Cons. Stato Sez. VI, Sent., 23-05-2011, n. 3035 Licenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, sez. I, n. 329/05 del 16.2.2005 (che non risulta notificata), veniva respinto il ricorso n. 175 del 2006, proposto dal signor G. D. V. per l’annullamento della determinazione n. 180 del 24.9.2004, di rigetto della domanda di voltura di una licenza di panificazione, emessa dal Segretario Generale della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Torino, nonché della relativa nota di comunicazione n. prot. 48634/7030/COMM del 17.11.2004.

Nella citata sentenza si contestava, in primo luogo, la dedotta formazione del silenzio assenso, di cui all’art. 20 della legge n. 241/90, essendo stato interrotto il previsto termine di sessanta giorni da una richiesta istruttoria, finalizzata ad acquisire copia della ricevuta rilasciata dal Comune di Piossasco della voltura dell’autorizzazione sanitaria riferita al panificio: ricevuta che la Camera di Commercio affermava di non avere mai ricevuto ed in ordine alla quale l’interessato produceva invece documenti (non ritenuti esaustivi dal Giudice di primo grado) attestanti l’avvenuta spedizione con lettera raccomandata, ricevuta dall’ente il 12.1.2004.

Correttamente, inoltre, la Camera di Commercio si sarebbe limitata a constatare che – in base alla documentazione prodotta – il contratto di affitto che legittimava la richiesta di voltura era scaduto senza essere rinnovato, con conseguente sussistenza di un "presupposto fattuale incontestabile", che avrebbe suffragato "la legittima decisione negativa"

2. Avverso la sentenza sopra sintetizzata è stato proposto l’atto di appello in esame (n. 3673/06, notificato il 3.4.2006), sulla base dei seguenti motivi di gravame:

2a) violazione o falsa applicazione dell’art. 22, comma 2, lettera b) del D.Lgs. 31.3.1998, n. 112, in combinato disposto con l’art. 20 della legge n. 241/90, essendo prevista da tali norme la formazione del silenzio assenso, in caso di mancata comunicazione all’interessato dell’eventuale provvedimento di diniego nel termine di sessanta giorni, mentre nel caso di specie il diniego era stato emesso undici mesi dopo la richiesta di voltura, con conseguente perdita della potestà di provvedere, a meno di motivato esercizio della potestà di autotutela;

2b) violazione o falsa applicazione di legge, con riferimento agli articoli 3, 4, 5 L. n. 1002/1956; violazione di legge con riferimento all’art. 97 della Costituzione; eccesso di potere per difetto dei presupposti e di istruttoria, travisamento dei fatti, ingiustizia grave e manifesta e disparità di trattamento, in quanto il subingresso per trasferimento negoziale dell’azienda comporterebbe senz’altro il rilascio della voltura, previo accertamento dei requisiti tecnici e igienicosanitari; quanto all’intervenuta scadenza del contratto di affitto dell’azienda, inoltre, la CCIAA sarebbe stata priva di poteri di accertamento al riguardo, oltre ad essere a conoscenza di ragioni, atte a consentire la proroga del contratto e la mancata restituzione dell’azienda stessa, per effetto di altro accordo contrattuale, che prevedeva la cessione definitiva dell’esercizio commerciale di cui trattasi alla scadenza del contratto di affitto, il giorno 1.4.2004, con modalità per la cui definizione – in caso di contrasti fra le parti – sarebbe stato competente solo il giudice ordinario;

2c) violazione dell’art. 26 della legge 1034/1971, come modificato dall’art. 9 della legge n. 205/2000; violazione di legge con riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione, in quanto non si sarebbe potuta emanare una sentenza in forma semplificata, in presenza di esigenze istruttorie circa la formazione, o meno, del silenzio assenso (con riferimento alla spedizione ed alla ricezione, nei termini già in precedenza esposti, della richiesta di voltura dell’autorizzazione sanitaria rilasciata dal Comune di Piossasco), con ulteriore carenza ed illogicità della motivazione, in rapporto alle singole argomentazioni difensive del ricorrente.

