Corte Costituzionale sentenza N. 130 SENTENZA 3 – 7 giugno 2013

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimita’ costituzionale dell’articolo 14,
comma 3, della legge della Regione Piemonte 29 aprile 2011, n. 7,
recante «Modifiche alla legge regionale 28 luglio 2008, n. 23
(Disciplina dell’organizzazione degli uffici regionali e disposizioni
concernenti la dirigenza e il personale) in attuazione del decreto
legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, e adeguamento al decreto-legge
31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30
luglio 2010, n, 122, in materia di organizzazione e contenimento
della spesa del personale», promosso dal Presidente del Consiglio dei
ministri, con ricorso spedito per la notifica il 4 luglio 2011,
depositato in cancelleria l’11 luglio 2011, ed iscritto al n. 66 del
registro ricorsi 2011.
Visto l’atto di costituzione della Regione Piemonte;
udito nell’udienza pubblica del 10 aprile 2013 il Giudice
relatore Luigi Mazzella;
uditi l’avvocato dello Stato Luca Ventrella per il Presidente del
Consiglio dei ministri e l’avvocato Giovanna Scollo per la Regione
Piemonte.

Ritenuto in fatto

Con ricorso depositato in cancelleria l’11 luglio 2011, il
Presidente del Consiglio dei ministri ha chiesto, tra l’altro, che
sia dichiarata, con riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost.,
l’illegittimita’ costituzionale dell’articolo 14, comma 3, della
legge della Regione Piemonte 29 aprile 2011, n. 7, recante «Modifiche
alla legge regionale 28 luglio 2008, n. 23 (Disciplina
dell’organizzazione degli uffici regionali e disposizioni concernenti
la dirigenza e il personale) in attuazione del decreto legislativo 27
ottobre 2009, n. 150, e adeguamento al decreto-legge 31 maggio 2010,
n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n.
122, in materia di organizzazione e contenimento della spesa del
personale».
Riferisce il ricorrente che la norma censurata prevede, al comma
3, che il precedente comma 1 (che dispone l’applicazione del citato
art. 14, comma 9, del d.l. n. 78 del 2010, il quale prevede, a sua
volta, che le Regioni possano procedere ad assunzioni di personale
nel limite del 20% della spesa corrispondente alle cessazioni
dell’anno precedente) non si applica ai contratti che non comportano
un aggravio per il bilancio regionale o ai contratti di diritto
privato relativi allo svolgimento di incarichi e funzioni previsti
per legge quali quelle elencate nell’art. 14, comma 3.
Orbene, poiche’ la citata disposizione di legge costituirebbe
principio fondamentale della legislazione statale in materia di
coordinamento della finanza pubblica, la disposizione regionale,
stabilendo alcune esplicite deroghe all’applicazione di tale
principio, violerebbe la competenza legislativa concorrente dello
Stato, di cui all’art. 117, terzo comma, della Costituzione.
Si e’ costituita nel giudizio la Regione Piemonte, con atto
depositato in data 4 agosto 2011, chiedendo che il ricorso sia
dichiarato inammissibile per la sua genericita’ e indeterminatezza –
dato che il ricorrente formula un unico motivo di incostituzionalita’
della norma, senza entrare nel merito della specificita’ dei casi ivi
previsti.
Nel merito, secondo la Regione Piemonte, nessuno dei casi
elencati nella norma regionale impugnata rappresenterebbe una deroga
al principio statale, dato che il suo ambito di applicazione attiene
al personale disciplinato dalla contrattazione collettiva del
comparto regioni-enti locali, nonche’ ai contratti flessibili di
diritto privato a carattere occasionale ed in relazione ai quali vi
sia un aggravio per il bilancio regionale oltre i limiti previsti
dalla norma statale.
Quanto alla lettera a) della norma impugnata, si tratterebbe di
assunzioni finanziate con fondi dell’Unione europea, risorse statali
o private, per cui non sarebbe logico ricomprendere nel computo delle
spese di personale da assoggettare al limite di contenimento quelle
oggetto di specifico finanziamento (comunitario, statale o privato).
