Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 12-04-2011) 20-05-2011, n. 20080 Associazione per delinquere Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

taniscia, Ingarrica, Bruzzese e Fusco in sost.ne dell’avv. A. Abbadessa.
Svolgimento del processo

1.-. Con sentenza in data 2-5-07 il GUP presso il Tribunale di Roma, all’esito di giudizio abbreviato, ha condannato:

1. F.S. per i reati a lei ascritti ai capi A) ( D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, commi 2 e 3: partecipazione ad associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti), D) (art. 81 cpv. c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73: commercializzazione di hashish), F) (art. 81 cpv. c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73:

detenzione e cessione a terzi di cocaina) ed E1) ( D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73: acquisto a fini di commercio di kg. 1 di cocaina), avvinti dal vincolo della continuazione, con le attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti, alla pena di anni sette e mesi quattro di reclusione, con interdizione perpetua dai pubblici uffici ed interdizione legale durante la esecuzione della pena;

2. D.W.C. per il reato di cui al capo B) della rubrica (artt. 110 e 81 cpv. c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73: quattro episodi di illecita detenzione e cessione di cocaina per quantitativi pari a svariati chili), riuniti i fatti sotto il vincolo della continuazione, con le attenuanti generiche prevalenti sulla contestata recidiva, alla pena di anni quattro di reclusione ed Euro quarantamila di multa, con interdizione per cinque anni dai pubblici uffici;

3. Fa.Fa. per i reati a lui ascritti ai capi A) ( D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, commi 2 e 3: organizzazione di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti), D) (art. 81 cpv. c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73: commercializzazione di hashish), F) (art. 81 cpv. c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73:

detenzione e cessione a terzi di cocaina), G) ( D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73: detenzione a scopo di cessione a terzi di hashish) ed E1) ( D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73: acquisto a fini di commercio di kg. 1 di cocaina), avvinti dal vincolo della continuazione, con le attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti, alla pena di anni nove e mesi quattro di reclusione, con interdizione perpetua dai pubblici uffici ed interdizione legale durante la esecuzione della pena;

4. M.G. per il reato a lui ascritto al capo J) della rubrica (art. 81 cpv. c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73: più acquisti di quantità imprecisate di hashish, poi cedute a terzi), riuniti i vari episodi sotto il vincolo della continuazione, con le attenuanti generiche prevalenti sulla contestata recidiva e con la attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, alla pena di anni uno di reclusione ed Euro duemila di multa;

5. A.F. per i reati a lui ascritti ai capi A) ( D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, commi 2 e 3: partecipazione ad associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti), avvinti dal vincolo della continuazione, con le attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante, alla pena di anni cinque e mesi quattro di reclusione, con interdizione perpetua dai pubblici uffici ed interdizione legale durante la esecuzione della pena;

6. N.C. per i reati a lei ascritti ai capi A) ( D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, commi 2 e 3: partecipazione ad associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti) ed S1) (art. 81 cpv. c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73: acquisti di cocaina in quantitativi oscillanti tra i tre ed i venti grammi per al successiva cessione ai soggetti elencati nel capo di imputazione, in numero di circa 92 episodi), avvinti dal vincolo della continuazione, con le attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante, alla pena di anni cinque e mesi quattro di reclusione, con interdizione perpetua dai pubblici uffici ed interdizione legale durante la esecuzione della pena;

7. C.F. per i reati a lui ascritti ai capi AH) ed AH1) della rubrica (art. 81 cpv. c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73: acquisti di cocaina ed hashish per la successiva cessione), avvinti dal vincolo della continuazione, con le attenuanti generiche e con quella di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, alla pena di mesi sei di reclusione ed Euro duemila di multa, con entrambi i benefici di legge;

8. Co.Mi. per i reati a lui ascritti ai capi D) e D1) della rubrica (art. 81 cpv. c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73:

detenzione illecita e commercializzazione di cocaina e hashish), avvinti dal vincolo della continuazione, con le attenuanti generiche, alla pena di anni due di reclusione ed Euro quattromila di multa, con la sospensione condizionale della pena;

