T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 23-05-2011, n. 4555 Sanzione amministrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Espone la ricorrente – società concessionaria plurimarche operante nelle province di MonzaBrianza e Milano – di aver acquisito, nel 2008, un’autovettura Renault Megane, ceduta da un proprio cliente, che aveva acquistato dalla stessa concessionaria altro autoveicolo.

L’autovettura anzidetta, che si presentava in ottimo stato e con un chilometraggio pari a km. 58.000, veniva successivamente posta in vendita da M.; e, quindi, acquistata dalla sig.ra M. L.F., non prima di essere sottoposta ad un accurato tagliando.

Successivamente all’acquisto, la sig.ra F. si rivolgeva ripetutamente a M. lamentando la presenza di problemi meccanici.

Quest’ultima, a seguito del ripetersi di inconvenienti vari all’autovettura, interessava una concessionaria Renault al fine di acquisire un’approfondita consulenza in ordine agli inconvenienti riscontrati.

In esito agli accertamenti, emergeva che la Megane aveva effettuato, in realtà, una percorrenza ben superiore a quella evidenziata dal contachilometri (evidentemente alterato al momento della cessione del veicolo alla ricorrente), atteso che già nel 2007 risultavano percorsi, dal database nazionale, ben 140.000 chilometri.

L’acquirente della Renault Megane, sig.ra F., segnalava l’accaduto all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, la quale provvedeva ad avviare istruttoria nei confronti di M. rilevando:

– l’ingannevolezza delle informazioni da quest’ultima fornite alla cliente, in ragione dell’abbassamento del chilometraggio e della consegna della carta di circolazione al momento non dell’acquisto, ma del ritiro dell’autovettura;

– e l’ostacolo opposto ai diritti del consumatore in materia di garanzia legale di conformità, in relazione alla mancanza di interventi riparatori nel periodo dicembre 2009 – luglio 2010.

A fronte delle controdeduzioni presentate da M. – e pur riconoscendo che l’abbassamento del chilometraggio non era a quest’ultima imputabile – AGCM chiudeva il procedimento adottando l’avversata determinazione sanzionatoria, avverso la quale la ricorrente insorge, con il presente mezzo di tutela, deducendo i seguenti profili di censura:

1) Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 18 e 27, comma 3, del D.Lgs. 206/2005, dell’art. 6 del Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pratiche commerciali scorrette di cui alla delibera AGCM 15 novembre 2007, degli artt. 7 e 8 della legge 241/1990. Disparità di trattamento e violazione dell’art. 3 della Costituzione, in relazione all’omesso coinvolgimento nel procedimento amministrativo di un soggetto, qualificabile come "professionista" ai sensi del Codice del Consumo, che ha materialmente posto in essere la condotta principalmente contestata.

Il procedimento conclusosi con l’irrogazione della contestata sanzione sarebbe inficiato in relazione al mancato coinvolgimento in esso di Silva & C s.r.l. (operatore commerciale al quale, a dire del cliente che aveva ceduto la Renault Megane a M., era imputabile la manomissione del contachilometri dell’autovettura, come dalle ricorrente stessa documentalmente dimostrato).

2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 2, 22 e 128 del D.Lgs. 206/2005. Eccesso di potere per travisamento ed errata valutazione dei presupposti di fatto e di diritto. Pretestuosità, nella parte in cui AGCM ha preteso di sanzionare la ricorrente per aver omesso di vigilare con la dovuta diligenza in merito alle informazioni fornite sull’autovettura commercializzata.

A fronte delle contestazioni mosse dall’Autorità a M. (vendita di autovettura senza aver accertato, con la necessaria diligenza, l’effettivo chilometraggio; consegna della carta di circolazione al momento non dell’acquisto, ma del ritiro dell’autovettura), assume in primo luogo parte ricorrente di non acquisito conoscenza, se non successivamente (ed a seguito di accertamenti condotti presso la Renault), della reale percorrenza chilometrica della Megane venduta alla sig.ra F.; ulteriormente sostenendo di aver sottoposto il veicolo a controlli, certificati in apposita scheda di valutazione.

Né sarebbe ragionevolmente pretendibile che, all’atto della vendita di un’autovettura, l’operatore provvedesse alla ricostruzione dell’intera vita del veicolo, accertando l’effettiva percorrenza dello stesso ad onta delle indicazioni del contachilometri.

Sostiene inoltre M. che rappresenta consolidata pratica commerciale la consegna della carta di circolazione al momento non già dell’acquisto, ma del ritiro dell’autoveicolo.

3) Violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 24, 25 e 128 del D.Lgs. 206/2005. Eccesso di potere per travisamento ed errata valutazione dei presupposti di fatto e di diritto. Pretestuosità nella parte in cui AGCM ha preteso di sanzionare la ricorrente con riferimento alla illegittima opposizione di ostacoli all’esercizio dei diritti del consumatori in materia di garanzia legale di conformità.

A fronte dei guasti ripetutamente verificatisi, M. non avrebbe prestato, secondo quanto sostenuto dall’Autorità, la necessaria assistenza all’acquirente del veicolo, né avrebbe aderito alle richieste di risoluzione del contratto presentate dalla sig.ra F..

Nel sottolineare la presenza di circostanze che smentiscono tale assunto – in quanto ripetutamente sarebbero stati effettuati interventi di riparazione sulla Megane, previa richiesta dell’acquirente della stessa – M. evidenzia di aver tenuto tempestivamente informata la cliente anche in ordine agli accertamenti successivamente condotti: assumendo, pertanto, che non ricorra l’ipotesi – sostenuta da AGCM – di violazione degli artt. 24 e 25 del Codice del Consumo.

4) Violazione e falsa applicazione dell’art. 27, commi 913 del D.Lgs. 206/2005 e dell’art. 11 della legge 689/1981. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti fattuali e giuridici. Violazione del principio di proporzionalità. Illogicità manifesta in relazione alla parte del provvedimento in cui viene determinata la quantificazione delle sanzioni.

