 2006 e il febbraio 2007). L’esistenza di un programma comune era desumibile dalla reiterazione degli episodi, dalla quotidianità dei contatti e dall’automatismo dell’agire nonostante il contenuto scarno delle conversazioni, dall’esistenza di mezzi strumentali (il capannone di (OMISSIS)), dalla disponibilità e affidabilità dimostrata dai singoli partecipi, con ruolo organizzativo riconducibile a D.C. e D.G. e con distinti ruoli dei singoli associati per come emergente del contenuto delle conversazioni oggetto di intercettazione e partitamente esaminate.

Contro tale decisione hanno proposto tempestivi ricorsi gli imputati D.G.M. e P.L., a mezzo dei rispettivi difensori, V.W. e R.G., personalmente, che ne hanno chiesto l’annullamento per i seguenti motivi:

1) D.G.M.: – mancanza di motivazione e illogicità della stessa in relazione alla ritenuta sussistenza del reato si associazione per delinquere, con ruolo di organizzatore, per non avere la sentenza impugnata affrontato le specifiche doglianze mosse dagli appellanti, pur avendo dato atto del limitato arco temporale in cui le condotte illecite si sono dispiegate, per aver definito come "rudimentale" l’apparato organizzativo in contraddizione con l’assunto di "elevata professionalità" contenuto nella sentenza di primo grado, laddove gli elementi esaminati sarebbero potuti valere per qualificare l’intensità del dolo in relazione ai singoli delitti di rapina che tali rimangono e non possono valere a sostenere l’assunto di esistenza di un’ associazione per delinquere e tanto meno il ruolo di organizzatore; – illogicità della motivazione ed erronea applicazione della legge penale in relazione alla ritenuta sussistenza dei reati di tentata rapina pluriaggravata di cui ai capi 3, 4, 5 e 6 e mancanza di motivazione in ordine al riconoscimento della continuazione interna tra gli episodi di cui ai capi 3 e 4, per avere la Corte territoriale qualificato le azioni e le intenzioni quali elementi tipici del delitto di cui all’art. 628 c.p., perchè comunque le motivazioni adottate per escludere la desistenza volontaria in relazione ai singoli episodi non consentirebbero di parlare di tentate rapine bensì di tentati furti: la rinuncia in ragione della rilevata presenza di terze persone esclude che gli agenti si siano prospettati la consumazione di una rapina.

Diversamente, all’interno di una programmazione unitaria volta alla commissione di una rapina, non può qualificarsi come esterno o come fonte di rischio colui che, per dettato normativo, dovrebbe rivestire la qualità di persona offesa del reato; – mancanza, illogicità della motivazione ed erronea applicazione della legge penale in relazione alla ritenuta sussistenza delle aggravanti dell’uso delle armi e del nesso teleologico nei reati di tentata rapina pluriaggravata di cui ai capi 3, 4, 5 e 6; – mancanza, illogicità della motivazione ed erronea applicazione della legge penale in relazione alla ritenuta sussistenza dei reati di ricettazione di cui ai capi 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20 e 23 non essendo dato comprendere le motivazioni che hanno indotto il GIP prima e la Corte di appello poi a propendere per tale qualificazione giuridica piuttosto che per le diverse possibili qualificazioni (furto, incauto acquisto, favoreggiamento reale), tanto più che proprio nella motivazione della sentenza di primo grado si da atto che alcuni furti vennero commessi su disposizione di D.G.; – mancanza della motivazione ed erronea applicazione della legge penale in relazione alla mancata concessione delle attenuanti generiche per non aver preso in considerazione gli specifici motivi di appello in ordine alla risalenza nel tempo dei precedenti penali e sulla resipiscenza dimostrata attraverso lo svolgimento di regolare attività lavorativa;

2) ricorso di P.L.: – violazione dell’art. 56 c.p., comma 3 in relazione alla ritenuta sussistenza del tentativo di rapina in danno della ditta CO.SPE.TRA, srl di cui al capo 5) posto che la desistenza è stata volontaria una volta verificato che quanto contenuto nei container non era di loro interesse;

3) ricorso di R.G.: – carenza e illogicità della motivazione nonchè inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 416 c.p. perchè, a fronte degli specifici motivi di appello con i quali si era evidenziata l’esiguità dei contatti concentrati solo in occasione dei due tentativi di rapina in danno della Polyphoto e del tentativo in danno della COSPETRA, la sentenza si limita a dare rilievo alla sinteticità delle comunicazioni tra gli interlocutori;

