Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 03-03-2011) 20-05-2011, n. 19988 Sospensione condizionale della pena

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 15 Dicembre 2009, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Lecce ha applicato al ricorrente, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, la pena di un anno e otto mesi di reclusione e 1.000,00 Euro di multa in relazione al reato previsto dal D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 5.

Propone ricorso per cassazione il Sig. G. lamentando violazione della legge penale per avere il Giudice omesso di applicare la sospensione condizionale della pena, che, pur non richiesta espressamente in sede di istanza di "patteggiamento", avrebbe dovuto essere concessa sussistendone i presupposti. Del resto, che la sospensione condizionale non sia estranea anche all’accordo tra le parti lo dimostra il consenso prestato dal Pubblico Ministero in calce al parere favorevole espresso alla quantificazione della pena richiesta.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

Come emerge dalla stessa lettura della censura mossa dal ricorrente alla sentenza impugnata, l’istanza di applicazione della pena non includeva l’applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena concordata. Va, dunque, escluso che il giudice sia incorso nella prospettata omissione allorchè ha accolto integralmente la comune richiesta delle parti; sul punto devono richiamarsi i principi che la giurisprudenza ha fissato per la decisione ex art. 444 c.p.p. in ordine ai poteri del giudice e all’obbligo di motivazione a far data dalle decisioni delle Sezioni Unite Penali n. 10732 del 27 settembre-18 dicembre 1995, Serafino (rv 202270)e n .3 del 1999, udienza 25 Novembre 1998, Messina, rv 212437. Da tali e consolidati principi la giurisprudenza ha fatto seguire il principio che le parti che hanno sottoscritto e proposto l’accordo sull’applicazione della pena che il giudice abbia accolto non sono legittimate a mettere in discussione i presupposti dell’accordo medesimo mediante successiva impugnazione (concetto costantemente affermato a far data dalla sentenza della Prima Sezione Penale n. 1549 del 1995, Sinfisi, rv 201160).

Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.

Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000. n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, nonchè al versamento della somma di Euro 1.500,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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