La commisurazione dell’apparato sanzionatorio, in relazione alla duplicità di fattispecie alla ricorrente contestate dall’Autorità, sarebbe illegittima:

– in relazione alla separata individuazione di una duplicità di condotte, laddove il comportamento eventualmente addebitabile a M. ha carattere essenzialmente unitario in ragione della unicità della vicenda come sopra descritta;

– e, comunque, in quanto operata assumendo a fondamento non già l’utile di esercizio, ma il fatturato complessivo della società.

Conclude parte ricorrente insistendo per l’accoglimento del gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura.

L’Autorità intimata, costituitasi in giudizio, ha eccepito l’infondatezza delle esposte doglianze, invocando la reiezione dell’impugnativa.

La domanda di sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato, dalla parte ricorrente proposta in via incidentale, è stata dalla Sezione accolta con ordinanza n. 1047, pronunziata nella Camera di Consiglio del 24 marzo 2011.

Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza dell’11 maggio 2011.
Motivi della decisione

1. Sulla base di una segnalazione pervenuta all’Autorità il 17 marzo 2010, successivamente integrata l’8 ed il 15 aprile e l’8 giugno 2010, veniva rappresentato all’attenzione di quest’ultima che l’odierna ricorrente M. avrebbe fornito informazioni non veritiere circa le caratteristiche principali del prodotto offerto, in quanto una vettura sarebbe stata dalla medesima venduta con un chilometraggio, riportato nel quadro strumenti e nel certificato di garanzia rilasciato al cliente, non corrispondente a quello effettivo e, conseguentemente, a un prezzo superiore alla sua effettiva quotazione di mercato.

Lo stesso professionista avrebbe, altresì, rilasciato al cliente una copia incompleta della carta di circolazione, dalla quale risultava, contrariamente al vero, un solo precedente intestatario del veicolo, omettendo di consegnare all’acquirente il libretto d’uso, manutenzione e tagliandi della vettura.

A seguito della rilevazione di un difetto della vettura – perdita di potenza del motore – il professionista avrebbe, poi, effettuato una prima riparazione dell’automobile in data 1° agosto 2009, chiedendo al consumatore di concorrere alle spese per la sostituzione di alcune componenti meccaniche e un secondo intervento, a distanza di 30 giorni, per la sostituzione della turbina senza alcun addebito.

Pochi mesi dopo, la vettura ha evidenziato nuovamente lo stesso problema, dovuto alla rottura della turbina e il professionista ha rifiutato la riparazione e/o la sostituzione del bene e non ha dato seguito alla richiesta del consumatore di risolvere il contratto.

1.1 Sulla base della segnalazione pervenuta e di informazioni acquisite ai fini dell’applicazione del Codice del Consumo, in data 24 giugno 2010, veniva stato comunicato l’avvio del procedimento istruttorio PS5799 a M. per presunta violazione degli artt. 20, 21 comma 1, lettera b), e 22, nonché degli artt. 20, 24 e 25, lettera d), del Codice del Consumo.

In tale sede veniva ipotizzato, in particolare, che:

– la prima delle indicate pratiche commerciali "potesse risultare ingannevole in violazione degli artt. 20, 21 comma 1, lettera b), del Codice del Consumo, in quanto consistente nel divulgare informazioni non veritiere circa le caratteristiche principali del prodotto – il chilometraggio riportato nel quadro strumenti e nel certificato di garanzia rilasciato al cliente nonché il numero degli intestatari del veicolo risultanti dalla copia parziale della carta di circolazione rilasciata al cliente – incidenti su parametri sui quali il consumatore medio basa generalmente la propria valutazione in ordine alla congruità del prezzo richiesto per un’autovettura usata";

– ulteriormente, potesse risultare ingannevole (in violazione dell’art. 22 del Codice del Consumo) "la pratica commerciale caratterizzata anche dall’omissione di informazioni rilevanti contenute nel libretto di uso, manutenzione e tagliandi della vettura mai consegnato al consumatore, che avrebbero potuto rendere edotto il consumatore in merito all’effettivo chilometraggio del veicolo e alle revisioni effettuate, determinando così il proprio comportamento economico, in relazione al prodotto, nella piena consapevolezza degli eventuali controlli effettuati e del chilometraggio del veicolo";

– e che, da ultimo, potesse risultare aggressiva (con violazione degli artt. 20, 24 e 25 lettera d), del Codice del Consumo) la pratica commerciale consistente nell’imposizione di ostacoli non contrattuali, onerosi o sproporzionati, all’esercizio dei diritti contrattuali del consumatore in materia di garanzia legale di conformità di cui agli artt. 128 e ss. del Codice del Consumo.

1.2 Dalle evidenze istruttorie raccolte nel corso del procedimento è emerso – secondo quanto illustrato nel provvedimento gravato – che M. ha acquistato l’autovettura Renault Megane da una sua cliente in data 29 luglio 2008 e che, in considerazione delle buone condizioni meccaniche, la stessa è stata messa in vendita dopo aver effettuato un semplice lavaggio.

Al momento della vendita al consumatore, la stessa autovettura indicava nel tachimetro e nel certificato di garanzia rilasciato al cliente una percorrenza di circa 58.000 km.

Peraltro, in occasione di un intervento in garanzia effettuato da una Concessionaria della Renault nel gennaio 2006, la vettura evidenziava un chilometraggio di circa 88.000 km; lo stesso autoveicolo, come indicato nello stato d’uso compilato dal primo proprietario e prodotto in atti dal consumatore, in data 7 giugno veniva venduto con una percorrenza di circa 144.000 km.

Dalle evidenze istruttorie raccolte dall’Autorità, è emerso che, a seguito della rilevazione di un difetto della vettura – perdita di potenza del motore – M. ha effettuato una prima riparazione in garanzia in data 1° agosto 2009, chiedendo al consumatore di concorrere alle spese per la sostituzione della valvola EGR e del gruppo galleggiante del serbatoio.