9. D.M.E. per i reati a lui ascritti ai capi A ( D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, commi 2 e 3: partecipazione ad associazione dedita al narcotraffico), D), F) ed F2) della rubrica (art. 81 cpv. c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73:

commercializzazione e cessione di rilevanti quantitativi di cocaina), avvinti dal vincolo della continuazione, con le attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante, alla pena di anni cinque e mesi quattro di reclusione, con interdizione perpetua dai pubblici uffici ed interdizione legale durante l’esecuzione della pena;

10. Ma.Al. per i reati a lui ascritti ai capi A ( D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, commi 2 e 3: partecipazione ad associazione dedita al narcotraffico) e S) della rubrica (art. 81 cpv. c.p., art. 61 c.p., n. 9, e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73: acquisti di cocaina in quantitativi oscillanti fra i tre ed i venti grammi, per successiva cessione ai soggetti indicati nel capo di imputazione in numero di circa 71 episodi), avvinti dal vincolo della continuazione, con le attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante, alla pena di anni cinque e mesi quattro di reclusione, con interdizione perpetua dai pubblici uffici ed interdizione legale durante l’esecuzione della pena;

11. Ma.Ig. per il reato di cui al capo Z) della rubrica (art. 81 cpv. c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73: acquisto di quantitativi imprecisati di cocaina, poi ceduta a terzi), riuniti gli episodi contestati sotto il vincolo della continuazione, ritenuta l’ipotesi attenuata di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, con le attenuanti generiche, alla pena di mesi sei di reclusione ed Euro duemila di multa, con entrambi i benefici di legge;

12. P.M. per il reato di cui al capo T) della rubrica (art. 81 cpv. c.p., art. 61 c.p., n. 9, art. 110 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73: acquisto di quantitativi imprecisati di cocaina e hashish a fini di cessione a terzi), riuniti gli episodi contestati sotto il vincolo della continuazione, ritenuta l’ipotesi attenuata di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, con le attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante, alla pena di mesi nove di reclusione ed Euro duemila di multa, con entrambi i benefici di legge;

13. Pa.Vi. per il reato di cui al capo T) della rubrica (artt. 81 cpv. e 110 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73: acquisto e detenzione di quantitativi imprecisati di cocaina e hashish a fini di cessione a terzi), riuniti gli episodi contestati sotto il vincolo della continuazione, ritenuta l’ipotesi attenuata di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, con le attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante, alla pena di mesi sei di reclusione ed Euro duemila di multa, con entrambi i benefici di legge;

2.-. Con la sentenza di cui in epigrafe la Corte di Appello di Roma, in data 28-10-08, in parziale riforma della suindicata decisione, ha così deciso:

qualificato Fa.Fa. come partecipe ( D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 2), ha ridotto la pena a lui inflitta a anni otto di reclusione;

ha ridotto la pena inflitta a F.S. a anni sette di reclusione;

ha concesso il beneficio della non menzione della condanna a Co.Mi.;

ha confermato nel resto.

3.-. Avverso quest’ultima sentenza del 28-10-08 hanno proposto ricorso per cassazione, tramite i rispettivi difensori, gli imputati F.S., D.W.C., Fa.Fa., M. G., A.F., N.C., C. F., Co.Mi., D.M.E., Ma.

A., Ma.Ig., P.M. e Pa.Vi., chiedendone l’annullamento.

4.-. Fa.Fa. e F.S. (avv. Manfredo Rossi) in primo luogo eccepiscono la incostituzionalità del D.L. 23 maggio 2008, n. 92, art. 2, comma 2, lett. i), in relazione all’art. 77 Cost., comma 2, per manifesta carenza dei requisiti di straordinarietà, necessità ed urgenza.

Ad avviso dei ricorrenti, la intervenuta conversione in legge di detto decreto non avrebbe sottratto la decretazione d’urgenza al controllo di legittimità.

I due ricorrenti deducono altresì:

Vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della associazione di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74.

