Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 23-02-2011) 20-05-2011, n. 20015

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

cato Russo Domenico che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo

L.L., legale rappresentante della Eurofin SpA è stato assolto in primo grado dall’accusa di usura continuata nel proc. pen. n. 1158/2004 ed è stato condannato, per il medesimo tipo di illecito, in primo grado nel procedimento penale n. 1712/2007.

Avverso le predette decisioni proponevano appello rispettivamente il P.M. e l’imputato: i due procedimenti venivano riuniti e la Corte d’appello di l’Aquila, con sentenza indicata in epigrafe, in riforma delle sentenze del Tribunale dell’Aquila del 23 aprile 2004 e 2 febbraio 2007 condannava L.L., per il reato di usura continuata, riconosciute le attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante, alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione ed Euro 4000,00 di multa.

La sentenza viene ora impugnata con ricorso per Cassazione dalla difesa del L. che chiede l’annullamento della sentenza e deduce:

a) l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge penale ( art. 644 c.p.) e della L. n. 108 del 1996 e delle relative istruzioni applicative emanate dalla Banca d’Italia e dall’UIC relativamente agli intermediari finanzi nonchè della L.R. Abruzzo n. 60 del 1996, norme di legge di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale ai fini della determinazione e valutazione del tasso di interesse usurario.

L. in particolare è accusato di usura in relazione ai finanziamenti concessi dalla EUROFIN SpA, della quale era legale rappresentante, a soggetti che nel contempo per ottenere il contributo in conto interessi sul finanziamento, ai sensi della L.R. n. 60 del 1996, art. 69, si erano rivolti alla Cooperativa di garanzia FINART Srl, del quale lo stesso L. era Presidente del consiglio di amministrazione.

Dei soggetti che avevano ricevuto il finanziamento molti erano già soci della FINART, che, comunque, aveva stabilito con delibera condivisa dall’assemblea dei soci gli oneri economici da sopportare per beneficiare dei servizi della cooperativa; tutti i soggetti che avevano ricevuto i finanziamenti richiamati nell’imputazione, inoltre, erano iscritti alla Confartigianato, della quale dal 2002 il L. era Presidente. Va, tuttavia, tenuto presente che i tre enti sono tra loro autonomi e distinti. Orbene il ricorrente lamenta che è errato far rientrare, come ha fatto la Corte di merito, gli oneri per la partecipazione alla FINART e alla CONFARTIGIANATO, nonchè quelli per stipulare la Polizza Assicurativa, nel calcolo del T.E.G. stipulato per ogni singolo contratto. Sicuramente non può essere conteggiata nel T.E.G. la quota sociale di adesione al consorzio, che può essere richiesta in restituzione una volta terminato l’ammortamento del finanziamento, nè possono rientrare nel calcolo, perchè non previste dalle Istruzioni di vigilanza della Banca d’Italia le iscrizioni alla Confartigianato ed alla Finart., perchè la garanzia Finart veniva imposta dalla L.R. n. 60 del 1996.

Anche l’assicurazione, pur se si risolve in un beneficio per la finanziaria, non era stata sottoscritta solo a favore di quest’ultima. Infine manca la prova che sia stato imposto ai finanziati di iscriversi agli enti di cui sopra ed anzi è stato provato che alcuni di coloro che hanno ricevuto il finanziamento erano iscritti ai due enti anni prima di stipulare il contratto di finanziamento. Infine, nei contratti di finanziamento l’obbligato ha sempre dichiarato di aver ricevuto il netto ricavo dell’operazione di finanziamento. Di conseguenza nel determinare il T.E.G. la Corte territoriale ha ripetuto l’errore commesso dal suo CTU di comprendere negli oneri connessi ai finanziamenti voci che non ne facevano parte c.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

Il ricorrente, infatti, apparentemente lamenta il vizio di inosservanza di norme di legge regionali ovvero l’inosservanza della normativa finanziaria secondaria ma, in realtà, cerca di accreditare, con il ricorso al giudice di legittimità, una diversa valutazione dei fatti e delle prove senza peraltro individuare con la precisione richiesta dall’art. 591 c.p.p., lett. c) l’ambito ed i confini del vizio di motivazione. Infatti il ricorrente si limita a prospettare una diversa possibile lettura e comunque un diverso rilievo probatorio da attribuire ai legami che intercorrono tra le diverse società, tutte riconducibili alla gestione dell’imputato e tutte beneficiarie di parte della somma mutuata a coloro che facevano richiesta dei finanziamenti.

Tuttavia la Corte di merito, con motivazione assolutamente completa e congrua e rispondente alla materia in argomento ha precisato che la norma da applicare in relazione agli oneri che concorrono a formare il TEG è l’art. 644 c.p., comma 4, che: "… prevede che per la determinazione del tasso di interesse si deve tener conto di tutte le commissioni, le remunerazioni a qualsiasi titolo e tutte le spese che attengono e sono collegate al finanziamento, appunto per eliminare la possibilità che sotto diverso nome, surrettiziamente si impongano interessi usurari, e ciò nell’interesse del soggetto più debole, degno come tale di tutela essendo colui che per un prestito (netto) deve sopportare una serie di oneri che decurtano il capitale nominale che viene promesso ma non dato e che comunque deve riconsegnare…".

Ed in altra parte della motivazione, con altrettanta precisione e chiarezza che: "..In base al principio di onnicomprensività delle commissioni e delle remunerazioni a qualsiasi titolo, comprese le spese di assicurazioni o garanzie imposte nel senso sopra richiamato, tutte le spese contrattualmente previste e connesse all’operazione di finanziamento devono rientrare nel calcolo del TEG, come correttamente fatto dal CTU……..E’ quindi ultroneo stare a discettare sulla autonomia patrimoniale e giuridica dei tre enti (Eurofin, Finart e Confartigianato) quali beneficiari di parti di somme, oneri e quant’altro collegato con il finanziamento stesso.

Lo spirito della norma che parla di interessi e vantaggi usurari" per se e per altri" è quello di evitare che spalmando detti oneri tra più soggetti, si venga a scollegare i predetti dal finanziamento.

Non possono essere considerati, come quantità da decurtare dagli interessi, i contributi che la Regione ha a qualche debitore elargito in conto interessi, perchè non è pensabile che i contributi regionali servano a far rientrare nei confini della liceità tassi e condizioni ab inizio intrinsecamente usurari…..". L’esaustiva e puntuale motivazione della Corte di merito mette in evidenza un altro motivo di inammissibilità del ricorso: è, infatti, evidente che il ricorrente ha riproposto pedissequamente le stesse argomentazioni sottoposte al vaglio della Corte di merito, che non ha inteso accettare nè tanto meno considerare in una virtuosa operazione critica.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte di merito, infatti, un tale modo di configurare la dialettica processuale, determina l’inammissibilità del ricorso per cassazione, fondato su motivi che si risolvono nella ripetizione di quelli già dedotti in appello e motivatamente esaminati e respinti dal giudice di secondo grado con decisione conseguenza di un ragionamento rigorosamente logico e giuridico, dovendosi i motivi stessi considerare non specifici La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di genericità conducente, a mente dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), all’inammissibilità.

Rv. 193046 Rv. 216473.

Si impone, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, il ricorrente che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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