Cons. Stato Sez. VI, Sent., 23-05-2011, n. 3041 Medici ospedalieri

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ella per delega dell’avvocato Capparelli e l’avvocato Sanino;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

L’Azienda Policlinico Umberto I di Roma chiede la riforma della sentenza con la quale il Tribunale amministrativo del Lazio ha accolto il ricorso presentato dal professor R. V. avverso la nota del direttore generale in data 8 maggio 2002 recante reiezione dell’istanza di conferimento dell’incarico dirigenziale apicale nel servizio di analisi chimicocliniche e radioimmunologiche del dipartimento di chirurgia generale Paride Stefanini.

I) La vicenda all’esame del Collegio prende le mosse da una prima istanza, presentata il 4 ottobre 2000 dal professor V., ordinario di patologia clinica presso la facoltà di medicina e chirurgia dell’Università degli studi La Sapienza di Roma e in servizio nel dipartimento di medicina sperimentale e patologia dell’Azienda oggi ricorrente, per ottenere il conferimento dell’incarico sopra indicato, essendo stato il titolare posto in quiescenza. Con deliberazione del successivo 19 ottobre il consiglio del dipartimento di medicina sperimentale e patologia, su richiesta del preside della facoltà, ha indicato la terna di docenti cui affidare incarichi di dirigenza di secondo livello, esprimendo preferenza per il professor V. per quanto riguarda l’incarico presso l’unità operativa di analisi chimicocliniche e radioimmunologiche; la designazione è stata quindi approvata dal consiglio del dipartimento di chirurgia generale e dal consiglio di facoltà rispettivamente il 20 e il 25 ottobre successivi, e il 26 settembre 2001 il consiglio di dipartimento ha nuovamente confermato tale indicazione, invitando l’amministrazione ad adottare i provvedimenti consequenziali. In data 11 ottobre 2001 anche il consiglio di facoltà ha confermato la designazione.

Il 22 ottobre 2001 il professor V. ha notificato all’Università e al direttore generale dell’Azienda atto di diffida a provvedere in merito all’istanza del 4 ottobre 2000 e successivamente ha contestato in giudizio il silenzio dell’amministrazione; il ricorso è stato accolto dal Tribunale amministrativo del Lazio con sentenza 3 aprile 2002, n. 2715, con la quale è stato ordinato di fornire adeguata risposta al ricorrente. Con nota dell’8 maggio 2002 il direttore generale ha comunicato di non poter provvedere in merito, prima che la struttura organizzativa e la dotazione organica dei dipartimenti e delle unità operative fossero uniformate agli indirizzi dettati dal protocollo d’intesa UniversitàRegione e che l’atto aziendale ridefinisse le strutture complesse. Tale nota è stata impugnata con ricorso notificato dal professor V. anche, quale controinteressata, alla dottoressa A. B. R. V., ricercatrice reggente ad interim l’unità operativa di cui trattasi, ed è stato accolto dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio con la sentenza oggetto dell’odierno appello.

II) La sentenza impugnata, dopo aver rilevato che la designazione del professor R. V. per ricoprire l’incarico di cui è causa è avvenuta in osservanza del protocollo d’intesa tra l’Università La Sapienza di Roma e la Regione Lazio del 3 agosto1999, con l’intervento degli organi accademici e ospedalieri competenti, e che, a sua volta, l’intesa risponde alla normativa primaria ( d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 e d.lgs. 21 dicembre 1999, n. 517) che disciplina l’attribuzione ai docenti ordinari della facoltà di medicina e chirurgia delle funzioni assistenziali connesse a quelle didattiche e di ricerca, ricorda che l’art. 6 bis del d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229 dispone che fino alla emanazione del decreto ministeriale contenente linee guida per l’adozione di protocolli d’intesa tra le Regioni, le Università e le strutture del Servizio sanitario nazionale si applicano le linee guida di cui al decreto 31 luglio 1997 dei Ministri della sanità e dell’Università e della ricerca, le quali attribuiscono al direttore generale, previa designazione dell’Università, la nomina del responsabile delle unità operative ospedaliere. Il direttore generale dell’Azienda Policlinico aveva pertanto, secondo il Tar, l’obbligo di provvedere sull’istanza dell’interessato e sulle sollecitazioni degli organi accademici e sanitari che da oltre due anni avevano provveduto alla designazione di loro competenza, tanto più tenuto conto a) della citata sentenza n. 2715 del 2002, rispetto alla quale il diniego opposto dal direttore generale connota un indubbio atteggiamento elusivo, b) della circostanza che la struttura in argomento rimane scoperta di titolare da anni ed è affidata alla reggenza di un ricercatore in settore disciplinare non affine a quello in argomento, c) della contraddittorietà con la sollecitazione, avanzata dal medesimo direttore generale con nota del 10 ottobre 2000 affinchè il Rettore e la facoltà di medicina formulassero proposte per la copertura dei posti vacanti di dirigente di secondo livello.