Segnatamente, a loro avviso, la rinuncia parziale ai motivi di gravame ad eccezione di quelli relativi alla qualifica di organizzatore ascritta a Fa.Fa. ed alla entità della pena inflitta ad entrambi, dovrebbe intendersi priva di valore giuridico in considerazione della successiva abrogazione dell’istituto del patteggiamento in appello.

Vizio di motivazione per omessa pronuncia in ordine alla dedotta sussistenza in via subordinata della minore ipotesi associativa di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 6.

Vizio di motivazione per omessa pronuncia in ordine alla dedotta richiesta di applicazione della diminuente di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5.

Vizio di motivazione per omessa pronuncia in ordine al governo della penalità.

Vizio di motivazione in ordine alla richiesta di esclusione di F.S. dalla partecipazione al reato associativo.

Vizio di motivazione per omessa pronuncia in ordine alla richiesta esclusione della confisca.

Con un secondo ricorso a firma dell’avv. Sandro D’Aloisi, Fa.

F. e F.S. eccepiscono la nullità della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e), per carenza di motivazione in riferimento alle pene loro rispettivamente inflitte.

5.-. L’avv. Giovanni Aricò, difensore di D.W.C., denuncia la totale assenza, grafica, della motivazione a corredo delle statuizioni contenute in sentenza (solo 13 righe) e, in ogni caso, la carenza ed illogicità della motivazione rispetto alle doglianze difensive contenute nell’atto di appello, con particolare riferimento alla affermazione di responsabilità dell’imputato, alla applicazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 e al trattamento sanzionatorio.

In particolare la Corte di merito nell’escludere il fatto di lieve entità in considerazione della pericolosità del gruppo con la continua azione delittuosa posta in essere avrebbe dimenticato che il D.W. non rispondeva del reato associativo.

Inoltre la statuizioni in punto di pena sarebbero contenute in una trattazione unitaria di ben 19 posizioni, compendiata in tre righe e mezzo.

In un ulteriore ricorso presentato nell’interesse di D.W. C. dall’avv. Marco Cavaliere si deduce:

La nullità della sentenza impugnata per la illegittima instaurazione del rapporto processuale.

In particolare, il ricorrente rappresenta che alla udienza del 14-10- 2008, stante il legittimo impedimento a comparire del D.W., era stato disposto lo stralcio della sua posizione con contestuale rinvio al 28-10-2008, mentre l’udienza per gli altri imputati era proseguita con le conclusioni del P.M. e dei difensori e si era conclusa con rinvio per la decisione al 28-10-2008.

In detta udienza la posizione del D.W. era stata riunita a quelle dei coimputati e, terminato l’esame delle questioni preliminari, la corte di Appello aveva invitato la difesa del D. W. a concludere e, dichiarato chiuso il dibattimento, si era ritirata in camera di consiglio per deliberare.

Ne derivava che il P.M. non aveva rassegnato le sue conclusioni nei confronti del D.W., non essendo possibile ritenere valide le conclusioni da parte dell’Accusa nei confronti di questo imputato rassegnate nella precedenza udienza del 14-10-08, alla quale il D. W. non aveva partecipato, non essendosi costituito nei suoi confronti il rapporto processuale, in quanto riconosciuto legittimamente impedito a comparire.

Carenza di motivazione in punto di affermazione della penale responsabilità del D.W. e manifesta illogicità della motivazione in riferimento al diniego della attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, argomentato con la pericolosità del gruppo con la continua azione delittuosa posta in essere, e quindi senza considerare che il medesimo D.W. non era imputato di reato associativo.

6.-. M.G. (difeso dall’avv.ssa Rossella Cicchetti) denuncia vizio di motivazione in punto di affermazione della sua responsabilità, in quanto la Corte di Appello si sarebbe limitata a rimandare genericamente al contenuto della sentenza di primo grado senza procedere all’esame della particolare posizione di esso ricorrente.

7.-. A.F. (difeso dall’avv. Francesco Bruzzese) deduce vizio di motivazione con particolare riferimento alla ritenuta sussistenza del reato associativo, alla esclusione delle ipotesi di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, contestato art. 74, comma 6 e di cui all’art. 73, comma 5 del medesimo decreto, trattandosi di cessioni di modesti quantitativi di sostanza stupefacente, e alla erronea contestazione della recidiva; censure tutte mosse nei motivi di gravame, ma non esaminate dalla Corte di merito.