Quanto alle lettere b), c), d) ed e), si tratterebbe di uffici di
diretta collaborazione con gli organi politici di cui a diverse leggi
regionali del Piemonte, in sostanza, dunque, di contratti gia’
previsti e disciplinati da norme speciali, di personale gia’ assunto
in regime privatistico di supporto e funzionale all’organo politico e
di spesa definita con budget predeterminato e che, se non pienamente
utilizzato, non potrebbe comunque essere distolto dalle spese di
funzionamento del gruppo. Quanto alla lettera f), tale tipologia di
reclutamento sarebbe funzionale ad una modalita’ di conferimento
degli incarichi dirigenziali avallata dal legislatore nazionale e da
questa stessa Corte, per cui un ulteriore improprio limite
inciderebbe anch’esso sulle prerogative legislative regionali in
materia di organizzazione degli uffici. Quanto, infine, alla lettera
g), si tratterebbe di assunzioni negli enti strumentali e dipendenti
della Regione, effettuate, ai sensi dell’art. 7, comma l, lettera b),
del C.C.N.L. Regioni ed autonomie locali – area non dirigenziale del
14 settembre 2000, per le sostituzioni di personale assente per
gravidanza e puerperio, giustificata dal fatto che, a causa delle
ridotte dimensioni di detti enti, non sempre e’ possibile, solo con
la riorganizzazione dei carichi di lavoro, garantirne il normale
funzionamento.
Con memoria del 31 gennaio 2012, la Regione Piemonte ha
illustrato le proprie conclusioni ed ha segnalato l’avvenuta modifica
della disposizione censurata, chiedendo che sia dichiarata la
cessazione della materia del contendere.
Con memoria depositata in data 1° febbraio 2012, il Presidente
del Consiglio ricorrente ha ulteriormente illustrato le proprie
richieste, insistendo per l’accoglimento delle stesse.
Con successiva memoria, la Regione Piemonte ha segnalato
un’ulteriore innovazione legislativa che determinerebbe, a suo
avviso, la cessazione della materia del contendere: l’art. 2, comma
1, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni urgenti in
materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonche’
ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio
2012).

Considerato in diritto

1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha chiesto, tra
l’altro, che sia dichiarata, con riferimento all’art. 117, terzo
comma, Cost., l’illegittimita’ costituzionale dell’articolo 14, comma
3, della legge della Regione Piemonte 29 aprile 2011, n. 7, recante
«Modifiche alla legge regionale 28 luglio 2008, n. 23 (Disciplina
dell’organizzazione degli uffici regionali e disposizioni concernenti
la dirigenza e il personale), in attuazione del decreto legislativo
27 ottobre 2009, n. 150 e adeguamento al decreto-legge 31 maggio
2010, n. 78 convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio
2010, n. 122 in materia di organizzazione e contenimento della spesa
del personale».
La trattazione delle questioni di legittimita’ costituzionale
relative alla predetta disposizione viene qui separata da quella
relativa alle altre questioni proposte con il medesimo ricorso, che
viene riservata a separate pronunce.
L’art. 14, comma 3, della legge reg. Piemonte, n. 7, del 2011,
dispone che il comma 1 dello stesso articolo (norma che, a sua volta,
richiama e dispone l’attuazione del principio dettato dall’art. 9,
comma 28, e dell’art.14, commi 7 e 9, del decreto-legge 31 maggio
2010 n. 78, recante «Misure urgenti in materia di stabilizzazione
finanziaria e di competitivita’ economica», convertito, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n.
122), non si applica, in primo luogo, ai contratti che non comportano
un aggravio per il bilancio regionale e, in secondo luogo, a una
serie di contratti di diritto privato relativi allo svolgimento di
incarichi e funzioni previsti per legge quali: «a) le assunzioni
finanziate con fondi dell’Unione europea, risorse statali o private;
b) gli uffici di diretta collaborazione con gli organi politici di
cui alla legge regionale 8 giugno 1981, n. 20 (Assegnazione di
personale ai gruppi consiliari); c) gli uffici di comunicazione di
cui alla legge regionale 1° dicembre 1998, n. 39 (Norme
sull’organizzazione degli uffici di comunicazione e sull’ordinamento
del personale assegnato); d) il portavoce di cui all’articolo 12
della legge regionale 26 ottobre 2009, n. 25 (Interventi a sostegno
dell’informazione e della comunicazione istituzionale via radio,
televisione, cinema e informatica); e) le professionalita’ esterne di
cui alla legge regionale n. 23 del 2008 previste a supporto degli
organi di vertice della Giunta regionale e del Consiglio regionale;
f) le assunzioni di diritto privato, a tempo determinato, per le
strutture di vertice di Capo di Gabinetto e di Direttore regionale di
cui agli articoli 10, 14 e 15 della L.R. n. 23/2008; g) le assunzioni
negli enti strumentali e dipendenti della Regione, effettuate, ai
sensi dell’articolo 7, comma 1, lettera b) del CCNL Regioni ed
autonomie locali – area non dirigenziale – del 14 settembre 2000, per
le sostituzioni di personale assente per gravidanza e puerperio».
