Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 13-04-2011) 20-05-2011, n. 20027

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

a, del foro di Parma, che chiede l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo

D.B.F., tramite difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza, in data 22.2.2010, con cui la Corte d’Appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza 13.3.2008 del Tribunale di Pisa, rideterminava, in anni due, mesi due di reclusione ed Euro 2.100,00 di multa, la pena inflitta al D. B. per i reati, unificati dalla continuazione, di ricettazione di una imbarcazione e relativo motore e per il delitto continuato di truffa (mediante l’utilizzo di documenti alterati e dati falsi, al fine di ottenere due finanziamenti dalla Banca Clarima di (OMISSIS)).

Il ricorrente chiedeva l’annullamento della sentenza impugnata deducendo:

1) mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione, laddove la Corte territoriale aveva, dapprima, qualificato la madre dell’imputato come intestataria legale e gestore della ditta Albatros, nel cui capannone era stato trovato il bene oggetto dell’imputazione e, successivamente, aveva ritenuto il D. B. gestore di detta ditta per attribuirgli, sulla base di tale erroneo convincimento, la responsabilità per il reato di ricettazione;

2) inosservanza o erronea applicazione degli artt. 648 e 640 c.p.;

l’imputato era stato ritenuto colpevole del reato di ricettazione sull’unico presupposto che egli fosse il gestore della ditta Albatros, in assenza di ogni motivazione sull’elemento soggettivo del reato; quanto al delitto di truffa difettava la prova che il D. B. fosse stato l’autore dell’artificio contestato, posto che la semplice trasmissione via fax dei documenti poi risultati contraffatti, non valeva a dimostrare che la falsificazione fosse ascrivibile all’imputato medesimo.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato. Sotto il profilo apparente del vizio di motivazione il ricorrente, in realtà, prospetta una valutazione alternativa delle prove acquisite e delle circostanze di fatto accertate, esulante dal sindacato di legittimità, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata esente da vizi di manifesta illogicità.

In particolare, i giudici di merito hanno dato conto della responsabilità del ricorrente per i reati contestati, evidenziando che, secondo le testimonianze acquisite, egli "gestiva in toto l’attività intestata formalmente alla madre", sia quanto alla vendita delle imbarcazioni che quanto ai finanziamenti ad opera di istituti di credito; posto, quindi, che il D.B. operava in prima persona, era da escludere che egli non fosse stato a conoscenza del ricovero della imbarcazione rubata al T., "ritrovata in un capannone nella disponibilità della sua ditta".

I giudici di appello hanno pure adeguatamente motivato l’ascrivibilità al D.B. del reato di truffa, avuto riguardo al fatto che tutta la raccolta della documentazione avveniva ad opera sua ed era, quindi, "il solo artefice della macchinazione ai danni della banca". Va, pertanto, dichiarata l’inammissibilità del ricorso. Consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *