Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 22-09-2011, n. 19269 Lavoro subordinato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’appello di Roma, in riformi, della sentenza di prime cure, ha condannato C.S. al pagamento, nei confronti di M.A., suo ex dipendente, della somma complessiva di Euro 447,32 a titolo di differenze retributive, tredicesima mensilità e trattamento di fine rapporto.

Riteneva, contrariamente a quanto affermato nel giudizio di prima istanza, che le prove acquisite fossero sufficienti a dimostrare che fra le parti era intercorso un rapporto di lavoro subordinato.

Escludeva, peraltro, la sottoposizione del rapporto alla disciplina collettiva di settore e rigettava, per mancanza di prova, la domanda fondata sull’assunto dello svolgimento di lavoro straordinario.

Per la cassazione della suddetta sentenza propone ricorso il C. affidato a due motivi illustrati da memoria. Il M. resiste con controricorso.
Motivi della decisione

Il Collegio ha disposto che sia adottata una motivazione semplificata.

Col primo motivo di ricorso il Cardia denuncia violazione degli artt. 2094, 2095, 2969 e 2721 cod. civ. e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. deducendo l’erroneità delle statuizioni della sentenza impugnata relative alla sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato e alla valutazione delle prove. Ad avviso del ricorrente la Corte territoriale avrebbe sostanzialmente disapplicato i principi dettati dalla giurisprudenza in materia di accertamento di un rapporto di lavoro subordinato, con particolare riferimento ai profili della soggezione gerarchica, organizzativa e disciplinare.

Col secondo motivo il ricorrente denuncia il vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per la decisione, costituito, in buona sostanza, nella valutazione della sussistenza, all’esito dell’esame delle prove acquisite, di un rapporto di lavoro subordinato fra le parti.

I suddetti motivi che, in quanto logicamente connessi, devono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.

Deve premettersi che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (cfr., ad esempio, Cass. 3 marzo 2009 n. 5079 e Cass. 11 febbraio 2004 n. 2622), le statuizioni del giudice de merito circa l’esistenza del vincolo della subordinazione sono censurabili in sede di legittimità soltanto sotto il profilo della determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto, mentre costituisce accertamento di fatto – come tale incensurabile in tale sede se sorretto da motivazione adeguata e immune da vizi logici e giuridici – a valutazione delle risultanze processuali che hanno indotto il giudice di merito ad includere il rapporto controverso nell’uno o nell’altro schema contrattuale.

Nel caso di specie deve osservarsi che la Corte territoriale ha correttamente individuato, in relazione alla peculiarità della fattispecie esaminata, quale parametro indicativo della configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato, la sottoposizione del M. al potere organizzativo e gerarchico del C.. In particolare la Corte di merito ha attribuito rilievo decisivo al potere direttivo esercitato dal C. nei confronti del M., alla sussistenza di un orario di lavoro e alle mansioni di aiutante del C. svolte dal M. (che dimostrano il suo inserimento nella struttura organizzativa del primo). Tali parametri devono essere considerati corretti alla luce della giurisprudenza di questa Corte di legittimità (cfr., in particolare, Cass. 5 aprile 2006 n. 7966) secondo cui la subordinazione o meno del rapporto prescinde, di norma, dalla natura dell’attività lavorativa, attenendo, piuttosto, specificamente alla soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo, di controllo e disciplinare del datore di lavoro. Non appaiono pertanto fondate, in applicazione dei principi sopra enunciati, le censure, peraltro poco puntuali, concernenti la violazione delle norme in tema di subordinazione.

Per quanto riguarda le altre censure deve rilevarsi che esse si risolvono, in sostanza, nella critica alla valutazione delle prove fatta dalla Corte di merito per stabilire la sussistenza, o meno, di un rapporto di lavoro subordinato. Ed infatti il ricorrente deduce, in particolare, l’inadeguata valutazione, da parte del giudice del gravame, delle risultanze che sarebbero emerse dalle affermazioni di alcuni testi.

Deve osservarsi in proposito che, secondo il costante insegnamento di questa Corte di legittimità (cfr., ex plurimis, Cass. 21 aprile 2006 n. 9368), in tema di giudizio di cassazione, la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta ai suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge).

Alla luce dei principi sopra ricordati i motivi di ricorso sono del tutto infondati in quanto la motivazione della Corte, circa la valutazione delle prove ai fini della configurabilità, nel caso di specie, di un rapporto di lavoro subordinato, deve ritenersi adeguata e immune da vizi logici e giuridici.

Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

In applicazione del criterio della soccombenza il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 50,00 oltre Euro 3000,00 (tremila/00) per onorari e oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 10 maggio 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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