Il ricorrente deduce l’illegittimita’ della norma per contrasto
con l’art. 117, terzo comma, della Costituzione, in materia di
coordinamento della finanza pubblica, senza entrare nel merito della
specificita’ dei casi ivi previsti, appunto, da a) a g), desumendola
dalla semplice circostanza – comune a tutte le ipotesi elencate nelle
legge regionale – che le stesse costituiscono, per l’esplicita
autoqualificazione effettuata dalla stessa legge regionale, una
deroga ai principi contenuti nella legislazione statale di cui l’art.
1 (peraltro, pleonasticamente), in apertura della legge, dispone
solennemente l’attuazione.
L’art. 14, comma 9, del decreto-legge n. 78 del 2010, richiamato
in ricorso come norma interposta al parametro costituzionale di
coordinamento della finanza pubblica di cui si assume la violazione,
intervenendo sull’art. 76 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112
(Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione,
la competitivita’, la stabilizzazione della finanza pubblica e la
perequazione tributaria), fa divieto di assumere personale oltre il
limite del 20% della spesa corrispondente alle cessazioni dell’anno
precedente.
2.- Va, in primo luogo, rigettata l’eccezione di inammissibilita’
del ricorso sollevata dalla difesa della Regione, fondata sulla
dedotta genericita’ delle argomentazioni spese dal Presidente del
Consiglio, a fronte del carattere eterogeneo della norma regionale
censurata.
Il ricorrente deduce l’illegittimita’ della norma per contrasto
con principi fondamentali della legislazione statale in materia di
coordinamento della finanza pubblica e, dunque, con l’art. 117, terzo
comma, della Costituzione, senza entrare nel merito della
specificita’ dei casi previsti dalla norma censurata – da a) a g) –
desumendo tale contrasto dalla semplice circostanza – comune a tutte
le ipotesi elencate nelle legge regionale – che le stesse
costituiscono deroga ai principi contenuti nella legislazione
statale, per esplicita ammissione del legislatore regionale.
Va, per converso, rilevato che, sebbene riferita a tipologie di
contratti di collaborazione eterogenee tra loro, la censura statale
fa riferimento ad un vizio che le accomuna tutte, ossia alla
circostanza che esse, per esplicita e dichiarata intenzione del
legislatore regionale, derogherebbero ai principi stabiliti da due
disposizioni di legge statale: l’art. 9, comma 28, e l’art. 14, commi
7 e 9, del decreto-legge n. 78 del 2010. Ed invero, la legge
regionale censurata, dopo avere, all’art. 1, disposto l’attuazione
delle norme statali invocate quali principi fondamentali, all’art. 3,
elenca una serie di contratti che esulano dall’applicazione del
principio della legislazione statale teste’ richiamato.
3.- Vanno, inoltre, respinte le due successive richieste di
cessazione della materia del contendere, effettuate dalla difesa
della Regione nelle memorie illustrative.
Nella prima, la Regione Piemonte segnala l’avvenuta modifica
della norma statale interposta (l’art. 14, comma 9) ad opera
dell’art. 4, comma 103, della legge 12 novembre 2011, n. 183
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato – Legge di stabilita’ 2012). Invero, mentre con riguardo
alla prima parte della norma novellata, riferita agli enti nei quali
l’incidenza delle spese per il personale e’ pari o superiore al 40 %,
la nuova disposizione si e’ limitata a elevare la percentuale delle
spese dal 40 al 50%, la seconda parte della norma, riferita agli
altri enti, ha subito una modifica sostanziale, essendo riferita, per
effetto dell’intervenuta modifica, ai soli contratti di lavoro a
tempo indeterminato. La Regione ha chiesto la cessazione della
materia del contendere sul presupposto che le deroghe disposte al
predetto principio fondamentale dalla norma regionale sono, ormai,
riferite esclusivamente a contratti di lavoro precario.