A distanza di 30 giorni il veicolo presentava nuovamente una perdita di potenza causata dal malfunzionamento della turbina, sostituita dalla ricorrente senza richiedere alcun addebito al consumatore.

Nel dicembre 2009, dopo aver percorso circa 5.000 km dall’ultima riparazione, il consumatore riconsegnava nuovamente la vettura a M., rilevando che la stessa presentava una perdita di potenza del motore, e richiedendo la riparazione della vettura.

A fronte della sollecitazione alla riparazione della vettura in garanzia (con richiesta di una vettura sostituiva) e, in subordine, della domanda di risoluzione del contratto di compravendita, nel marzo 2010, M. inviava al consumatore una comunicazione di riscontro nella quale riferiva di aver appreso da una concessionaria Renault che il veicolo in questione ceduto alla ricorrente con una percorrenza di circa 58.000 km presentava già nel 2006 circa 88.000 km e che, pertanto, le problematiche insorte dovevano essere riferite alla considerevole percorrenza chilometrica effettuata dal veicolo, per le quali era stata avanzata una richiesta di manleva e di risarcimento danni nei confronti della dante causa.

Quest’ultima, in particolare, avrebbe addebitato la responsabilità della manomissione del contachilometri alla società dalla quale a sua volta aveva acquistato il veicolo, per cui il professionista si dichiarava in attesa di ricevere chiarimenti sulla vicenda riservandosi azioni civili e penali.

Dopo essere stato denunciata in sede penale e citata in sede civile, M. manifestava la propria disponibilità a risolvere il contratto di vendita corrispondendo al consumatore una somma di 19.000 euro, peraltro successivamente aumentata in occasione di ulteriori offerte.

1.3 Nella memoria difensiva presentata all’Autorità, M. evidenziava che:

– la contraffazione del contachilometri non poteva alla medesima essere imputata, in quanto già al momento della cessione in permuta dal precedente proprietario il veicolo in questione presentava una percorrenza chilometrica di circa 58.000 km (avendo, peraltro, appreso della manomissione dei chilometri solo dopo essersi recata presso la concessionaria ufficiale Renault);

– non tutte le vetture ritirate in permuta vengono consegnate con il libretto dei tagliandi in quanto smarrito dai clienti o mai compilato;

– secondo una prassi generalmente seguita, la copia integrale della carta di circolazione nella quale sono indicati i passaggi di proprietà e la data dell’ultima revisione viene consegnata all’acquirente al momento del ritiro della vettura;

– solo in occasione del primo intervento sono stati addebitati al cliente i reltivi costi (nella misura del 50%), in quanto i pezzi che determinavano perdite di carburante sostituiti dal professionista (valvola EGR e gruppo galleggiante del serbatoio) farebbero parte di quel gruppo di componenti dell’auto soggetti ad usura periodica per i quali lo stesso Codice del Consumo all’art. 128 esclude la garanzia per difetto di conformità, in quanto derivanti dall’uso normale della cosa

ulteriormente rappresentando che, con le offerte formulate dopo le denunce in sede civile e penale, la stessa M. avrebbe dimostrato la propria disponibilità a risolvere bonariamente la vicenda tentando di coinvolgere gli effettivi responsabili della contraffazione del tachimetro.

1.4 Con riguardo alla prima tipologia di pratica commerciale contestata (diffusione di informazioni ingannevoli e omissione di informazioni rilevanti in merito alle caratteristiche principali del prodotto), l’Autorità sottolineava che, al momento della vendita, l’autovettura Renault Megane indicava sul cruscotto e nel certificato di garanzia rilasciato al cliente una percorrenza di circa 58.000 km, quando in realtà, la stessa presentava già nel gennaio 2006 (in occasione di un intervento effettuato sulla vettura da una Concessionaria Renault) una percorrenza di circa 88.000 km e nel giugno 2007 (all’atto della vendita da parte del primo proprietario) una percorrenza superiore ai 140.000 Km.

Pur escludendo che, sulla base delle acquisite risultanze istruttorie, la manomissione del contachilometri sia imputabile a M., nondimeno AGCM riteneva quest’ultima responsabile per aver commercializzato la vettura in questione senza aver prima verificato che il chilometraggio riportato nel quadro strumenti al momento della vendita risultasse veritiero e, in particolare, non inferiore a quello rilevato dalla concessionaria Renault in occasione della revisione effettuata nel 2006 nonché a quello risultante dallo stato d’uso del veicolo compilato dal primo proprietario nel giugno 2007.

Nell’osservare come, secondo il canone di diligenza professionale richiesto dal Codice del Consumo, "il professionista avrebbe dovuto implementare un adeguato sistema di controllo delle vetture usate atto a verificare la veridicità o quantomeno l’attendibilità della percorrenza chilometrica indicata nel quadro strumenti confrontandola con quella rilevata alla data dell’ultimo tagliando indicato nel libretto d’uso e manutenzione rilasciato dalla casa automobilistica ovvero, in assenza di questo, richiedendo informazioni presso le concessionarie autorizzate sugli eventuali interventi effettuati in garanzia o, ancora, effettuando delle ricerche presso i precedenti proprietari della vettura", AGCM ha escluso la condivisibilità dell’argomentazione difensiva di M. relativa alla difficoltà di determinare con certezza la percorrenza di un autoveicolo usato.

Atteso che la stessa ricorrente ha evidenziato che Renault dispone di un servizio nazionale che registra il chilometraggio percorso dalla vettura per qualsiasi intervento effettuato, AGCM ha argomentato la piena consapevolezza di M. di poter risalire, nel caso di specie, al chilometraggio effettivo percorso della autovettura acquistata dal consumatore richiedendo alla casa automobilistica l’elenco degli interventi effettuati in garanzia sulla vettura e il corrispondente chilometraggio di percorrenza (osservando, ulteriormente, come tale verifica avrebbe potuto essere effettuata da M. prima della vendita).

