Cass. civ. Sez. III, Sent., 22-09-2011, n. 19249 Vincoli storici, archeologici, artistici e ambientali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Chiamata a decidere della validità di un pignoramento presso terzi eseguito presso il Banco di Sicilia, il GOA di Palermo giudicò parzialmente fondata l’opposizione proposta dall’E.F.A.L. di Agrigento, opinando:

che, quanto alle doglianze mosse dall’opponente in ordine all’impignorabilità delle somme depositate presso l’istituto di credito (costituenti il finanziamento dovuto dalla regione Sicilia e perciò solo vincolate a fini pubblicistici), le amministrazioni esecutate, all’esito dell’arresto del giudice delle L. n. 211 del 2003, avevano l’onere, al fine di invocare l’impignorabilità delle somme esistenti presso il proprio tesoriere, oltre che di produrre la delibera semestrale di vincolo, di documentare altresì il rigoroso rispetto dell’ordine cronologico nell’emissione dei mandati di pagamento, al fine di dimostrare di non aver effettuato pagamenti tali da farle decadere dai benefici di legge; che l’opponente non aveva, peraltro, nel corso del processo, mai provato tali circostanze;

che, con riferimento all’opposta inesistenza dei crediti maturati per la mancata riconsegna dell’immobile, il titolo esecutivo azionato (una sentenza del tribunale di Agrigento) disponeva la condanna dell’associazione provinciale al pagamento anche dei canoni maturandi dalla data di pubblicazione del provvedimento giudiziario a quella della riconsegna dell’immobile de quo, senza che il conduttore- debitore esecutato avesse provato il rilascio del bene ai legittimi proprietario alla data indicata (essendo risultato provato per testi, di converso, la sola circostanza del trasferimento della propria sede in altro luogo da parte della società opponente);

che, quanto al richiesto pagamento dell’importo di 206 Euro per "sessioni e corrispondenza" come indicato in precetto, tali voci non risultavano ripetibili in executiviis.

Il giudice palermitano dichiarò, pertanto, la nullità del pignoramento limitatamente all’importo di 206 Euro.

La sentenza è stata impugnata dalla EFAL di Agrigento con ricorso per cassazione sorretto da 4 motivi.

Resiste con controricorso l’Associazione Provinciale Centro Comunità Agrigento.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo, si denuncia omesso esame della domanda di cui al punto 2 del ricorso depositato dinanzi al tribunale di Palermo – violazione dell’art. 112 c.p.c. – errores in procedendo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Con il secondo motivo, si denuncia. violazione e falsa applicazione della L.R. siciliana n. 36 del 1990, art. 23 della L.R. siciliana n. 24 del 1976, art. 1 e del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 159;

insufficiente e contraddittoria motivazione circa la questione dell’impignorabilità delle somme poichè soggette ex lege a vincolo di destinazione; violazione dell’art. 115 c.p.c. e omessa valutazione delle risultanze documentali.

Con il terzo motivo, si denuncia omesso esame della domanda di cui al punto 4 del ricorso depositato dinanzi al tribunale di Palermo – violazione dell’art. 112 c.p.c. – errores in procedendo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

I primi 3 motivi (che si concludono, tutti, con la formulazione di rituali e conferenti quesiti posti ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.) concernono, sia pur sotto profili diversi, la medesima questione di diritto, quella, cioè, della impignorabilità delle somme dovute dall’assessorato regionale del lavoro all’EFAL sotto il triplice, concorrente profilo della inconfigurabilità del diritto di credito di quest’ultimo nei confronti dell’assessorato medesimo della sottoposizione delle somme in contestazione a vincolo di destinazione normativamente stabilito e volte a sottrarle al pignoramento della destinazione delle somme stesse allo svolgimento di un pubblico servizio.

Le doglianze sono, nel loro complesso, infondate, pur se la motivazione della sentenza impugnata, conforme a diritto quanto al dispositivo adottato dal giudice dell’opposizione, va in parte qua corretta.

L’infondatezza dei motivi di ricorso emerge sotto molteplici, concorrenti profili.

Il primo attiene – così integrata la motivazione del provvedimento di merito, sicuramente carente in parte qua ma conforma a diritto nella sua parte dispositiva – alla irredimibile e non contestabile configurabilità di un diritto soggettivo di credito (e non di un mero interesse legittimo) in capo all’ente ricorrente nei confronti della regione, considerato che non soltanto l’impegno di spesa, ma lo stesso provvedimento di attribuzione delle somme in discussione da parte dell’assessorato regionale del lavoro in favore dell’Efal risulta dal decreto 15.3.2006, epoca anteriore alla notifica dell’atto di pignoramento presso terzi (24.11.06), come risulta dalla lettura del folio 23 dello stesso ricorso per cassazione dell’Efal.