8.-. N.C. (difeso dall’avv. Angelo Staniscia) denuncia carenza e manifesta illogicità della motivazione, in quanto la Corte di merito, dopo avere affermato la necessità nelle ipotesi di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 di un notevole apporto di mezzi finanziari giustificati dall’elevato costo dello stupefacente, avrebbe contraddittoriamente concluso per la sussistenza nel caso di specie del contestato reato associativo, pur sostenendo che la struttura in esame non era certamente dotata di mezzi notevoli.

9.-. C.F. (avv. Antonio Abbadessa) eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla affermazione della sua responsabilità, ribadendo la destinazione della sostanza stupefacente ad uso esclusivamente personale.

10.-. L’avv. Giovanni Aricò, difensore di Co.Mi., denuncia la totale assenza, grafica, della motivazione a corredo delle statuizioni contenute in sentenza (solo 13 righe) e, in ogni caso, la carenza ed illogicità della motivazione rispetto alle doglianze difensive contenute nell’atto di appello, con particolare riferimento alla affermazione di responsabilità dell’imputato, alla applicazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 e al trattamento sanzionatorio.

In particolare la Corte di merito nell’escludere il fatto di lieve entità in considerazione della pericolosità del gruppo con la continua azione delittuosa posta in essere avrebbe dimenticato che il Co. non rispondeva del reato associativo.

Inoltre la statuizioni in punto di pena sarebbero contenute in una trattazione unitaria di ben 19 posizioni, compendiata in tre righe e mezzo.

11.-. D.M.E. (difeso dall’avv. Renato Borzone) deduce:

Violazione di legge e vizio di motivazione in punto della sua riaffermata responsabilità per partecipazione ad associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico.

Violazione di legge e vizio di motivazione in punto della sua riaffermata responsabilità per i reati a lui ascritti ai capi D, E) ed F2).

Vizio di motivazione in punto di omessa riduzione della pena inflitta entro limiti più modesti.

Vizio di motivazione in punto di conferma della confisca della somma di Euro 3.600,00. 12.-. Il difensore di Ma.Al., avv. Manlio Ingarrica, denuncia in primo luogo vizio di motivazione, in quanto la Corte di Appello si sarebbe limitata a richiamare le argomentazioni della decisione di primo grado, senza assolutamente valutare le puntuali deduzioni svolte nei motivi di gravame.

Con il secondo motivo di ricorso lamenta carenza e contraddittorietà manifesta della motivazione in riferimento alla ritenuta insussistenza della attenuante speciale del fatto di lieve entità, trattandosi di episodi di spaccio di modestissime quantità di sostanza stupefacente, nonchè in riferimento alla esclusione della ipotesi minore di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 6.

Con il terzo motivo di ricorso eccepisce la violazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, lett. g), in quanto sarebbe rimasto accertato che il luogo di consegna della droga non era nè all’interno nè in prossimità dei luoghi indicati dalla norma predetta, nonchè la violazione dell’art. 61 c.p., n. 9, non essendo emersi collegamenti tra la attività di spaccio posta in essere e le funzioni di agente di custodia esercitate dal Ma.Al..

Con l’ultimo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla entità della pena inflitta.

13.-. Ma.Ig., con ricorso personalmente firmato, lamenta carenza di motivazione in ordine alla richiesta di applicazione della continuazione tra i fatti in esame e quelli già giudicati con la sentenza del Tribunale di Roma in data 11-5-06 (passata in giudicato in data 4-6-06).

14.-. P.M. e Pa.Vi., difesi dall’avv. Gianluca Tognozzi, deducono:

Carenza di motivazione in punto di affermazione della loro responsabilità per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, loro ascritto al capo T).

La Corte di Appello non avrebbe tenuto conto del fatto che i due P., non imputati di reato associativo, non avevano rinunciato al gravame e avrebbe motivato unicamente in relazione ai motivi devoluti dai loro coimputati come residuati all’esito delle rinunce da loro effettuate, omettendo di motivare in ordine alle specifiche doglianze sollevate da essi ricorrenti con l’atto di appello.