Quanto poi alle informazioni relative ai passaggi di proprietà della vettura, le evidenze acquisite dimostrerebbero, giusta quanto esposto nel provvedimento gravato, "che il professionista ha consegnato al consumatore la carta di circolazione integrale solo a distanza di tempo dall’acquisto, rilasciando al momento del ritiro una copia parziale del documento che rendeva verosimile quanto dichiarato dal venditore, contrariamente al vero, circa l’esistenza di un unico precedente proprietario".

A conclusione delle riportate considerazioni, l’Autorità riteneva ingannevole la pratica commerciale di che trattasi, consistente:

– nel commercializzare una automobile usata che indica nel quadro strumenti e nel certificato di garanzia rilasciato all’acquirente una percorrenza chilometrica inferiore rispetto a quella effettiva

– nonché nell’aver consegnato al momento della sottoscrizione del contratto una copia parziale della carta di circolazione del veicolo

in violazione dell’art. 21, comma 1, lettera b), del Codice del Consumo, in quanto ingenerante nel consumatore medio "falsi affidamenti in ordine alle caratteristiche principali del prodotto in modo da farlo percepire, contrariamente al vero, come dotato di un dato chilometraggio, quando lo stesso risulta inferiore rispetto a quello effettivamente percorso, e come appartenuto ad un unico proprietario, quando in realtà lo stesso risulta appartenuto a più proprietari, facendogli così assumere decisioni di natura economica che non avrebbe altrimenti preso".

La stessa pratica commerciale veniva altresì ritenuta idonea ad integrare un’ipotesi di violazione dell’art. 20 del Codice del Consumo, "in quanto i comportamenti descritti risultano non conformi al livello di ordinaria diligenza ragionevolmente esigibile da parte di un operatore attivo nella commercializzazione di auto usate": e ciò dal momento che "il rispetto dei principi di correttezza e buona fede nel settore della vendita di auto usate richiede al professionista di appurare che al momento della vendita al pubblico il quadro strumenti delle vetture usate indichi la reale percorrenza chilometrica del veicolo, confrontando, ad esempio, il dato presente nel contachilometri con i dati rilevati in occasione di precedenti revisioni o manutenzioni effettuate dalle concessionarie autorizzate".

Nel caso di specie, il professionista avrebbe "agito in palese contrasto con il canone della diligenza nella misura in cui risulta consapevole, come da lui stesso precisato, della possibilità di ottenere un riscontro sulla effettiva percorrenza del chilometraggio rivolgendosi alle concessionarie ufficiali Renault, dotate di un servizio nazionale di registrazione del chilometraggio presentato dalle vetture in occasione degli interventi eseguiti"; sul medesimo incombendo, peraltro, l’obbligo di consegnare – in assenza di altra documentazione dalla quale il consumatore potesse evincere il numero dei precedenti intestatari del veicolo – una copia integrale della carta di circolazione prima della sottoscrizione del contratto di vendita e non anche al momento del ritiro della vettura "in modo da consentire al consumatore di formare liberamente le proprie scelte d’acquisto considerando anche il numero dei precedenti proprietari".

1.5 Rispetto alla seconda tipologia di pratica commerciale (l’imposizione di ostacoli all’esercizio dei diritti del consumatore in materia di garanzia legale di conformità) l’Autorità ha preliminarmente osservato che, secondo la disciplina contenuta negli artt. 128 e ss. Codice del Consumo, il venditore è responsabile nei confronti del consumatore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene e, per i beni usati, "limitatamente ai difetti non derivanti dall’uso normale della cosa" (art. 128, comma 3); il medesimo venditore essendo, inoltre, "responsabile della garanzia legale quando il difetto di conformità si manifesta entro il termine di due anni dalla consegna del bene (art. 132, comma 1) ovvero, nel caso di beni usati, entro un periodo di tempo in ogni caso non inferiore ad un anno qualora la limitazione di responsabilità sia espressamente prevista dalle parti (art. 134, comma 2)".

Ciò posto, a fronte della richiesta di riparazione del 15 dicembre 2009, ripetutamente sollecitata, dal consumatore, M. ha rifiutato di effettuare un ulteriore intervento in garanzia sulla vettura e non ha accettato la richiesta di risoluzione del contratto di compravendita presentata dall’acquirente per l’ipotesi in cui il professionista non avesse proceduto a riparare il bene in un tempo congruo.

Il suindicato rifiuto di riparazione è stato da AGCM ritenuto ingiustificato in quanto, "come riconosciuto dallo stesso professionista, le problematiche insorte – la rottura della turbina precedentemente sostituita – sono da ricondurre alla notevole percorrenza chilometrica effettivamente percorsa dal veicolo e, dunque, ad un difetto di conformità del prodotto".

In ogni caso, anche qualora la manomissione del contachilometri fosse stata addebitabile ad un precedente venditore, il professionista avrebbe dovuto riparare il bene in un tempo congruo ovvero accogliere la richiesta di risoluzione del contratto d’acquisto restituendo al consumatore il prezzo corrisposto, esercitando in un secondo momento l’azione di regresso nei confronti del soggetto ritenuto responsabile.

Tali considerazioni hanno condotto AGCM a configurare il rifiuto di M. di riparare la vettura e di dar seguito alla richiesta del consumatore di risolvere il contratto, quale "pratica commerciale aggressiva ai sensi degli articoli 24 e 25, lettera d), del Codice del Consumo, in quanto consistente nell’imposizione di ostacoli non contrattuali, onerosi o sproporzionati, all’esercizio dei diritti contrattuali del consumatore in materia di garanzia legale di conformità di cui agli artt. 128 e ss. del Codice del Consumo"; ulteriormente osservandosi come la medesima pratica "appare idonea ad integrare, altresì, un’ipotesi di violazione dell’art. 20 del Codice del Consumo, in quanto i comportamenti descritti risultano non conformi al livello di ordinaria diligenza ragionevolmente esigibile da parte di un operatore attivo nella commercializzazione di auto usate".

