Cons. Stato Sez. VI, Sent., 23-05-2011, n. 3042 Indennità di contingenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Lecce, n. 2993/05 del 27.5.2005 (che non risulta notificata) veniva accolto il ricorso proposto dal signor A. G. – nella qualità di dipendente della Gestione Commissariale Governativa delle F. SudEst – per il riconoscimento del proprio diritto a percepire la contingenza, nel suo valore effettivo e reale, sull’indennità di trasferta e di diaria ridotta, per il periodo non prescritto dei cinque anni antecedenti alla proposizione di ricorso gerarchico al riguardo.

Nella citata sentenza si osservava come il contratto collettivo di lavoro (C.C.N.L.) del 12.3.1980 avesse dettato una norma generale in tema di struttura della retribuzione mensile, considerando in maniera piena l’indennità di contingenza e determinando così il superamento, per omessa reiterazione, delle norme transitorie di cui agli accordi del 16.7.1975 e del 23.7.1976, nelle quali la contingenza di cui trattasi veniva computata in misura convenzionalmente ridotta con un preciso termine di efficacia, fissato al primo rinnovo contrattuale successivo (con proroga nel 1976).

In difetto di esplicito richiamo, d’altra parte, non sarebbe sopravvissuta la norma transitoria, posta in calce all’art. 3 dell’accordo interconfederale del 17.6.1975, mantenuta ferma come tale solo nel CCNL del 23.7.1976. Con il rinnovo contrattuale del 1980, poi, sarebbe stata dettata una nuova disciplina dell’indennità di contingenza, assorbita nella definizione di "retribuzione normale", rilevante anche ai fini del computo dell’indennità di trasferta e di diaria ridotta, con ciò "tenendo fede all’impegno assunto nel 1975".

Avverso la predetta sentenza è stato proposto l’atto di appello in esame (n. 6725/06, notificato il 7.7.2006), in base alle seguenti prospettazioni difensive:

1) inammissibilità di un’azione di mero accertamento, diretta a far valere un diritto patrimoniale, correlato ad atti aventi carattere autoritativo;

2) erronea interpretazione ed applicazione del C.C.N.L. del 12.3.1980, per la cui lettura non si sarebbe tenuto conto della disciplina dettata con legge n. 91 del 31.3.1977, di conversione con modifiche del D.L. n. 12/1977, in cui si dispone, all’art. 2, che "…a partire dal 1° febbraio 1977 tutti i miglioramenti retributivi per effetto di variazioni del costo della vita o di altre fonti di indicizzazione sono corrisposti in misura non superiore ed in applicazione dei criteri di calcolo, nonché con la periodicità, stabiliti dagli accordi interconfederali del 15.1.1957 e 25.1.1975, operanti nel settore dell’industria"; la medesima norma prevede inoltre che "ai lavoratori occupati in settori non industriali continuano ad essere applicate le disposizioni dei relativi accordi e contratti collettivi, che determinano il valore mensile del punto di contingenza in misura inferiore a quella stabilita dall’accordo interconfederale di cui al primo comma", con finale previsione secondo cui "gli effetti delle variazioni del costo della vita o di altra forma di indicizzazione su qualsiasi elemento della retribuzione non possono essere computati in difformità dalla normativa prevalente, prevista dagli anzidetti accordi interconfederali e dai contratti di detto settore per i corrispondenti elementi retributivi e limitatamente a tali elementi";

3) violazione o falsa applicazione delle norme in tema di interpretazione dei contratti, non potendo attribuirsi ad una omessa esplicita regolamentazione nel C.C.N.L. del 1980, sul punto che qui interessa, carattere innovativo delle pattuizioni precedenti.

Il signor A. G., costituitosi in giudizio anche con proposizione di appello incidentale, sottolineava come l’Azienda avesse riconosciuto il diritto dei lavoratori, come dichiarato nella sentenza in questa sede appellata, dal 1992, senza però corrispondere le differenze dovute per gli anni precedenti. Anche dopo l’emanazione della legge n. 91/77, d’altra parte, l’art. 3 della contrattazione collettiva non avrebbe mutato la propria natura di norma transitoria, poi superata con l’accordo del 1980. La sentenza appellata sarebbe censurabile, pertanto, solo nella parte in cui veniva disposta la compensazione delle spese giudiziali, in presenza della violazione di un diritto ormai riconosciuto dalla stessa Azienda e oggetto di giurisprudenza pacifica.