In particolare, i Giudici di Appello non avrebbero dato risposta al quesito posto nei motivi di impugnazione in ordine alla mancanza di prove atte a dimostrare la destinazione a terzi della sostanza stupefacente acquistata e detenuta e in ordine alla possibilità di inquadrare i fatti contestati nelle ipotesi di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5.
Motivi della decisione

15.-. Ha osservato questa Corte che la motivazione apparente (e, dunque, inesistente) è ravvisatale quando la motivazione stessa, formalmente esistente, sia del tutto avulsa e dissociata dalle risultanze processuali o si avvalga di argomentazioni di puro genere o di asserzioni apodittiche o di proposizioni prive di efficacia dimostrativa; vale a dire, in tutti i casi in cui il ragionamento espresso dal giudice a sostegno della decisione adottata sia soltanto fittizio e perciò sostanzialmente inesistente (Rv. 214308).

La redazione dell’apparato giustificativo, invero, ha la funzione di rendere conoscibili alla collettività le ragioni logico-giuridiche che hanno condotto alla decisione, permettendo in pari tempo alle parti del processo di dedurre ed esporre eventuali motivi di impugnazione, con la conseguenza che la mancanza di motivazione o la sua mera apparenza deve essere ritenuta sanzionabile con la nullità (Sez. U, Sentenza n. 3287 del 27/11/2008 Ud. (dep. 23/01/2009) Rv.

244118).

16.-. In base a queste premesse deve concludersi per la fondatezza di tutti i ricorsi in esame.

Infatti nella specie la Corte di Appello di Roma si è limitata a rilevare che vi era stata "in generale una rinuncia a gran parte dei motivi" senza neanche precisare quali imputati e in che termini avevano rinunciato al gravame.

In ogni caso risulta dagli atti che nessuno degli imputati ha rinunciato ai motivi di appello incentrati nella esclusione del vincolo associativo e nella necessità di una riduzione della pena inflitta.

Ebbene, in questa situazione, la Corte di merito, dopo avere, del tutto apoditticamente, affermato che le telefonate intercettate e le dichiarazioni in atti avevano dimostrato "il coinvolgimento di tutti" nel narcotraffico, si è limitata a rilevare che "l’esame complessivo degli elementi accusatori forniva la piena prova della responsabilità degli imputati negli episodi di reato previsti dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 con la attribuzione a ciascuno dei rei dei singoli specifici fatti", e ad aggiungere, in riferimento al reato associativo, che "le intercettazioni telefoniche avevano trovato conferma negli arresti, nei sequestri di sostanze stupefacenti e in molte dichiarazioni", sicchè poteva concludersi nel senso della esistenza di "un quadro rilevante e coerente che dimostra(va) come gli imputati non si fossero limitati ad operazioni saltuarie di spaccio di droga (come indicato nei capi di imputazione), ma si fossero accordati per potere attuare un piano ben più ampio e proiettato nel futuro,… diretto a realizzare una serie, di per sè, infinita di acquisti e successive cessioni di sostanze stupefacenti".

Secondo la Corte di Appello di Roma, dalle telefonate sarebbe emerso che "ciascuno dei rei era pienamente consapevole di agire con gli altri e dava un contributo a realizzare il piano fissato", con divisione di compiti "che comprendevano anche una sorveglianza dei movimenti della Polizia al fine di scongiurare sorprese e conseguenze penali". Tale divisione di ruoli prevedeva "il settore della commercializzazione, quello dell’approvvigionamento, dei collegamenti con altre "reti" di spaccio, quello di custode, di "vedetta", di trasporto".

Dopo queste generiche affermazioni, nella sentenza impugnata ci si è limitati a porre in rilievo che la droga veniva pagata al primo fornitore soltanto dopo la commercializzazione (risultanza che denotava la esistenza di "un sistema organizzativo collaudato per un’attività destinata a ripetersi continuamente") e a sottolineare che la sentenza del GUP aveva individuato i soggetti associati, con l’indicazione delle rispettive mansioni.