1.6 Relativamente alla quantificazione della sanzione – a fronte di "due distinte pratiche commerciali, ciascuna delle quali dotata di autonomia strutturale" – l’applicazione dei criteri di cui all’art. 11 della legge n. 689/1981, in virtù del richiamo previsto all’art. 27, comma 13, del Codice del Consumo (gravità della violazione, opera svolta dall’impresa per eliminare o attenuare l’infrazione, personalità dell’agente, condizioni economiche dell’impresa) ha condotto all’irrogazione, per la prima delle fattispecie considerate da AGCM, di una sanzione commisurata ad Euro 50.000,00.

Considerata l’ascrivibilità alla ricorrente M. di un fatturato pari a circa 118 milioni di euro, è stata preliminarmente valutata la gravità della violazione, atteso che "la prospettazione di una percorrenza chilometrica del veicolo inferiore a quella reale sia nel quadro strumenti che nel certificato di garanzia e l’occultamento del numero dei precedenti proprietari del veicolo ha comportato un elevato pregiudizio economico per il consumatore acquirente in quanto… quest" ultimo, ove informato dell’effettivo chilometraggio della vettura, avrebbe scelto di non acquistarla al prezzo offerto".

Relativamente alla durata della violazione, la pratica commerciale è stata stimata protrarsi "nel periodo compreso tra agosto 2008 e marzo 2009 in quanto… la vettura Renault Megane Diesel risulta essere stata acquistata da M. il 29 luglio 2008 e posta in esposizione dopo un semplice lavaggio sino alla vendita al consumatore del marzo 2009".

Con riferimento alla seconda pratica commerciale, relativa all’attività post vendita e specificamente agli ostacoli posti al diritto di garanzia di conformità descritta nel punto II, lettera (b), ribadita la dimensione economica del professionista e la gravità della condotta (in relazione al potenziale pregiudizio arrecato al comportamento economico del consumatore che, se fosse stato a conoscenza delle difficoltà nel vedere riconosciuta la garanzia legale, a fronte del continuo manifestarsi di difetti di conformità, non si sarebbe presumibilmente determinato ad effettuare l’acquisto), la durata è stata stimata protrarsi dal 15 dicembre 2009 (data di consegna della vettura da parte del consumatore per la riparazione del difetto) sino al 30 luglio 2010 (data nella quale il professionista risulta aver manifestato la propria disponibilità a risolvere il contratto): conclusivamente pervenendosi all’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria parimenti commisurata ad Euro 50.000,00.

2. Si impone, preliminarmente alla disamina del thema decidendum proposto con il presente mezzo di tutela, una necessaria ricognizione del pertinente quadro normativo di riferimento.

Come noto, la normativa, di derivazione europea, posta a tutela del consumatore e della concorrenza si è arricchita per effetto della Direttiva n. 2005/29/CE, relativa alle "Pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno", alla quale il Legislatore nazionale ha provveduto a dare attuazione adottando, nell’agosto del 2007, due distinti Decreti Legislativi (nn. 145 e 146), rispettivamente destinati ai rapporti tra professionisti ed alle pratiche intraprese da questi ultimi con i consumatori.

Il D.Lgs. 146/2007 è intervenuto direttamente sul Codice del Consumo, sostituendo gli artt. 1827 del D.Lgs. 6 settembre 2005 n. 206 ed introducendo una generale normativa sulle "pratiche commerciali scorrette".

Il Codice del Consumo, per come modificato alla stregua dell’indicata sopravvenienza normativa, ha abbandonato il precedente specifico riferimento alla sola pubblicità ingannevole e comparativa, per approdare ad una disciplina di portata più ampia, riferibile, sotto il profilo oggettivo, ad ogni azione, omissione, condotta, dichiarazione e comunicazione commerciale, "ivi compresa la pubblicità", posta in essere da un professionista "prima, durante e dopo un’operazione commerciale relativa ad un prodotto" (artt. 18 e 19 del Codice), così notevolmente allargando il campo delle condotte sanzionabili.

Quanto, invece, all’ambito di applicazione soggettivo, le pratiche commerciali rilevanti ai fini della normativa in esame sono solo quelle poste in essere tra professionisti e consumatori: rimanendo, pertanto, escluse quelle condotte connesse ad un rapporto tra soli professionisti, cui, viceversa, fa precipuo riferimento il parallelo D.Lgs. n. 145/2007 sulla pubblicità ingannevole e comparativa.

Il recepimento nell’ordinamento interno della direttiva comunitaria 2005/29/CE, ha indubbiamente rafforzato il ruolo dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nella tutela amministrativa del consumatore, rendendola ben più incisiva e ampia di quella prevista in precedenza e limitata alla repressione della pubblicità ingannevole e comparativa.

Per tale ragione, del resto, il D.Lgs. 146/2007 ha, contestualmente, ampliato i poteri dell’Autorità, allineandoli a quelli tipici dell’azione amministrativa a tutela della concorrenza e rendendo altresì più severe le misure sanzionatorie.

Ai sensi dell’art. 18 del D.Lgs. 6 settembre 2005 n. 206 (come modificato dall’appena citato D.Lgs. 2 agosto 2007 n. 146), "per le finalità considerate dal Titolo III" (Pratiche commerciali, pubblicità ed altre informazioni commerciali), si intende per:

– "professionista": qualsiasi persona fisica o giuridica che, nelle pratiche commerciali oggetto del presente titolo, agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale e chiunque agisce in nome o per conto di un professionista;

– "prodotto": qualsiasi bene o servizio, compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni;

– "pratiche commerciali tra professionisti e consumatori": qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori;

– "falsare in misura rilevante il comportamento economico dei consumatori": l’impiego di una pratica commerciale idonea ad alterare sensibilmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole, inducendolo pertanto ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.

