T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. I, Sent., 23-05-2011, n. 752 Amministrazione Pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Comune di Rende espone di aver bandito, con determinazione n. 90/2005, una gara per appalto concorso ai sensi dell’art. 6, comma 1, lettera c) del D.Lgs. n. 157/1995, con il criterio di aggiudicazione del prezzo più basso, per l’affidamento delle operazioni di evacuazione dei rifiuti giacenti su di un’area sita in loc. Ponzo.

Alla gara partecipavano diverse ditte tra cui anche la C.M. e S. S.p.A. e la ditta S.E. di M.G..

A seguito dello svolgimento delle operazioni di gara, il Comune ricorrente aggiudicava in via provvisoria l’appalto alla ditta S.E. di M.G. per l’importo di euro 77.000,00, collocatasi al primo posto in graduatoria che vedeva posizionata al secondo posto la ditta C.M. e S. S.p.A. con l’importo di euro 119.000,00.

Il Comune, quindi, con note del 31.3.2006 e 12.5.2006, invitava l’aggiudicataria a produrre la documentazione di rito al fine della stipulazione del relativo contratto, sennonché, con comunicazione del 23.5.2006, la ditta S.E. rendeva noto di non essere in grado di svolgere il servizio in questione a causa di problemi sorti in azienda.

Il Comune, atteso il rifiuto della ditta aggiudicataria e non prevedendo il D.Lgs. n. 157/1995 lo scorrimento della graduatoria, procedeva ad un nuovo esperimento di gara d’appalto che vedeva la società C.M. e S. S.p.A. aggiudicataria del servizio per l’importo di euro 149.969,00.

Il Comune ricorrente, agendo in questa sede, rileva come il comportamento tenuto dalla ditta S.E. di M.G. sia stato illegittimo e lesivo e, pertanto, fonte di responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c. o extracontrattuale ex art 2043 c.c.

Il Comune, infatti, osserva che il rifiuto della ditta S.E. di M.G. di stipulare il contratto d’appalto, dopo essersi vincolata con la presentazione dell’offerta, ha determinato per l’Amministrazione Comunale l’aggravio economico di euro 30.069,00 – derivante dalla differenza tra la somma offerta dalla Ditta C.M. e S. S.p.A. nella prima gara e quella offerta dalla stessa ditta nella seconda gara, della quale è risultata aggiudicataria -, aggravio che non si sarebbe verificato ove la predetta ditta avesse tenuto una condotta improntata ai principi di correttezza e buona fede. Se l’Amministrazione Comunale, infatti, non avesse fatto affidamento sulla stipula del contratto, l’appalto sarebbe stato aggiudicato alla C.M. e S. S.p.A. già in sede di primo esperimento di gara per una spesa da parte del Comune di euro 119.000,00, anziché di euro 149.969,00.

In punto di giurisdizione, il Comune ricorrente afferma che la stessa spetti al giudice amministrativo, in quanto l’art. 6 della legge n. 205/2000, poi trasfuso nell’art. 244 del D.Lgs n. 163 del 2006, ha attribuito alla giurisdizione amministrativa esclusiva tutte le controversie relative a procedure di affidamento di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa nazionale o regionale. A tal fine, il Comune, richiama precedenti giurisprudenziali che, anche dopo la sentenza n. 204 del 2004 della Corte Costituzionale, attribuiscono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative alla procedure di affidamento di appalti pubblici che hanno riguardo alla sola fase pubblicistica dell’appalto finalizzata alla scelta del contraente, non potendo l’amministrazione in tale fase che operare come pubblica autorità.

Conclude, quindi, il Comune di Rende chiedendo a questo Tribunale che, ritenuta la propria competenza e accertata la responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c. o extracontrattuale ex art 2043 c.c. della Ditta S.E. di M.G., voglia condannare quest’ultima ditta a risarcire al Comune ricorrente la somma di euro 30.069,00 o quella ritenuta di giustizia, oltre interessi e rivalutazione dal giorno del dovuto sino al soddisfo.

Non si è costituita in giudizio la ditta S.E. di M.G..

Alla pubblica udienza del 24 marzo 2011, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Preliminare ad ogni valutazione di merito, è la verifica della sussistenza della giurisdizione in capo al giudice amministrativo.

Il Comune ricorrente, al fine di affermare la giurisdizione del giudice amministrativo, invoca l’art. 6 della legge n. 205/2000, successivamente trasfuso nell’art. 244 del D.Lgs. n. 163/2006, norma che contempla un’ipotesi di giurisdizione esclusiva (ora prevista, con integrazioni, dall’art. 133, comma 1, lett. e) del D.Lgs. 104 del 2010) relativamente a tutte le controversie relative alle procedure di affidamento di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa nazionale o regionale.

La presente controversia attiene ad una richiesta di risarcimento danno (ex art. 1337 c.c. ovvero ex art 2043 c.c.) asseritamente subito dal Comune di Rende in conseguenza della mancata stipula del contratto di appalto da parte della ditta che era risultata aggiudicataria all’esito della relativa gara.

