Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 02-03-2011) 20-05-2011, n. 19972 Motivi di ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Laura, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo

In data (OMISSIS) il Sig. A. fu sottoposto a controllo mentre conduceva un’autovettura avendo come passeggero il Sig. B. Z., il quale trasportava, avendoli inghiottiti, tre involucri contenenti ca. 68 grammi di eroina e ca. 17 grammi di cocaina.

Con sentenza del Tribunale di Perugia emessa al termine di rito abbreviato in data 18 Giugno 2009 l’odierno ricorrente è stato condannato alla pena di due anni e otto mesi di reclusione e 12.000,00 Euro di multa perchè ritenuto colpevole del reato previsto dall’art. 110 c.p. e D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73.

Il Tribunale ha ritenuto che le circostanze del fatto e le contraddizioni esistenti nelle dichiarazioni dei due imputati impongano di escludere l’estraneità del Sig. A. rispetto al reato di cui il solo B.Z. si è assunto la responsabilità, dovendo, invece, ritenersi che egli fosse pienamente consapevole delle ragioni del viaggio da (OMISSIS), ove i due avevano pernottato per poi fare ritorno a (OMISSIS) dopo essersi approvvigionati della droga.

La Corte di Appello di Perugia ha respinto i motivi d’impugnazione proposti dal Sig. A., ritenendo provata la responsabilità penale e giustificato il rifiuto di applicare al fatto la disposizione prevista dal D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 5; sul punto la Corte richiama la natura delle sostanze sequestrate (eroina e cocaina) ed esclude che si sia in presenza di hashish, come invece prospettato dall’appellante.

Avverso tale decisione il Sig. A. propone ricorso lamentando con unico motivo l’esistenza di violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’affermazione di penale responsabilità, non sussistendo in atti alcune elemento che consenta di ritenere provata l’ipotesi dell’accusa e avendo la Corte territoriale motivato in modo incoerente e illogico la propria decisione. I giudici di merito hanno erroneamente ritenuto sussistere contraddizioni tra le dichiarazioni dei due imputati e hanno illogicamente attribuito ad esse un valore rilevante ai fini della decisione; in realtà, a tutto concedere, l’esistenza di elementi indizianti avrebbe potuto condurre all’applicazione dell’art. 530 c.p.p., comma 2 essendo pacifico che nessun dato probatorio positivo attribuisce al ricorrente la consapevolezza della presenza di droga sulla persona dell’amico e coimputato. Si è, dunque, in presenza di dati meramente congetturali, che impongono l’assoluzione del ricorrente; la Corte di legittimità è, dunque, chiamata a prendere atto dell’assenza dei requisiti di gravità, precisione e univocità degli elementi indizianti e del conseguente vizio motivazionale che caratterizza la sentenza impugnata (Sezione Quarta Penale, sentenza n. 19730 del 2009).
Motivi della decisione

Osserva preliminarmente la Corte che il giudizio di legittimità rappresenta lo strumento di controllo della corretta applicazione della legge sostanziale e processuale e non può costituire un terzo grado di giudizio volto alla ricostruzione dei fatti oggetto di contestazione. Si tratta di principio affermato in modo condivisibile dalla sentenza delle Sezioni Unite Penali, n. 2120, del 23 novembre 1995-23 febbraio 1996, Fachini (rv 203767) e quindi dalla decisione con cui le Sezioni Unite hanno definito i concetti di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione (n. 47289 del 2003, Petrella, rv 226074).

Una dimostrazione della sostanziale differenza esistente tra i due giudizi può essere ricavata, tra l’altro, dalla motivazione della sentenza n. 26 del 2007 della Corte costituzionale, che (punto 6.1), argomentando in ordine alla modifica introdotta dalla L. n. 46 del 2006 al potere di impugnazione del pubblico ministero, afferma che la esclusione della possibilità di ricorso in sede di appello costituisce una limitazione effettiva degli spazi di controllo sulle decisioni giudiziali in quanto il giudizio avanti la Corte di cassazione è "rimedio (che) non attinge comunque alla pienezza del riesame di merito, consentito (invece) dall’appello".

Se, dunque, il controllo demandato alla Corte di cassazione non ha "la pienezza del riesame di merito" che è propria del controllo operato dalle corti di appello, ben si comprende come il nuovo testo dell’art. 606 c.p.p., lett. e) non autorizzi affatto il ricorso a fondare la richiesta di annullamento della sentenza di merito chiedendo al giudice di legittimità di ripercorrere l’intera ricostruzione della vicenda oggetto di giudizio.

