Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 04-03-2011) 20-05-2011, n. 20021

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ricorso.
Svolgimento del processo

La Corte di appello di Caltanisetta, con sentenza del 5.10.2010, confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Gela in composizione monocratica il 20.11.2007 di condanna del ricorrente alla pena di mesi otto di reclusione per i reati di cui agli artt. 612 e 635 c.p. L’imputato minacciava la parte offesa e quindi con un’accetta danneggiava la vettura di proprietà della stessa, le pareti di un fabbricato ed alcuni alberi sito nel fondo di questa dopo un diverbio per lo scarico indebito con un tubo di liquidi nel terreno, sempre del G.A. (parte offesa).

La Corte territoriale rilevava che sussistevano a carico del ricorrente le dichiarazioni rese dal G., riscontrate dalla verifica del danneggiamento sulla vettura e dalla presenza del tubo nel terreno.

Ricorre l’imputato che allega la carenza di motivazione del provvedimento impugnato; non erano stati approfonditi i fatti e non era stata tenuta in considerazione la deposizione della moglie dell’imputato che aveva categoricamente esclusa la lite di cui aveva parlato la parte offesa.
Motivi della decisione

Il ricorso stante la sua manifesta infondatezza, deve essere dichiarato inammissibile.

La Corte di appello ha ricordato che a carico del ricorrente sussistono le dichiarazioni rese dal G., riscontrate dalla verifica del danneggiamento sulla vettura e dalla presenza del tubo nel terreno. Si tratta di plurime verifiche oggettive alle dichiarazioni della parte offesa: la motivazione appare congrua e logicamente coerente; mentre le censure sono di mero fatto e ripropongono questioni di merito già esaminate nelle precedenti fasi del giudizio. Appare evidente la ragione per cui rispetto alle dichiarazioni della moglie dell’imputato siano state privilegiate sul piano probatorio quelle riscontrate oggettivamente della parte offesa, la cui credibilità comunque non viene ad essere contestata con specifiche ragioni ed argomenti.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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