Il Collegio ritiene che, con riferimento a tale controversia, non sussista la giurisdizione del giudice amministrativo, spettando la stessa al giudice ordinario, per le ragioni di seguito indicate.

Sotto un primo profilo, si osserva che, in alcune occasioni, il Consiglio di Stato, declinando la propria giurisdizione, ha avuto modo di precisare che gli artt. 6, comma 1, legge 21 luglio 2000, n. 205 e 33, comma 2, del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, come sostituito dall’art. 7 della stessa legge n. 205, si riferiscono alle controversie relative alla procedure di affidamento lavori, servizi e forniture, ossia alla fase di evidenza pubblica concernente la scelta del privato contraente, che si conclude con l’aggiudicazione definitiva e non includono la successiva fase che termina con la stipula del contratto. In tale successiva fase occorrerebbe, di volta, in volta, accertare la consistenza delle posizioni soggettive investite al fine di applicare l’ordinario criterio di riparto della giurisdizione, tenuto anche conto che, come precisato dalla sentenza della Corte Costituzionale del 6 luglio 2004, n. 204, è escluso che nel vigente assetto costituzionale sia sufficiente un generico coinvolgimento dell’interesse pubblico nella controversia affinché questa sia devoluta in via esclusiva al giudice amministrativo (Consiglio di Stato, sez. V, 10 novembre 2008, n. 5588; id, 29 novembre 2004, n. 7772).

In tale prospettiva, pertanto, non sussisterebbe la giurisdizione esclusiva di cui alle invocate disposizioni di legge relativamente alla controversia qui in esame, in quanto la stessa si colloca in un momento successivo alla fase dell’evidenza pubblica conclusasi con l’aggiudicazione della gara, con l’ulteriore conseguenza che la detta controversia, in base all’ordinario criterio di riparto, sarebbe sottratta alla giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario, giusta la posizione di diritto soggettivo fatta valere dal Comune ricorrente.

Il Collegio, peraltro, non ignora che, in altre occasioni, sia il Consiglio di Stato che la Corte di Cassazione hanno affermato che spetta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la cognizione di comportamenti ed atti assunti prima dell’aggiudicazione e nella successiva fase compresa tra l’aggiudicazione e la stipula dei singoli contratti (Consiglio di Stato, sez. V, 21 aprile 2010, n. 2254; principio espresso anche da Cass. civile, Sez. Un. 28 dicembre 2007, n. 27169, confermato da Cass civile, Sez. Un. 17 dicembre 2008, n. 29425; id, 30 luglio 2008, n. 20596; id, 23 aprile 2008, n. 10443; id, 18 luglio 2008, n. 19805).

Peraltro, si deve rilevare che le richiamate disposizioni, attributive della giurisdizione esclusiva al giudice amministrativo per le controversie relative alle procedure di affidamento di lavori servizi e forniture, non sono invocabili nel caso di controversie attivate, come nella specie, dalla Pubblica Amministrazione a fronte di comportamenti tenuti da un soggetto privato, lesivi di diritti soggettivi. Ciò in forza di una interpretazione costituzionalmente orientata delle suddette norme, le quali, diversamente, contrasterebbero con l’art. 103, comma primo, della Costituzione, che demanda agli organi della giustizia amministrativa la tutela di interessi legittimi e diritti soggettivi "nei confronti della pubblica amministrazione".

Del resto, la stessa Corte Costituzionale, ai fini della definizione dei confini della giurisdizione esclusiva in rapporto all’art. 103, ha richiesto, tra l’altro, che l’amministrazione pubblica debba agire come autorità, cioè attraverso la spendita di poteri amministrativi che possono essere esercitati sia mediante atti unilaterali e autoritativi, sia mediante moduli consensuali ex art 11 legge n. 241/1990, sia, infine, mediante comportamenti, purché questi ultimi siano posti in essere nell’esercizio di un potere pubblico e non consistano, invece, in meri comportamenti materiali avulsi da tale esercizio, spettando, in tali ultimi casi la cognizione delle controversie nascenti da siffatti comportamenti alla giurisdizione del giudice ordinario (Corte Costituzionale, 5 febbraio 2010, n. 35, con richiami alle precedenti sentenze n. 204/2004, n. 191/2006 e n. 140/2007).

In tale contesto, la S.C. di Cassazione ha avuto modo di precisare che, a seguito della declaratoria di parziale incostituzionalità di cui alla ricordata pronuncia n. 204/2004, non sono più possibili dubbi ermeneutici sulla possibile estensione della giurisdizione esclusiva, la quale, può essere istituita o ampliata per esigenze di concentrazione della tutela, per impedire la moltiplicazione dei giudizi, e, comunque, per garantire pienezza di tutela al cittadino attraverso un unico giudizio, soltanto alle condizioni indicate dalla Consulta e cioè che le posizioni di diritto soggettivo fatte valere si collochino in un’area di rapporti nella quale la pubblica amministrazione agisca attraverso poteri autoritativi, ovvero si avvalga della facoltà riconosciuta dalla legge di adottare strumenti negoziali in sostituzione del potere autoritativo ai sensi dell’art. 11 della legge n. 241/90 (Cass. civile, Sez. Un., 28 dicembre 2007, n. 27169).