La Camera di Commercio, Industria e Artigianato, costituitasi anche nel presente grado di giudizio, sottolineava come il TAR avesse correttamente ritenuto non formato il silenzio assenso, essendo insufficiente – per contrastare la cessata interruzione del termine per effetto dell’istruttoria, effettuata dalla CCIAA, "un avviso di ricevimento privo della firma dell’agente postale e del timbro dell’ufficio postale incaricato della distribuzione, con la data – peraltro – corretta a mano; in ogni caso, comunque, la CCIAA ribadiva l’impossibilità di rilasciare la richiesta voltura, in presenza di un contratto di affitto scaduto e non prorogato.

La parte appellante, a sua volta, in successive memorie confermava e approfondiva la propria linea difensiva.

3. Premesso quanto sopra, il Collegio ritiene che l’appello non possa trovare accoglimento.

Non risultano accoglibili, in primo luogo, le deduzioni riferite al difetto di motivazione e di istruttoria della sentenza appellata: tali censure, infatti, non rilevano in sede di appello, in quanto l’effetto devolutivo, tipico di tale grado di giudizio, consente al Giudice di valutare nuovamente ogni domanda proposta, acquisendo i dati conoscitivi necessari, ovvero modificando ed integrando la motivazione (cfr. in tal senso Cons. St., sez. IV, 20.12.2005, n. 7201; Cons. St., sez. V, 13.2.2009, n. 824 e 19.11.2009, n. 7259; Cons. St., sez. VI, 25.9.2009, n. 5797).

La questione di merito sottoposta all’esame del Collegio, poi, concerne la voltura di un’autorizzazione commerciale: un atto da ritenersi dovuto in presenza dei relativi presupposti, ovvero quando sussistano le condizioni soggettive di iscrizione dell’interessato nel registro degli esercenti l’attività e quelle oggettive dell’effettivo trasferimento dell’esercizio.

Il passaggio di gestione o di proprietà di un’azienda commerciale, pertanto, reca in sé anche il diritto al trasferimento della relativa autorizzazione e la facoltà per il subentrante di continuare l’attività, ove in possesso dei prescritti requisiti professionali e di buona condotta (cfr. anche in tal senso, per il principio, Cons. St., sez. V, 27.12.1988, n. 853)

L’assenza di taluno dei presupposti sopra indicati – necessari e sufficienti per ottenere la voltura – giustifica il diniego di quest’ultima, con irrilevanza di ogni ulteriore indagine circa la sussistenza, o meno, di altri vizi segnalati.

Nel caso di specie, la richiesta di voltura per l’azienda di panificazione era stata inoltrata il 2.12.2003, con successiva richiesta istruttoria della CCIAA e – secondo la prospettazione dell’appellante – con ricevimento della documentazione richiesta, da parte della stessa Camera di Commercio, il 12.1.2004: in tale ottica il 21.2.2004 sarebbe maturato, sempre secondo l’appellante, il silenzio assenso, in presenza del quale l’impugnato diniego n. 180 del 24.9.2004 non avrebbe potuto essere emesso, in assenza del previo annullamento del provvedimento tacito in via di autotutela. La Camera di Commercio di Torino, viceversa, attestava il mai avvenuto rilascio della licenza, in mancanza della ricevuta di avvenuta presentazione della domanda di voltura dell’Autorizzazione sanitaria, ricevuta che – contrariamente alle affermazioni di controparte – non sarebbe mai pervenuta.

In tale situazione – rilevata la scadenza del contratto di affitto, in data 31.3.2004, e non potendo avere valore legittimante per lo svolgimento dell’attività il contratto preliminare per la cessione dell’azienda – la medesima Camera di Commercio non aveva potuto fare altro che negare la voltura di cui trattasi, per assenza del requisito soggettivo del titolo legittimante all’esercizio dell’attività stessa, a seguito di avvenuto trasferimento dell’esercizio commerciale.