III) A tale sentenza l’Azienda appellante oppone che:

– non è stato tenuto conto del protocollo d’intesa firmato dalla Regione Lazio e dalla Università in data 2 agosto 2002, il cui art. 2, punto 2, lettera b) affida al direttore generale d’intesa con il Rettore, sentito il direttore di dipartimento, l’attribuzione dell’incarico di direzione di una struttura complessa;

– già in base al d.lgs. 21 dicembre 1999, n. 517 le nomine dei dirigenti apicali erano di competenza esclusiva del direttore generale dell’Azienda, con la sola previa intesa del Rettore e sentito il direttore del dipartimento; il vincolo di bilancio, secondo il medesimo decreto legislativo, costituisce criterio guida della scelta;

– gli organi accademici possono esercitare, pertanto, un mero potere di indicazione, ma non possono vincolare scelte che spettano soltanto al direttore generale dell’Azienda;

– il professor R. V. presso il Policlinico non ha mai svolto funzioni assistenziali neppure come dirigente di primo livello: l’Azienda non è quindi tenuta a conferirgli il richiesto primariato;

– il protocollo d’intesa dell’agosto 2002 prevede che gli incarichi di dirigente di secondo livello fino ad allora non assegnati, e quelli che si rendessero vacanti nei successivi cinque anni non dovessero venire automaticamente ricoperti: il direttore generale non aveva pertanto l’obbligo di riscontrare positivamente l’istanza del ricorrente, anche tenuta presente l’esigenza dell’Azienda di ridurre il numero dei laboratori esistenti, fino a crearne uno solo.

IV) La sentenza impugnata resiste alle censure svolte con l’appello.

Quanto alla portata delle disposizioni del protocollo d’intesa intervenuto tra l’Università e la Regione Lazio, di cui al primo motivo sopra indicato, è sufficiente rilevare che la sigla è intervenuta il 2 agosto 2002 per escluderne qualsiasi effetto rispetto alla vicenda in esame, nella quale si controverte della legittimità di un provvedimento adottato dal direttore generale dell’Azienda Policlinico Umberto I in data 8 maggio 2002. Né portata dirimente, nel senso auspicato dall’appellante della competenza esclusiva al direttore generale, ha quanto dispone il d.lgs. n. 517 del 1999 il quale, nell’affidare a tale organo la costituzione, il funzionamento e l’organizzazione dei dipartimenti, lungi dall’attribuirgli una competenza esclusiva, sottolinea la necessità che l’atto aziendale sia adottato d’intesa con il Rettore e rinvia ai principi stabiliti nei protocolli d’intesa tra Regione ed Università: e non è dubbio che, all’epoca in cui è intervenuto il provvedimento impugnato, il protocollo d’intesa al quale doveva farsi riferimento fosse appunto quello, considerato dal primo giudice, siglato il 3 agosto 1999, in base al cui art. 9 i responsabili delle unità operative complesse devono essere nominati dal direttore generale tra i docenti ordinari, su proposta della facoltà di medicina.

Quanto alle successive censure, va ricordato che già con sentenza 3 aprile 2002, n. 2715, passata in giudicato, il Tribunale amministrativo del Lazio aveva riconosciuto l’illegittimità dell’inerzia dell’amministrazione sulla istanza del professor V. tesa a ottenere il conferimento dell’incarico di cui è causa, e aveva ordinato di provvedere, essendo il posto vacante a seguito del collocamento a riposo del titolare e risultando che, su indicazioni concordi del consiglio di dipartimento di medicina sperimentale e patologia, del consiglio del dipartimento di chirurgia generale e del consiglio di facoltà, il ricorrente era stato designato per ricoprire l’incarico.

Neppure può essere valorizzata l’intenzione, espressa dall’Azienda appellante quale ragione sottostante al diniego, di ridurre le strutture sanitarie: come bene mette in luce la sentenza impugnata, l’urgenza di provvedere (evidenziata, del resto, dallo stesso direttore generale, che con nota del 10 ottobre 2000 aveva sollecitato il Rettore e la facoltà di medicina a formulare proposte per la copertura dei posti vacanti di dirigente di secondo livello) è invece palesata dalla circostanza che la struttura in argomento, rimasta scoperta di titolare da anni, è stata affidata alla reggenza ad interim di un sanitario con qualifica di ricercatore in settore non affine al servizio di analisi chimicocliniche e radioimmunologiche e addirittura, come afferma, non smentito, l’appellato, semplice funzionario tecnico all’epoca dell’affidamento. Ed è proprio tale modus procedendi che, con l’illegittimo silenzio sull’istanza presentata fin dal 2000, ha impedito all’interessato di inserirsi nella struttura dell’Azienda: l’omessa strutturazione, pertanto, lungi da costituire ragione legittimante il diniego oggetto del giudizio, come sostiene l’appellante, è precisamente la circostanza determinante la lesione dell’interesse dedotto in causa.

V) In conclusione, l’appello è infondato e deve essere respinto, con consequenziale conferma della sentenza impugnata.

Le spese del giudizio seguono, come di regola, la soccombenza, e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe indicato, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Condanna l’Azienda appellante a rifondere all’appellato le spese del secondo grado del giudizio nella misura di 3.000 (tremila) euro, oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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