Tale impostazione è stata ribadita, anche dopo la modifica dell’art. 606 c.p.p., lett. e apportata dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 8, comma 1, lett. b) dalle sentenze della Seconda Sezione Penale, n. 23419 del 23 maggio-14 giugno 2007, PG in proc. Vignaroli (rv 236893) e della Prima Sezione Penale, n. 24667 del 15-21 giugno 2007, Musumeci (rv 237207). Appare, dunque, del tutto convincente la costante affermazione giurisprudenziale del principio secondo cui è "preclusa al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti" (fra tutte: Sezione Sesta Penale, sentenza n. 22256 del 26 aprile-23 giugno 2006, Bosco, rv 234148).

All’interno di questi principi di interpretazione delle norme, la giurisprudenza ha precisato che in presenza di una prova riconducibile al dettato dell’art. 192 c.p.p., comma 2 la Corte di Cassazione deve valutare con specifica attenzione la coerenza logica del ragionamento sviluppato dai giudici di merito. Sul punto si rinvia alla sentenza n. 48230 del 2009, Durante (rv 245880) con la quale la Quarta Sezione Penale, riprendendo precedenti decisioni, ha affermato: "Il sindacato di legittimità sulla gravità, precisione e concordanza della prova indiziaria è limitato alla verifica della correttezza del ragionamento probatorio del giudice di merito, che deve fornire una ricostruzione non inficiata da manifeste illogicità e non fondata su base meramente congetturale in assenza di riferimenti individualizzanti, o sostenuta da riferimenti palesemente inadeguati".

L’applicazione di questi principi al caso in esame impone l’accoglimento del ricorso presentato dal Sig. A..

Come efficacemente affermato dalla giurisprudenza, la valutazione degli elementi indiziali non può esaurirsi in una "congettura" che, per quanto plausibile, non risponde ai criteri di valutazione della prova stabiliti dal codice di rito e non regge al controllo circa la "corretta applicazione delle regole di logica strutturale del ragionamento svolto dal giudice di merito"; parimenti, non può trovare ingresso nel giudizio "l’errata configurazione … di un semplice sospetto come elemento indiziario" (Sezione Quarta penale, sentenza n. 19730 del 2009, Pozzi, rv 243508).

Nel caso in esame i fatti accertati si limitano al comune viaggio, al rinvenimento della droga sulla persona del passeggero dell’auto condotta dal ricorrente, alle dichiarazioni del passeggero che egli era l’unico responsabile del trasporto della droga e che il ricorrente era stato tenuto all’oscuro della presenza della sostanza.

Il passaggio da tali circostanze all’affermazione della responsabilità del ricorrente a titolo di concorso deve, dunque, essere fondato su elementi certi che giustifichino una ricostruzione logica in grado di superare le evidenze contrarie.

Una volta rilevato da parte dei giudici di merito che entrambi gli imputati hanno affermato di non avere trascorso assieme la prima parte della mattina, versione compatibile con le dichiarazioni del Sig. B.Z. circa l’esclusiva appartenenza della sostanza, la Corte di Appello avrebbe dovuto considerare la possibilità logica che le contraddizioni esistenti nelle dichiarazioni dei due imputati non siano riferibili ad una malaccorta difesa di due complici, ma possano, invece, derivare dall’assenza di concorso dei due imputati nel reato e dall’assenza di un loro accordo circa la versione da fornire in caso di controlli.

Parimenti non può essere considerato logicamente condivisibile l’affermare (pag. 6, terzo capoverso) che la confessione resa passeggero alla polizia giudiziaria fu fatta "anche all’evidente fine di cercare di tenere indenne dalle conseguenze almeno il compagno".

Si tratta, infatti, di deduzione logica formulata muovendo dal convincimento della correità del ricorrente e non, come invece sarebbe stato corretto logicamente, da una situazione di fatto che consentisse di risalire alla responsabilità del ricorrente stesso.

Si è in presenza, a parere di questa Corte, di vizi logici che minano il ragionamento compiuto dai giudici di merito e che impongono l’annullamento della sentenza con rinvio alla Corte di Appello competente affinchè proceda a un nuovo giudizio che tenga conto dei principi affermati nella presente decisione.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Firenze per un nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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