Va sottolineato, peraltro, che lo stesso appellante riconosce come – alla data di notifica dell’appello – non fosse stato ancora formalmente avviato alcun ordinario giudizio di cognizione sulla vicenda, che aveva portato alla scadenza del contratto di affitto senza rinnovo, così come non aveva avuto seguito il preliminare di compravendita dell’azienda (ad efficacia obbligatoria), con successiva cessazione dell’attività.

Appare evidente, in tale contesto, che non sussiste più (se non in una residuale ottica risarcitoria) l’interesse dell’appellante all’annullamento del diniego, in quanto relativo alla gestione di un’azienda, alla cui titolarità il medesimo risulta ormai estraneo.

Tenuto anche conto di tale ottica, il Collegio non condivide le argomentazioni dell’appellante in ordine alla raccomandata, la cui recezione avrebbe determinato formazione del silenzio assenso, risultando, attendibili al riguardo le deduzioni della Camera di Commercio circa il mancato recapito della stessa.

Appare significativo, infatti, l’omesso richiamo alla trasmissione del documento di cui trattasi nella copiosa corrispondenza intercorsa tra le parti private e tra queste e la stessa Camera di Commercio (cfr., in particolare, raccomandata del 26 febbraio 2004 trasmessa dall’avv. Ginesi alla signora S. e raccomandata trasmessa il 31 marzo 2004 all’avv. Di Ventura), nonchè nel corso del giudizio civile n. 1549 del 2004 che ha condotto all’emanazione di una misura cautelare.

Appaiono pertanto giustificate le conclusioni della sentenza appellata, circa la mancata ricezione da parte della Camera di Commercio della raccomandata del 9 gennaio 2004 (anche in ragione della constatata correzione della data sulla ricevuta di ritorno, ove non risultano apposti la firma dell’ufficiale postale incaricato della distribuzione ed il bollo dell’ufficio postale di distribuzione). Ove pure, peraltro, si fosse verificato lo smarrimento di una certificazione trasmessa dall’interessato (non essendo nemmeno da quest’ultimo ipotizzato un doloso occultamento) – la constatata assenza (o cessazione) del titolo legittimante alla voltura avrebbe comunque giustificato l’autoannullamento dell’ipotizzato assenso tacito, con effetti del tutto simili al diniego, emesso nella convinzione che la procedura fosse rimasta aperta per mancata ottemperanza all’istruttoria (e senza che – in entrambi i casi – possano rilevarsi profili di colpevolezza, da ritenere fonte di danno risarcibile in conformità all’interesse residuale in precedenza indicato).

Per quanto emerge dagli atti di causa, pertanto, il Collegio ritiene ininfluente una più puntuale verifica dell’avvenuta recezione, o meno, del documento ritenuto mancante dall’Amministrazione, discendendo in ogni caso l’esito della vicenda dal perduto possesso dell’azienda, per ragioni suscettibili di apprezzamento solo in sede di giudizio civile; per quanto attiene al presente giudizio, invece, il Collegio ritiene che sussistessero i presupposti per la legittima emanazione del provvedimento impugnato, senza che all’eccepita maturazione del silenzio assenso potessero corrispondere effetti diversi da quelli corrispondenti ad una più ampia motivazione (essendo nel diniego implicito l’annullamento dell’assenso tacito) e senza che l’ipotizzato difetto di motivazione assumesse in ogni caso carattere invalidante – a norma dell’art. 21 octies della legge n. 241/90 – in rapporto ad un atto il cui contenuto non avrebbe potuto essere diverso.

4. Per le ragioni esposte, in conclusione, l’appello deve essere respinto; le spese giudiziali, da porre a carico della parte soccombente, vengono liquidate nella misura di Euro. 1.500,00 (euro millecinquecento/00).
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, respinge l’appello indicato in epigrafe n. 3673 del 2006.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese giudiziali del secondo grado, a favore della Camera di Commercio, Industria e Artigianato di Torino, nella misura di Euro. 1.500,00 (euro millecinquecento/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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