Premesso quanto sopra, il Collegio ritiene che l’appello non possa trovare accoglimento.

Per entrambe le opposte tesi difensive sottoposte a giudizio, in effetti, le parti richiamano conformi indirizzi giurisprudenziali, tutt’altro che univoci, pertanto, sulla questione da esaminare. Deve essere ricordato, in ogni caso, come il terzo comma del citato D.L. 1.2.1977, n. 12 estenda le disposizioni dei commi precedenti ai lavoratori del settore pubblico e come la sentenza della Corte Costituzionale 26.3.1991, n. 124 abbia dichiarato l’illegittimità sopravvenuta, dal 28.2.1986, del ricordato art. 2, comma 1 del D.L.n.12/1977, nella parte in cui detta norma non consentiva la computabilità dell’indennità di contingenza su elementi retributivi diversi da quelli previsti dalla contrattazione collettiva prevalente nel settore dell’industria. E’ stato anche chiarito dalla giurisprudenza che la normativa in esame, nel vietare "che i miglioramenti per variazioni del costo della vita possano essere conglobati nella retribuzione o dare luogo a ricalcoli in tempi differiti" non interferisce sulla validità ed operatività dei patti contrattuali, che includano l’indennità di contingenza nella base di computo della retribuzione, ma si limita a bandire le scale mobili cosiddette anomale, legate a forme di indicizzazione conglobate nella retribuzione; quanto sopra, senza impedire di tener conto della contingenza ai fini della determinazione dei vari elementi accessori della retribuzione (cfr, in tal senso Cass. civ., sez. lav. 24.10.1995, n. 11052, 23.1.1993, n. 795, 21.2.1990, n. 1268, 12.12.1985, n. 6276, 19.1.1984, n. 475; Cons. St., sez. VI, 3.5.2000, n. 2597 e 10.2.2006, n. 537). Deve dunque ritenersi che la medesima normativa intenda escludere che l’adeguamento della retribuzione alle esigenze di vita dei lavoratori sia affidato a meccanismi di indicizzazione automatica, ma con più ampi spazi affidati alla contrattazione collettiva, ai fini di una gestione dei processi inflattivi concordata tra le parti sociali ed il Governo (Corte Cost. n. 124/91 cit.).

Risulta d’altra parte che la stessa Amministrazione appellante, dal 1992, abbia riconosciuto l’indennità di contingenza in misura non ridotta sull’indennità di trasferta e di diaria, confermando la linea interpretativa della sentenza appellata.

Sembra appena il caso di precisare, inoltre, come diritti ed obblighi scaturiti dalla contrattazione collettiva possano essere accertati come tali in sede di giudizio di legittimità, quale espressione di un rapporto paritetico che non consente, in materia di retribuzione, l’adozione di atti autoritativi.

In tale contesto le conclusioni della sentenza appellata appaiono condivisibili, nella parte in cui è stato sottolineato come l’art. 3 del C.C.N.L. del 17.6.1975 – nel dettare i criteri di calcolo dell’indennità di contingenza in misura ridotta rispetto a quella reale – rinviasse la definitiva regolamentazione della materia al "prossimo rinnovo dei vigenti accordi nazionali di categoria", di modo che – dopo l’esplicita proroga del 1976 – la nuova disciplina della retribuzione introdotta con l’accordo del 1980, anche ai fini del computo dell’indennità di diaria e di trasferta, non poteva non implicare cessata vigenza della norma transitoria, non più invocabile dall’Amministrazione senza previa contestazione dell’accordo paritetico.

Per le ragioni esposte, in conclusione, il Collegio ritiene che l’appello debba essere respinto; la constatata sussistenza di indirizzi non univoci sulla questione sottoposta a giudizio, tuttavia, induce a respingere l’appello incidentale, col quale veniva contestata la compensazione delle spese in primo grado di giudizio; analoghe considerazioni inducono il Collegio stesso, peraltro, a disporre la compensazione di tali spese anche per il grado di appello.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in appello indicato in epigrafe.

Compensa le spese giudiziali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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