Tutto ciò, secondo i Giudici di Appello, confermava la sussistenza di una associazione nei termini previsti dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 e comportava la affermazione della responsabilità degli imputati per tale reato associativo, salvo che per la posizione dei due F. che, pur avendo una posizione di prestigio interno superiore a quella degli altri, non potevano assumere con sicurezza la posizione di organizzatori e di capi prevista dal citato art. 74, ma dovevano essere qualificati come semplici partecipi.

In questo quadro dovevano essere visti i singoli episodi di spaccio, i quali, "considerati complessivamente" e "per la pericolosità del gruppo con la continua azione delittuosa" posta in essere, non potevano essere riportati alla ipotesi lieve di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5.

Quanto alle pene inflitte ai vari imputati, la Corte di Appello ha laconicamente affermato che esse erano "fissate in limiti medi e sostanzialmente adeguati ai fatti ed alla personalità dei rei".

Conseguentemente, salvo le diminuzioni di pena per i due F. e il beneficio della non menzione da concedere al Co., non erano emersi per gli altri imputati "fatti tali da determinare una diversa e più lieve valutazione", sicchè le pene per costoro dovevano essere confermate.

17.-. Si è dunque in presenza di una situazione nella quale i difensori non sono stati, sostanzialmente, posti in grado di conoscere in alcun modo le ragioni della affermata responsabilità degli imputati venendo impediti nel diritto di articolare validi e specifici mezzi di impugnazione, diversi dalla fondata deduzione di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 125 c.p.p..

In buona sostanza ci si trova in presenza di una motivazione apparente e, quindi, sostanzialmente inesistente, in quanto si avvale di argomentazioni di puro genere o di asserzioni apodittiche o di proposizioni prive di efficacia dimostrativa (Sez. 5^, Sentenza n. 24862 del 19/05/2010, Rv. 247682, Mastrogiovanni).

E’ pur vero che ai fini della valutazione della congruità della motivazione del provvedimento impugnato, questa Corte deve fare riferimento alle sentenze di primo e secondo grado, le quali si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile (sez. 2^, sent. 11220 del 5-12-1997, rv.209145).

Tuttavia a fronte di un cospicuo numero di appellanti (ben 19), con articolati motivi di gravame per ognuno di costoro, la sentenza in esame ha dedicato solo poche righe alla motivazione delle statuizioni relative ai singoli episodi di spaccio, trattando per altro unitariamente (e del tutto genericamente) la nutrita schiera dei singoli fatti di cessione e il notevole numero degli impugnanti.

Anche in riferimento al reato associativo, del resto, la motivazione fornita dalla Corte di Appello è del tutto assertiva e priva di argomenti individualizzanti, pur a fronte di dettagliati e specifici motivi di gravame.

A parte il fatto che la motivazione stessa presenta in taluni casi profili di illogicità manifesta (là dove ad esempio per escludere il fatto di speciale tenuità si fa riferimento alla "pericolosità del gruppo" anche nei riguardi di soggetti non imputati di reato associativo) e di assoluta mancanza (non una parola sulla richiesta di applicazione della continuazione con i fatti di altra sentenza passata in giudicato, avanzata dal Ma.Ig.; nessuna risposta ai motivi di appello relativi alla dedotta sussistenza dell’ipotesi minore di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 6 ed alla mancata esclusione della aggravante di cui all’art. 80, lett. g), stesso D.P.R.).

Anche in riferimento al trattamento sanzionatorio, la trattazione unitaria ed indiscriminata di tutte le posizioni, compendiata in pochissime righe, elude totalmente la enunciazione delle ragioni a sostegno delle relative statuizioni.

In definitiva la sentenza impugnata non consente a questa Corte il controllo sulla motivazione, limitandosi sostanzialmente alla enunciazione del decisum senza dar conto alcuno della ratio decidendi.

Ogni ulteriore motivo resta assorbito.

18.-. Per le considerazioni sopra svolte si impone l’annullamento nei confronti di tutti i ricorrenti della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di Appello di Roma.
P.Q.M.

Annulla nei confronti dei ricorrenti la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Roma.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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