Su analoga posizione si è espresso, peraltro, anche il Consiglio di Stato, laddove ha precisato che l’art. 6 della legge n. 205/2000, dando vita ad una disciplina non dissimile da quella prevista per gli atti degradatori in area di urbanistica e di edilizia (l’art. 34 del D.L.vo n. 80 del 1998 nella versione di cui all’art. 7 della legge n. 205 del 2000), prevede(va) la cognizione, da parte del giudice amministrativo, sia delle controversie relative a interessi legittimi della fase pubblicistica sia delle controversie di carattere risarcitorio relative a diritti soggettivi traenti origine dalla caducazione di provvedimenti della fase pubblicistica (le pretese per responsabilità precontrattuale), sussistendo, quindi, "con riferimento alla giurisdizione ora in esame quella situazione di interferenza tra diritti soggettivi e interessi, tra momenti di diritto comune e di esplicazione del potere che si pongono come conditio sine qua non – secondo la Corte – per la legittimità costituzionale delle aree conferite alla cognizione del giudice amministrativo"(Consiglio di Stato, ad. Plen. 5 settembre 2005, n. 6).

E’, pertanto, richiesto, quale requisito perché si abbia la giurisdizione esclusiva, che l’amministrazione pubblica agisca quale autorità, nei cui confronti è accordata tutela al cittadino avanti al giudice amministrativo (esprimono lo stesso concetto, tra le tante, Consiglio di Stato, sez. V, 21 aprile 2010, n. 2254; TAR Lazio, Roma, sez. I, 18 febbraio 2009, n. 1655; TAR Toscana, sez. II, 21 febbraio 2008, n. 174). Ancora di recente, le S.U. della Cassazione hanno ribadito che "Come si trae, infatti, dalla sentenza 28 luglio 2004, n. 204 della Corte Costituzionale, le norme che attribuiscono al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva su una determinata materia si devono interpretare nel senso che non vi rientra ogni controversia che in qualche modo la riguardi, ma solo quelle che originano da atti che sono espressione di potere pubblico"(Cass. Civile, Sez. Un., 25 febbraio 2011, n. 4614).

Da ultimo, le S.U. della Cassazione hanno avuto occasione di ulteriormente precisare i concetti sopra espressi. E’ stato, infatti, ribadito che in base agli artt. 103 e 113 della Costituzione, il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela contro gli atti della pubblica amministrazione. La giurisdizione amministrativa è dunque ordinata ad apprestare tutela – cautelare, cognitoria ed esecutiva – contro l’agire della pubblica amministrazione, manifestazione di poteri pubblici, quale si è concretato nei confronti della parte, che in conseguenza del modo in cui il potere è stato esercitato ha visto illegittimamente impedita la realizzazione del proprio interesse sostanziale o la sua fruizione. Dei poteri che al giudice amministrativo è stato dato di esercitare per la tutela degli interessi sacrificati dall’agire illegittimo della pubblica amministrazione, dal d.lgs. n. 80 del 1998 in poi, ha iniziato anche a far parte anche il potere di condanna al risarcimento del danno, in forma di completamento o sostitutiva: risarcimento che è, perciò, volto a contribuire ad elidere le conseguenze di quell’esercizio del potere che si è risolto in sacrificio dell’interesse sostanziale del destinatario dell’atto (Cass. civile, Sez. Un. 23 marzo 2011, n. 6594, n. 6595, n. 6596).

Passando all’esame della fattispecie oggetto del presente giudizio, si deve rilevare come la stessa non prospetti esigenze di tutela quali quelle appena delineate.

E’ evidente, infatti, che nel caso in esame, essendo l’Amministrazione che agisce nei confronti del privato -e non viceversa, al fine di ottenere il risarcimento dei danni in conseguenza della condotta dallo stesso tenuta, non vi può essere questione inerente all’esercizio del potere: il Comune, infatti, contesta il comportamento lesivo del privato, comportamento che avrebbe prodotto una danno risarcibile a titolo di responsabilità precontrattuale o extracontrattuale, fattispecie all’interno della quale non assumono alcun rilievo atti o provvedimenti che costituiscono espressione di potere pubblico.

In conclusione ed in considerazione di tutto quanto esposto, il Collegio, rilevato il proprio difetto di giurisdizione, non può che dichiarare il ricorso inammissibile.

Alla declaratoria del difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo ed all’affermazione di quella del Giudice Ordinario consegue peraltro, la conservazione degli effettivi processuali e sostanziali della domanda ove il processo sia tempestivamente riassunto dinanzi al Giudice territorialmente competente, nel termine di tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza, ai sensi dell’art. 11, comma II° del D. Lgvo 2.7.2010 n. 104, che regola la fattispecie sulla scorta dell’orientamento espresso da Corte Cost. n. 77/2007 e Cass. Sez. Un. n. 4109/2007 e poi recepito dal previgente art. 59 della legge n. 69/2009.

Non si fa luogo a pronuncia sulle spese in considerazione della mancata costituzione in giudizio della ditta S.E. di M.G.’.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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