4) ricorso di V.W. per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione: – in relazione al reato associativo, perchè a fronte degli specifici motivi di appello (con i quali si era evidenziata la sporadicità dei contatti, esclusivamente con D.C., solo in concomitanza con gli episodi del (OMISSIS), senza consapevolezza delle attività svolte dall’associazione e senza implicazione nel tentativo di rapina di cui al capo 5, dal quale era stato assolto, la sentenza impugnata si limitava a ribadire come elementi indizianti la partecipazione al tentativo di rapina del (OMISSIS) e alla rapina del (OMISSIS) sempre ai danni della Polyphoto e ripetere aveva procurato al gruppo l’autovettura Alfa 146 utilizzata per la rapina del (OMISSIS); – in relazione al tentativo di rapina del (OMISSIS), perchè, nonostante gli specifici motivi di appello con i quali si era posto in rilievo la totale mancanza di contatti riguardanti le "iniziative da intraprendere" e (quello che più rileva) la completa insussistenza di comunicazioni inerenti il rinvio del "colpo" e l’omessa rilevazione della sua presenza da parte degli agenti di p.g. in servizio di osservazione sia sul luogo del fatto sia al rientro in (OMISSIS), la sentenza si è limitata a dare rilievo alle due telefonate dimostrative del fatto, ad avviso della Corte territoriale, che avrebbe parlato e si sarebbe visto con D.C. la sera prima; – in ordine alla ricettazione dei veicoli di cui ai capi 12, 16, 17 e 23 per avere la sentenza impugnata fatto acriticamente sue le motivazioni della sentenza di primo grado, nonostante con l’atto di appello si fossero dettagliatamente e specificamente criticate.
Motivi della decisione

1. Ricorso nell’interesse di D.G.M..

1.1. Il primo motivo di ricorso è infondato perchè la sentenza impugnata ha congruamente giustificato il convincimento dell’esistenza di un’ organizzazione, ancorchè rudimentale, avendola desunta da una serie di elementi indiziari costituito, oltre che dalla reiterazione delle condotte criminali, dall’automatismo nell’assunzione dei compiti delegati, della stringatezza delle conversazioni sintomo di un collaudato e sperimentato modo di operare, dalla intercambiabilità dei soggetti, dalla disponibilità manifestata dagli stessi, dalla individuazione dei soggetti costituenti punti di riferimento e quindi individuati come organizzatori, dalla esistenza di strutture messe al servizio dell’organizzazione (ad es. in capannone di (OMISSIS) dove venivano fatti confluire sia i mezzi strumentali alla consumazione dei reati fine sia i proventi degli stessi).

Va invero ribadito che:

In tema di associazione per delinquere, la ripetuta commissione, in concorso con i partecipi al sodalizio criminoso, di reati-fine integra, per ciò stesso, gravi, precisi e concordanti indizi in ordine alla partecipazione al reato associativo, superabili solo con la prova contraria che il contributo fornito non è dovuto ad alcun vincolo preesistente con i correi e fermo restando che detta prova, stante la natura permanente del reato "de quo", non può consistere nell’allegazione della limitata durata dei rapporti intercorsi.

(Cass. Sez. 2, 22.1-11.2.2010 n. 5424 Cass. Sez. 1, 18.2-25.3.2008 n. 12681).

Il ruolo di organizzatore è stato correttamente desunto dal contenuto delle conversazioni oggetto di intercettazione e puntualmente indicate in funzione del significato palese di riconoscimento da parte dell’interlocutore del ruolo di comando del D.G.;

1.2. Il secondo di motivo di ricorso è ancora infondato perchè la sentenza impugnata trae il convincimento dell’insussistenza dell’ipotesi di desistenza volontaria non solo dalle ammissioni dei concorrenti e dall’accertamento che la rapina fu successivamente consumata ma anche dal contenuto delle conversazioni intercettate dimostrative che la scelta di interrompere l’azione fu conseguente non a libera determinazione ma al frapporsi di ostacoli volta a volta diversi. Quanto alla critica attinente alla qualificazione giuridica (tentati furti anzichè tentate rapine) si osserva innanzi tutto che essa è inammissibile perchè proposta per la prima volta in questa sede e comunque l’intendimento di portare a segno rapine è giustificato dall’uso di arma esibita e bene in vista (come risulta dalla sentenza allorchè riporta quanto riferito dal custode E. Z.M. per il capo 5) ovvero dalla strategia di studiare il comportamento e gli spostamenti del custode G. (per i tentativi in danno della Polyphoto) tanto che in sentenza si pone in evidenza (per il capo 6 in particolare) che proprio l’assenza del custode determinò la scelta di rinunciare;

1.3. il terzo motivo di ricorso è inammissibile perchè propone questioni sollevate per la prima volta con il presente ricorso, sebbene proponibili con l’appello e quindi in violazione di quanto stabilito dall’art. 606 c.p.p., comma 3.