Il successivo art. 19 puntualizza, poi, che le disposizioni contenute nel Titolo anzidetto trovano applicazione alle pratiche commerciali scorrette tra professionisti e consumatori poste in essere prima, durante e dopo un’operazione commerciale relativa a un prodotto.

Il comma 2 dell’art. 20 stabilisce, quindi, che "una pratica commerciale è scorretta se è contraria alla diligenza professionale, ed è falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori"; mentre il successivo comma 4 individua come scorrette le pratiche commerciali:

– ingannevoli di cui agli articoli 21, 22 e 23

– aggressive di cui agli articoli 24, 25 e 26.

In particolare, ai sensi dell’art. 22 "è considerata ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, omette informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induce o è idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso".

Secondo l’art. 24 "è considerata aggressiva una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, mediante molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica o indebito condizionamento, limita o è idonea a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al prodotto e, pertanto, lo induce o è idonea ad indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso".

Gli articoli 23 e 26, descrivono, infine, le pratiche che sono considerate in ogni caso ingannevoli e/o aggressive.

3. Alla stregua del paradigma normativo di riferimento, come sopra illustrato, la Sezione ha motivo di dare atto della fondatezza delle argomentazioni con le quali l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha ritenuto ricorrere, nella fattispecie all’esame, un’ipotesi pratica commerciale scorretta con riferimento alla violazione dell’obbligo di diligente e completa informazione del consumatore.

3.1 Se la non correttezza della pratica commerciale, al fine di assumere rilevanza nel quadro degli interventi repressivi rimessi all’Autorità, è suscettibile essere identificata – pur nella variegata tipologie di condotte e fattispecie dal Codice del Commercio analiticamente individuate – alla stregua di tre fondamentali coordinate identificative, ravvisabili:

– da un lato, in una condotta (posta in essere dall’operatore commerciale) negativamente connotata sotto il profilo della diligenza;

– dall’altro, in un comportamento (assunto dal consumatore) diverso da quello che quest’ultimo avrebbe tenuto (rectius: avrebbe potuto tenere);

– e, conclusivamente, da un nesso di implicazione causale fra il primo ed il secondo degli elementi sopra posti in evidenza, di tal guisa che la "non correttezza" della pratica commerciale si sarebbe venuta a porre quale antecedente logico necessario (ancorché non necessariamente unico) a fronte delle "scelte" che il consumatore abbia posto in essere;

soprattutto il primo degli individuati profili di analisi impone di individuare l’esatta portata contenutistica dell’obbligo di diligenza, segnatamente con riferimento alla vicenda che ha dato luogo all’odierna controversia.

Se non esiste un astratto paradigma suscettibile di integrare un univoco termine di riferimento quanto all’individuazione di un comportamento "diligente", la concreta commisurazione del relativo obbligo deve essere necessariamente parametrata con la condotta concretamente esigibile nella particolare fattispecie in considerazione; ovvero, in quel comportamento che, avuto riguardo:

– alla peculiarità della vicenda negoziale

– ed al complesso di conoscenze riferibili (ovvero, ragionevolmente pretendibili in capo) all’operatore commerciale

possa essere – o meno – suscettibile di essere interpretato come "pratica commerciale scorretta", ovvero contrario al suddetto dovere di diligenza e, ulteriormente, suscettibile di orientare in maniera decettiva le scelte del consumatore (inducendo quest’ultimo ad esercitare una scelta commerciale che non avrebbe altrimenti compiuto).

3.2 Che, nella fattispecie sottoposta all’esame della Sezione, l’obbligo diligenziale di che trattasi non sia stato compiutamente osservato da M., non appare verosimilmente discutibile.

All’interno della vicenda caratterizzata dall’acquisto e dalla successiva cessione di un’autovettura Renault modello Megane diesel, M. ha infatti omesso (per come incontestabilmente comprovato dalle evidenze acquisite da AGCM nel corso dell’istruttoria) di porre in essere quei comportamenti che, in quanto specificamente connotanti il livello di professionalità pretendibile da parte di un operatore commerciale del settore, avrebbero potuto tempestivamente scongiurare il verificarsi del pregiudizio risentito dal cliente in conseguenza dell’acquisto dell’autovettura stessa.

Senza ripetere quanto precedentemente illustrato con riferimento ai contenuti salienti della gravata determinazioni, è appena il caso di osservare che proprio l’osservanza dell’essenziale parametro diligenziale – connotato, specificamente, dalle conoscenze professionali che non potevano difettare in capo a M. in relazione alla peraltro risalente operatività nel settore della compravendita automobilistica – avrebbe dovuto imporre alla ricorrente di svolgere tutti i necessari accertamenti (evidentemente prodromici rispetto alla messa in vendita dell’autoveicolo) volti ad accertarne la reale ed effettiva percorrenza chilometrica.

E ciò:

– non soltanto con riferimento all’acquisito elemento esperienziale (del quale la stessa ricorrente, del resto, dà atto) rappresentato dalla non sempre riscontrabile veridicità delle indicazioni del contachilometri;

– ma, vieppiù, in ragione della acquisibilità di dati di percorrenza (diversamente) effettivi, mediante consultazione (segnatamente, per quanto concerne i modelli di autovettura a marchio Renault) del database disponibile presso la casa automobilistica francese.

Per quanto riguarda l’ultimo punto preso in considerazione, M. ha evidenziato di aver svolto gli accertamenti sopra indicati (non solo in epoca largamente successiva alla messa in vendita dell’autoveicolo di che trattasi; ma addirittura soltanto) a seguito dei segnalati (quanto ripetuti) inconvenienti alla motorizzazione della Megane ceduta alla sig.ra Palmisano: venendo allora in considerazione un’evidente carenza diligenziale, atteso che la medesima condotta – ove posta in essere anteriormente alla commercializzazione del veicolo acquistato dalla ricorrente e dalla medesima successivamente ceduto – ben avrebbe potuto scongiurare l’assunzione, ad opera del consumatore, di una scelta commerciale tra l’altro fondata su un presupposto (il chilometraggio dell’autoveicolo) dimostratosi mendace.

Impregiudicata l’ascrivibilità dell’evidente manomissione del contachilometri a soggetti evidentemente diversi da M., preme sottolineare – a conferma delle osservazioni sul punto condotte dall’Autorità – che proprio le conoscenze professionali pretendibili da parte dell’operatore commerciale in ragione dell’esperienza al medesimo riconoscibile quanto allo specifico settore merceologico avrebbero dovuto indurre quest’ultimo ad attivare quei comportamenti – della cui concludenza la stessa M. ha dimostrato di essere ben edotta – volti all’esatta determinazione della percorrenza dell’autoveicolo: e, con essa, della potenziale usura della componente meccanica e/o motoristica che ha dato luogo agli inconvenienti ripetutamente segnalati dal consumatore.

3.3 La dimostrata contrarietà del contegno come sopra tenuto dalla ricorrente rispetto alla pretendibile diligenza professionale, appieno consente di dare atto della fondatezza dell’assunto sulla base del quale l’Autorità ha ritenuto violate le prescrizioni di cui agli artt. 20 e 21 del Codice del Consumo.

Quanto al diverso – e separatamente considerato – carattere di aggressività della pratica commerciale posta in essere da M., si è avuto modo di constatare come AGCM abbia ricondotto il comportamento tenuto dall’operatore commerciale alla fattispecie considerata dalla lett. d) dell’art. 25 del Codice del Consumo, laddove, al fine di "determinare se una pratica commerciale comporta… molestie, coercizione… o indebito condizionamento", è suscettibile, fra l’altro, di essere preso in considerazione "qualsiasi ostacolo non contrattuale, oneroso o sproporzionato, imposto dal professionista qualora un consumatore intenda esercitare diritti contrattuali, compresi il diritto di risolvere un contratto o quello di cambiare prodotto o rivolgersi ad un altro professionista".

In particolare, ai fini in discorso sono stati presi in considerazione:

– l’omessa effettuazione di una (ulteriore riparazione) richiesta dalla cliente a fronte di un nuovo malfunzionamento della Megane da quest’ultima acquistata;

– ed il rifiuto inizialmente opposto alla domanda di risoluzione del contratto di acquisto, accettata poi dalla ricorrente solo a seguito della citazione in sede civile e della denunzia in sede penale presentate dalla sig.ra Palmisano; sul punto osservandosi che, quand’anche "la manomissione del contachilometri fosse stata addebitabile ad un precedente venditore, il professionista avrebbe dovuto riparare il bene in un tempo congruo ovvero accogliere la richiesta di risoluzione del contratto d’acquisto restituendo al consumatore il prezzo corrisposto, esercitando in un secondo momento l’azione di regresso nei confronti del soggetto ritenuto responsabile".

Va in proposito rammentato come l’art. 130 del Codice del Consumo stabilisca che:

– in caso di difetto di conformità, il consumatore ha diritto al ripristino, senza spese, della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione, a norma dei commi 3, 4, 5 e 6, ovvero ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto, conformemente ai commi 7, 8 e 9 (comma 2);

– il consumatore può chiedere, a sua scelta, al venditore di riparare il bene o di sostituirlo, senza spese in entrambi i casi, salvo che il rimedio richiesto sia oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso rispetto all’altro (comma 3);

– le riparazioni o le sostituzioni devono essere effettuate entro un congruo termine dalla richiesta e non devono arrecare notevoli inconvenienti al consumatore, tenendo conto della natura del bene e dello scopo per il quale il consumatore ha acquistato il bene (comma 5);

– il consumatore può richiedere, a sua scelta, una congrua riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto ove ricorra una delle seguenti situazioni:

– a) la riparazione e la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose;

– b) il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione del bene entro il termine congruo di cui al comma 5;

– c) la sostituzione o la riparazione precedentemente effettuata ha arrecato notevoli inconvenienti al consumatore (comma 7).

Ora, va dato atto che, se il parziale onere economico posto a carico della cliente a fronte della prima riparazione effettuata da M. non ha assunto, nel quadro delle considerazioni esplicitate da AGCM, rilevanza in termini di pratica scorretta, il costo dei successivi interventi dalla ricorrente posti in essere non è stato addebitato alla sig.ra Palmisano.

A fronte della sollecitazione alla riparazione della vettura in garanzia (con richiesta di una vettura sostituiva), e, in subordine, della domanda di risoluzione del contratto di compravendita, nel marzo 2010 M. riferiva alla cliente di aver appreso da una concessionaria Renault che il veicolo in questione (ceduto con una dichiarata percorrenza di circa 58.000 km) presentava già nel 2006 una percorrenza di circa 88.000 km e che, pertanto, le problematiche insorte dovevano essere riferite alla considerevole percorrenza chilometrica effettuata dal veicolo, per le quali era stata avanzata una richiesta di manleva e di risarcimento danni nei confronti della dante causa.

Se l’onere informativo – rientrante nel novero dei comportamenti diligenziali pretendibili dall’operatore economico – risulta essere stato positivamente assolto da M., va tuttavia rilevato che quest’ultima abbia dimostrato l’intendimento di accedere alla richiesta di risoluzione del contratto soltanto dopo la presentazione di denuncia in sede penale e di citazione in sede civile, offendo alla cliente una somma pari ad Euro 19.000,00, peraltro successivamente aumentata in occasione di ulteriori offerte.