Deve, tuttavia, osservarsi che la nuova disposizione statale, nel
circoscrivere il limite alla spesa alle sole assunzioni a tempo
indeterminato, per sua stessa esplicita indicazione e’ destinata ad
avere effetto a decorrere dal 1° gennaio 2013. Ne consegue che,
avendo la disposizione regionale avuto attuazione a partire dal
maggio 2011, la portata lesiva della stessa non puo’ ritenersi venuta
meno, atteso che non e’ stato ne’ allegato ne’ dimostrato che la
stessa non abbia avuto, medio tempore, attuazione.
Quanto alla seconda richiesta di cessazione, fondata
sull’approvazione dell’art. 2, comma 1, del decreto-legge n. 174 del
2012, basti osservare che la norma indicata come ius novum si limita
a prevedere lo sblocco dell’erogazione delle somme erariali gia’
stanziate per le Regioni in base alle vigenti norme, nella misura
dell’80%, a condizione che le Regioni stesse dimostrino di aver
ottemperato ad una serie di comportamenti virtuosi (totalmente
estranei alla previsione della norma interposta), tra i quali, alla
lettera h), l’avere definito l’ammontare delle spese per il personale
dei gruppi consiliari secondo un parametro omogeneo, tenendo conto
del numero dei consiglieri, delle dimensioni del territorio e dei
modelli organizzativi della Regione. Come e’ evidente, si tratta di
modifiche del tutto estranee al thema decidendum, dato che la nuova
norma, di carattere finanziario, si limita a prevedere ulteriori
condizioni per lo sblocco di una parte delle erogazioni previste per
le Regioni in materia di spese del personale, e dei quali neppure si
afferma che siano stati effettivamente adempiuti dalla Regione
Piemonte.
4.- Nel merito, la disposizione regionale censurata introduce una
serie di deroghe a due norme del decreto-legge n. 78 del 2010, l’art.
9, comma 28, e l’art. 14, commi 7 e 9, che il comma 1 dello stesso
articolo esplicitamente richiama.
L’art. 14, comma 9, del decreto-legge n. 78 del 2010 – l’unico
dei due principi richiamato esplicitamente nel ricorso e nella
delibera come norma interposta – intervenendo sull’art. 76 del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo
sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita’, la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
fa divieto di assumere personale oltre il limite del 20% della spesa
corrispondente alle cessazioni dell’anno precedente.
Con la disposizione censurata, il legislatore piemontese
stabilisce che detto limite non trovera’ applicazione, da un lato,
per tutti i contratti che non comportino un aggravio per il bilancio
regionale, dall’altro, in una serie di tipologie di contratti – tutti
a tempo determinato – che la disposizione elenca analiticamente.
Quanto ai primi, la Regione ha sostenuto che essi, non
comportando spesa, sembrerebbero non esser soggetti al limite (del
20% della spesa dell’esercizio precedente) stabilito dal legislatore
statale.
Quanto alla successiva elencazione di contratti di
collaborazione, la difesa della Regione Piemonte ha sostenuto la
legittimita’ costituzionale della legge regionale, facendo leva,
quanto alle spese di cui alla lettera a), sulla circostanza che si
tratterebbe di spese finanziate con fondi europei, pertanto inidonee
a incidere negativamente sul rispetto del patto di stabilita’ e,
quanto alle altre spese di personale, indicate da b) a g), che non si
tratterebbe di assunzioni vere e proprie, bensi’ di contratti di
collaborazione esterna a tempo determinato. Secondo la Regione,
infatti, le stesse sarebbero legittime perche’ sarebbero destinate a
cessare, quelle da a) ad f), con il decadere dalla carica dell’organo
a cui supporto sono previste, e quella di cui alla lettera g), con la
cessazione della gravidanza e/o del puerperio.
Nella parte in cui e’ riferibile alle spese del personale di
diretta collaborazione di vari uffici della Regione, la norma
avrebbe, poi, la finalita’ di assicurare, in deroga alla legislazione
statale, il pieno funzionamento di organi costituzionali e, in ultima
analisi, di evitare la compressione della autonomia politica della
stessa Regione che deriverebbe, invece, dalla pedissequa applicazione
dei principi stabiliti dalla norma statale richiamata.
5. – La questione e’ fondata.
Quanto ai contratti che «non comportano un aggravio per il
bilancio regionale», va rilevato che la norma censurata,
dichiaratamente, si pone come una deroga all’osservanza di un
principio fondamentale della legislazione statale, determinando una
evidente lesione della competenza legislativa statale esclusiva in
materia di ordinamento civile, di cui all’art. 117, secondo comma,
lett. e) Cost.