Nè si tratta di questioni rilevabili d’ufficio perchè l’insussistenza dell’aggravante dell’uso di armi e del nesso teleologico presuppone un accertamento in fatto, non consentito in questa sede. Poichè le questione non erano state proposte con l’appello, la Corte territoriale, stante il limite devolutivo dell’impugnazione, non poteva occuparsene, sicchè alla sentenza impugnata per questi profili non può esser mossa alcuna critica.

1.4. Il quarto motivo di ricorso è inammissibile per carenza di interesse. Ed invero il delitto di furto pluriaggravato ( art. 624 c.p., art. 625 c.p., nn. 2 e 7) è punito con la pena detentiva da tre a dieci anni, superiore a quella prevista per il meno grave delitto di ricettazione.

1.5. L’ultimo motivo di ricorso è manifestamente infondato, perchè la sentenza impugnata non ha trascurato di prendere in considerazione gli elementi di natura fattuale rappresentati dall’appellante al fine sollecitare un giudizio di meritevolezza delle attenuanti generiche.

In particolare la circostanza che egli lavorasse è stata valutata come indice di maggior pericolosità sociale. Tale motivazione non è stata oggetto di critica e quindi rimane come valido elemento (in uno all’accertata negativa valutazione dei precedenti penali) giustificativo del convincimento sul punto.

2. Il ricorso di P.L. è infondato.

Va invero ribadito che l’esimente della desistenza volontaria nel tentativo non richiede un’autentica resipiscenza, potendo essere giustificata da motivi di qualsiasi natura, anche utilitaristici, ma necessita di una deliberazione assunta in piena libertà, indipendentemente da fattori esterni suscettibili di influire sulla determinazione dell’agente (Cass. Sez. 1, 26.2-18.3.2009 n. 11865).

Nel caso in esame la decisione di non impossessarsi dei beni rinvenuti all’interno del container è conseguita alla constatazione che quanto in esso contenuto non corrispondeva a ciò che i rapinatori si aspettavano di trovare. E’ stato tale fattore esterno a determinare la decisione di interrompere l’azione e non la libera scelta dei soggetti agenti.

3. Anche il ricorso di R.G. è infondato. La sua partecipazione è stata ritenuta provata in ragione non solo della partecipazione ai tentativi di rapina a lui addebitati, ma anche dall’elemento ulteriore delle conversazioni telefoniche, del linguaggio stringato sintomatico dell’abitudine ai contatti con gli altri partecipi. Valgono anche per R. i principi ermeneutica richiamati per il ricorrente D.G..

4. Ricorso di V.W..

4.1. Il primo motivo di ricorso è infondato.

Agli articolati motivi di appello la sentenza ha risposto. Avendo riportato le conversazioni telefoniche e avendo formulato congrue considerazioni sull’appartenenza alla compagine associativa per il rapporto diretto con D.C. e per l’affidamento che questi gli aveva dimostrato, nella consapevolezza degli altri partecipi (sintomatica è considerata la conversazione tra D.C. e Re.). In quanto motivazione non manifestamente illogica, non può essere oggetto di censura in questa sede.

Le circostanze indicate dalla difesa (partecipazione limitata, le poche telefonate, i risultati dei servizi di osservazione) sono state per implicito disattese in ragione della ritenuta valenza dimostrativa degli altri elementi considerati.

4.2. Il secondo motivo di ricorso, che critica la sentenza impugnata per non aver risposto ai motivi di appello in ordine alla responsabilità per il tentativo di rapina del 21.2.07 (capo 6), è infondato. La sentenza da rilievo alla circostanza che tra V. e D.C. vi sono state due telefonate la sera prima del tentativo in esame (pagg. 19-20 sentenza), in conformità ai contatti avuti con gli altri complici. Alle ulteriori osservazioni sollevate con l’appello (assenza di telefonate successivamente alla decisione di rinviare la rapina; assenza di indicazioni della sua presenza da parte degli agenti di p.g. in servizio di osservazione) la risposta è data per implicito in ragione del rapporto privilegiato con D. C. e della successiva certa sua partecipazione.

4.3. Alle medesime conclusioni deve pervenirsi in ordine al terzo motivo. "Gli elementi di natura fattuale che erano stati evidenziati con l’appello (l’uso di automezzi di proprietà dei coimputati ecc;

l’assenza di elementi idonei a provare la sua consapevolezza dell’illecita provenienza degli altri automezzi impiegati) sono stati disattesi avendo la sentenza dato rilievo all’elemento costituito dalla partecipazione alla rapina tentata di cui al capo 6 e alla rapina consumata del 23.2.07. Inoltre il contesto della motivazione, avendo giustificato il convincimento della sua partecipazione alla compagine associativa ed alla metodologia propria della stessa (specie in relazione alla necessità di disporre di autocarri di grosse dimensioni), completa l’argomentazione e vale come risposta congrua ai rilievi difensivi.

5. I ricorsi devono in conseguenza essere rigettati, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *