T.A.R. Campania Salerno Sez. I, Sent., 23-05-2011, n. 960 Lavoro subordinato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1E’ stato impugnato il diniego pronunciato dalla Prefettura di Salerno sulla richiesta di emersione dal lavoro irregolare relativa all’attuale ricorrente..

E’ stato formulato un unico articolato motivo di ricorso col quale è stato dedotto la violazione dell’art. 1 ter, comma 13, lett. c) del d. l. n. 78 del 2009, convertito con modificazioni nella legge n. 102 del 2009; eccesso di potere per illogicità, erroneità, arbitrarietà, sviamento; violazione del giusto procedimento.

Si è costituita in giudizio per conto delle amministrazioni intimate l’Avvocatura distrettuale dello Stato che ha depositato documenti e memoria con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza.

Il Tar ha accolto la richiesta di sospensione cautelare del provvedimento impugnato.

2Il ricorso è meritevole di accoglimento.

Il provvedimento impugnato è fondato sul parere sfavorevole della Questura di Salerno che ha considerato rilevante la condanna riportata dall’interessato a 8 mesi reclusione, con pena sospesa, perché -ai sensi dell’art. 14, comma 5ter d. lgs. 25 luglio 1998 n. 286- non ha osservato l’ordine del Questore di lasciare il territorio dello Stato entro cinque giorni.

Si osserva al riguardo che l’art. 1 ter, comma 13, del d.l. 78 del 1.7.2009, introdotto dalla legge di conversione n. 102 del 3 agosto 2009, nel dettare disposizioni in tema di dichiarazione di emersione dal lavoro irregolare, svolto da cittadini extracomunitari, per l’assistenza alle persone o il sostegno al bisogno familiare ha disposto i seguenti casi di inammissibilità delle richieste di regolarizzazione:

a) lavoratori stranieri nei confronti dei quali sia stato emesso un provvedimento di espulsione ai sensi dell’art. 13, commi 1 e 2, lett. c), del d lgs 286/1998 e dell’art. 3 del d.l. 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla L. 31 luglio 2005, n. 155;

b) lavoratori stranieri che risultino segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore per l’Italia, ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato;

c) che risultino condannati, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei reati previsti dagli articoli 380 e 381 del medesimo codice.

Il reato per il quale il ricorrente è stato condannato -rientrante nella fattispecie disciplinata dall’art. 14, comma 5ter, del d. lgs. 286/1998- non è tuttavia riconducibile ad alcuno dei reati per i quali la relativa sentenza di condanna è preclusiva all’emersione del lavoro irregolare.

Inoltre, l’art. 13, commi 1 e 2, lett. c), del d lgs 286/1998 disciplina fattispecie di espulsione amministrative diverse da quella che ha interessato il ricorrente.

Più in particolare, l’art. 13, comma 1, riguarda il caso dell’espulsione dello straniero anche non residente nel territorio dello Stato, disposta dal Ministro dell’Interno, per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato.

L’art. 13, comma 2, lett. c), riguarda invece l’espulsione dello straniero, disposta sempre dal Ministro dell’interno, di soggetto appartenente a taluna delle categorie indicate nell’art. 1 L. n. 1423 del 1956, come sostituto dall’art. 2 L. n. 327 del 1988, (soggetti che si presumono siano dediti abitualmente ad attività delittuose e di queste traggano sostegno economico) o nell’art. 1 L. n. 565 del 1965, come sostituito dall’art. 13 L. n. 646 del 1982 (appartenenti ad associazioni di stampo mafioso).

Appare quindi pacifico che, al di fuori delle ipotesi tassativamente contemplate dal menzionato art. 13 d. lgs. 286 del 1998, non può essere negato, in presenza di tutti gli altri presupposti richiesti dalla legge, il rilascio del decreto favorevole relativamente alla dichiarazione di emersione dal lavoro irregolare nell’ambito di un procedimento disciplinato da una speciale e specifica disposizione di legge adottata ad hoc.

Il ricorso è quindi fondato, con assorbimento delle eventuali altre questioni.