Circa i contratti analiticamente elencati dal legislatore
regionale si osserva: la circostanza che le spese di personale siano
finanziate dall’Unione europea non fa venire meno l’incidenza di tali
assunzioni sul bilancio regionale, dal momento che esse
immancabilmente, impongono un contributo di spesa anche a carico
dell’ente pubblico beneficiario del finanziamento comunitario o dello
Stato. La norma regionale, invero, autorizza contratti finanziati
solo in parte con fondi dell’Unione europea e consente, pertanto,
alla Regione di procedere ad assunzioni anche qualora le stesse
comportino oneri aggiuntivi a carico della stessa o dello Stato.
Essa, anzi, esplicitamente, autorizza tali assunzioni quando debbano
avvenire, oltre che con fondi privati e comunitari, con risorse
statali; e fa riferimento anche alle spese scaturenti da «contratti
di diritto privato, relativi allo svolgimento di incarichi e funzioni
previsti per legge». In tal modo allarga la sua stessa sfera di
applicazione ben oltre i confini delle spese di personale interamente
finanziate dall’Unione europea e senza aggravio per la Regione.
Le restanti tipologie contrattuali prevedono contratti di
collaborazione con uffici e organi regionali, nonche’ l’ipotesi di
sostituzione di lavoratrici temporaneamente assenti per gravidanza e
puerperio. Il limite alle "assunzioni" fissato dalla disposizione
statale invocata dal ricorrente – nella versione antecedente alla
modifica introdotta con l’art. 4, comma 103, della legge n. 183 del
2011 – non riguarda, come vorrebbe la Regione, solo le assunzioni a
tempo indeterminato. Essa, nel porre un limite percentuale
complessivo a un comparto di spesa (quello del personale), per
l’esercizio in corso, entro una percentuale dell’esercizio
precedente, si riferisce a qualsiasi spesa di personale, a
prescindere dalla forma contrattuale civilistica prescelta dall’ente
pubblico, e comprende anche i contratti di collaborazione a tempo
determinato; come del resto dimostrato dalla circostanza che,
successivamente, il legislatore statale, volendo far si’ che il
limite del 20 % riguardasse, per l’avvenire, i soli contratti di
lavoro a tempo indeterminato, ha ritenuto necessario modificare la
portata letterale della norma, precisando in modo esplicito (con
norma non interpretativa) tale diversa portata.
Quanto alla presunta finalita’ della norma regionale di
assicurare il funzionamento degli uffici di diretta collaborazione
mediante l’esenzione dal rispetto dei limiti di spesa stabiliti a
livello nazionale, si deve ritenere che la particolare rilevanza del
carattere necessariamente fiduciario nella scelta del personale, a
tempo determinato, degli uffici di diretta collaborazione, se puo’
autorizzare deroghe al principio del pubblico concorso nella scelta
dei collaboratori, non consente deroghe ai principi fondamentali
dettati dal legislatore statale in materia di coordinamento della
finanza pubblica, tra i quali va ricompreso anche l’art. 14, comma 9,
del decreto-legge n. 78 del 2010.
Ed invero, tale disposizione di legge statale, ben lungi
dall’interferire con le determinazioni della Regione sulla scelta dei
suoi collaboratori – che potra’ avvenire nel pieno rispetto della sua
autonomia organizzativa, ancorche’ all’interno dei limiti di spesa
stabiliti – pone validamente un limite ad un particolare aggregato di
spesa, qual e’ quello relativo al comparto per il personale, cui
vanno soggette tutte le pubbliche amministrazioni (ex plurimis,
sentenza n. 169 del 2007).

per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni
di legittimita’ costituzionale promosse dal Presidente del Consiglio
dei ministri con il ricorso in epigrafe;
dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’articolo 14, comma
3, della legge della Regione Piemonte 29 aprile 2011, n. 7, recante
«Modifiche alla legge regionale 28 luglio 2008, n. 23 (Disciplina
dell’organizzazione degli uffici regionali e disposizioni concernenti
la dirigenza e il personale) in attuazione del decreto legislativo 27
ottobre 2009, n. 150 e adeguamento al decreto-legge 31 maggio 2010,
n. 78 convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n.
122 in materia di organizzazione e contenimento della spesa del
personale».
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 giugno 2013.

F.to:
Franco GALLO, Presidente
Luigi MAZZELLA, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 7 giugno 2013.

Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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