Onde l’esistenza di un diritto soggettivo di credito nei confronti della regione, non seriamente revocabile in dubbio nella specie, anche alla luce della giurisprudenza di questa corte regolatrice (Cass. ss.uu. n. 14623/2003, in motivazione) rende legittimo il pignoramento del finanziamento da parte dell’associazione oggi contro ricorrente.

Il secondo attiene – così nuovamente modificandosi e integrandosi la motivazione, erronea in diritto sotto questo aspetto – alla ritenuta impignorabilità delle somme perchè soggette a vincolo di destinazione (ff. 2-3 della sentenza impugnata, che discorre, del tatto impropriamente, di onere di documentazione del rispetto dell’ordine cronologico nell’emissione dei mandati di pagamento in capo alle amministrazioni esecutate). Premessa la condivisibile e condivisa erroneità della lettura del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 159 da parte del giudice di merito (che fa discendere la impignorabilità delle somme contestate, alla luce della sentenza del giudice delle L. n. 211 del 2003, dall’art. 159 citato, che concerne di converso la disomogenea fattispecie delle procedure nei confronti degli enti locali, del tutto inapplicabile ad un ente privato quale l’Efal), al quesito di diritto posto dal ricorrente a conclusione del secondo motivo (f. 35 del ricorso) va data risposta negativa quanto alla sua prima proposizione, atteso che la L.R. siciliana n. 36 del 1990, art. 23 disciplina "le procedure per la erogazione dei contributi per la formazione professionale" e, alla luce di tale, inequivoco dictum, non pone (come correttamente opina, il controricorrente) alcun vincolo di destinazione alle somme dovute – nè, a tutto concedere, se pur di un vincolo si ritenga legittimo discorrere, esso comporterebbe comunque, ipso facto, la consequenziale impignorabilità dei finanziamenti, non essendo in alcun modo predicabile l’indimostrata equazione vincolo di destinazione/vincolo di impignorabilità in assenza di una esplicita disposizione in tal senso, mentre la risposta nei sensi divisati dalla ricorrente alla seconda, parte del quesito stesso – che tende a sollecitare una scontata risposta circa la non corretta applicazione della norma indicata dal giudice del merito – non può condurre, contrariamente ai suoi auspici, all’accoglimento dell’odierna impugnazione.

Il terzo attiene, infine, alla infondatezza della tesi dell’impignorabilità delle somme conseguente allo svolgimento della attività di formazione professionale dell’ente, qualificata dalla legge come servizio pubblico, attesa, ancora una volta, l’inesistenza di una norma di legge che, per il caso di specie, disponga circa la pretesa impignorabilità delle somme destinate a tale funzione, onde l’applicazione, in extensum, del più generale principio – desumibile, in tema di espropriazione forzata presso terzi, dal combinato disposto dell’art. 2740 c.c. e art. 545 c.p.c. – della incondizionata pignorabilità di un credito salvo eccezioni espressamente indicate dalla legge, secondo quanto già affermato, in linea di principio, da questa corte regolatrice con la sentenza 15601/05 (con significativo riferimento addirittura ad una pubblica amministrazione e non ad un ente privato come l’Efal).

Con il quarto (erroneamente indicato come quinto motivo, si denuncia violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 in relazione agli artt. 112, 115 e 116 c.p.c., art. 2691 c.c. – erronea e/o omessa valutazione della prova testimoniale in relazione alle risultanze istruttorie e ai verbali di causa con omissione delle risultanze di questi ultimi (testi I. e M.) – omessa valutazione della prova documentale.

La censura – che lamenta una pretesa inesistenza del diritto dell’Associazione opposta a procedere in executiviis per l’importo (5.939 Euro) riguardante canoni locativi ricompresi tra il giugno e l’ottobre 2006 – è del tutto infondata, atteso che la sentenza posta in esecuzione dall’opposta oggi contro ricorrente, ritualmente prodotta e versata in atti, prevedeva espressamente anche la condanna della Efal al pagamento dei detti canoni e, come correttamente rilavato in parte qua dal giudice territoriale, nessuna prova della riconsegna dell’immobile risultava tempestivamente e ritualmente fornita dal ricorrente. Il ricorso è pertanto rigettato.

La disciplina delle spese segue – giusta il principio della soccombenza – come da dispositivo.
P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in complessivi Euro 3200, di cui Euro 200 per spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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