Le spese sono compensate con obbligo,tuttavia, dell’Amministrazione di rimborsare alla parte ricorrente quanto dalla stessa anticipato a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, 1E’ stato impugnato il diniego pronunciato dalla Prefettura di Salerno sulla richiesta di emersione dal lavoro irregolare relativa all’attuale ricorrente..

E’ stato formulato un unico articolato motivo di ricorso col quale è stato dedotto la violazione dell’art. 1 ter, comma 13, lett. c) del d. l. n. 78 del 2009, convertito con modificazioni nella legge n. 102 del 2009; eccesso di potere per illogicità, erroneità, arbitrarietà, sviamento; violazione del giusto procedimento.

Si è costituita in giudizio per conto delle amministrazioni intimate l’Avvocatura distrettuale dello Stato che ha depositato documenti e memoria con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza.

Il Tar ha accolto la richiesta di sospensione cautelare del provvedimento impugnato.

2Il ricorso è meritevole di accoglimento.

Il provvedimento impugnato è fondato sul parere sfavorevole della Questura di Salerno che ha considerato rilevante la condanna riportata dall’interessato a 8 mesi reclusione, con pena sospesa, perché -ai sensi dell’art. 14, comma 5ter d. lgs. 25 luglio 1998 n. 286- non ha osservato l’ordine del Questore di lasciare il territorio dello Stato entro cinque giorni.

Si osserva al riguardo che l’art. 1 ter, comma 13, del d.l. 78 del 1.7.2009, introdotto dalla legge di conversione n. 102 del 3 agosto 2009, nel dettare disposizioni in tema di dichiarazione di emersione dal lavoro irregolare, svolto da cittadini extracomunitari, per l’assistenza alle persone o il sostegno al bisogno familiare ha disposto i seguenti casi di inammissibilità delle richieste di regolarizzazione:

a) lavoratori stranieri nei confronti dei quali sia stato emesso un provvedimento di espulsione ai sensi dell’art. 13, commi 1 e 2, lett. c), del d lgs 286/1998 e dell’art. 3 del d.l. 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla L. 31 luglio 2005, n. 155;

b) lavoratori stranieri che risultino segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore per l’Italia, ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato;

c) che risultino condannati, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei reati previsti dagli articoli 380 e 381 del medesimo codice.

Il reato per il quale il ricorrente è stato condannato -rientrante nella fattispecie disciplinata dall’art. 14, comma 5ter, del d. lgs. 286/1998- non è tuttavia riconducibile ad alcuno dei reati per i quali la relativa sentenza di condanna è preclusiva all’emersione del lavoro irregolare.

Inoltre, l’art. 13, commi 1 e 2, lett. c), del d lgs 286/1998 disciplina fattispecie di espulsione amministrative diverse da quella che ha interessato il ricorrente.

Più in particolare, l’art. 13, comma 1, riguarda il caso dell’espulsione dello straniero anche non residente nel territorio dello Stato, disposta dal Ministro dell’Interno, per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato.

L’art. 13, comma 2, lett. c), riguarda invece l’espulsione dello straniero, disposta sempre dal Ministro dell’interno, di soggetto appartenente a taluna delle categorie indicate nell’art. 1 L. n. 1423 del 1956, come sostituto dall’art. 2 L. n. 327 del 1988, (soggetti che si presumono siano dediti abitualmente ad attività delittuose e di queste traggano sostegno economico) o nell’art. 1 L. n. 565 del 1965, come sostituito dall’art. 13 L. n. 646 del 1982 (appartenenti ad associazioni di stampo mafioso).

Appare quindi pacifico che, al di fuori delle ipotesi tassativamente contemplate dal menzionato art. 13 d. lgs. 286 del 1998, non può essere negato, in presenza di tutti gli altri presupposti richiesti dalla legge, il rilascio del decreto favorevole relativamente alla dichiarazione di emersione dal lavoro irregolare nell’ambito di un procedimento disciplinato da una speciale e specifica disposizione di legge adottata ad hoc.

Il ricorso è quindi fondato, con assorbimento delle eventuali altre questioni.

Le spese sono compensate con obbligo,tuttavia, dell’Amministrazione di rimborsare alla parte ricorrente quanto dalla stessa anticipato a titolo di contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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