Consegue alle condotte osservazioni che, pur dimostrandosi la condotta come sopra descritta suscettibile di essere ricondotta nella illustrata fattispecie dell’"aggressività" (alla luce del disposto di cui alla lett. d) dell’art. 25 del D.Lgs. 206/2005), nondimeno la gravità del comportamento stesso – idonea a rifluire nella commisurazione dell’inflitta misura sanzionatoria – avrebbe dovuto essere diversamente apprezzata dall’Autorità, conseguentemente pervenendosi ad una inferiore quantificazione della sanzione applicata.

Non è infatti discutibile che – ferma la non addebitabilità a M. dei problemi ripetutamente manifestati dalla vettura venduta alla sig.ra Palmisano – la ricorrente abbia diligentemente prestato la necessaria assistenza a fronte delle richieste dalla cliente rivoltele: potendo alla stessa M. essere ragionevolmente ascritta, nel quadro degli obblighi sulla medesima incombenti, esclusivamente la ritardata adesione alla domanda di risoluzione del contratto (con accessiva restituzione del prezzo di vendita corrisposto) dalla medesima cliente avanzata.

4. Le considerazioni rassegnate al precedente punto 3.3 impongono di rideterminare l’importo della sanzione inflitta relativamente alla seconda delle considerate ipotesi di pratica commerciale scorretta.

4.1 Se la commisurazione della misura afflttiva si rivela corretta relativamente alla dimostrata carenza degli obblighi diligenziali, giusta quanto in precedenza sottolineato, diversamente la valutazione del carattere di "aggressività" della pratica commerciale posta in essere da M., alla stregua di quanto precedentemente sottolineato, avrebbe dovuto condurre – in ragione della necessaria ponderazione della gravità del comportamento complessivamente posto in essere dalla ricorrente – ad un diverso (ed attenuato) carico sanzionatorio.

Va in proposito preliminarmente rammentato come il paradigma normativo rilevante quanto alla determinazione delle misure afflittive irrogabili sia integrato, come è noto, dalle indicazioni ricavabili dall’art. 11 della legge 24 novembre 1989 n. 681, espressamente richiamato dall’art. 27, comma 13 del D.Lgs. 206/2005.

I criteri sono, in particolare, rappresentati:

– dalla gravità della violazione;

– dall’attività svolta dall’agente per eliminare quest’ultima;

– dalla personalità dell’agente stesso e dalle condizioni economiche al medesimo riferibili.

La commisurazione dell’importobase della sanzione (egualmente rappresentato per entrambe le fattispecie dalla somma di Euro 50.000,00) si dimostra suscettibile di essere ridotto, con esclusivo riferimento alla seconda fattispecie (relativa all’attività post vendita e specificamente agli ostacoli posti al diritto di garanzia) in ragione del non condivisibile apprezzamento del carattere di "gravità della condotta", da AGCM valutato alla luce del potenziale pregiudizio arrecato al comportamento economico del consumatore che, ove fosse stato a conoscenza delle difficoltà nel vedere riconosciuta la garanzia legale, a fronte del continuo manifestarsi di difetti di conformità, non si sarebbe presumibilmente determinato ad effettuare l’acquisto.

Tale considerazione, effettuata sulla base di un processo logicoinduttivo di carattere evidentemente prognostico, avrebbe dovuto essere necessariamente contemperata con la – complementare – valutazione della condotta concretamente posta in essere da M. nella fattispecie, segnatamente per quanto riguarda gli interventi di carattere manutentivo posti in essere sull’autoveicolo, nonché l’assolvimento degli oneri informativi nei confronti della cliente, al momento in cui la stessa ricorrente ha dimostrato di aver acquisito consapevolezza in ordine all’effettivo chilometraggio della vettura.

Piuttosto, la violazione effettivamente valutabile appare rappresentata esclusivamente dagli ostacoli (inizialmente) opposti alla domanda di risoluzione del contratto e di restituzione della somma versata dalla cliente: atteggiandosi quindi la condotta, nell’illustrato quadro del complessivo comportamento nella vicenda tenuto dalla ricorrente, con attenuata gravità rispetto a quanto (diversamente) apprezzato dall’Autorità.

4.2 Ciò osservato, è appena il caso di rammentare che il Codice del processo amministrativo, approvato con D.Lgs 2 luglio 2010 n. 104, stabilisce, all’art. 134, comma 1, lett. c), che "Il giudice amministrativo esercita giurisdizione con cognizione estesa al merito nelle controversie aventi ad oggetto le sanzioni pecuniarie la cui contestazione è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo, comprese quelle applicate dalle Autorità amministrative indipendenti".

L’ampliata latitudine della cognizione come sopra (ora) rimessa all’adito organo di giustizia amministrativa consente a quest’ultimo, esclusa ogni rimessione alla competente Autorità in ordine alla rinnovata valutazione della congruità dell’apparato sanzionatorio applicato, di procedere direttamente alla rideterminazione di quest’ultimo, laddove ai fini della relativa commisurazione, siano stati tenuti presenti (come nella fattispecie all’esame) elementi di caratterizzazione della gravità della condotta direttamente refluenti sulla quantificazione della sanzione.

Quanto sopra osservato, ritiene il Collegio che la sanzione base, commisurata ad Euro 50.000,00 relativamente alla seconda pratica commerciale (relativa all’attività post vendita e specificamente agli ostacoli posti al diritto di garanzia,) sia suscettibile di essere abbattuta nella misura del 50% del predetto importo (pari ad Euro 25.000,00), per l’effetto venendosi a commisurare ad Euro 25.000,00.

5. Come sopra dato atto della accoglibilità del ricorso nei soli limiti di quanto in motivazione precedentemente esplicitato e della conseguente rideterminazione, ai sensi dell’art. 134 del D.Lgs. 104/2010, della sanzione alla ricorrente inflitta dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, rileva conclusivamente il Collegio che, in ragione della parziale soccombenza, risultano configurati giusti motivi per disporre fra le parti un’integrale compensazione delle spese ed onorari di lite.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) così dispone in ordine al ricorso indicato in epigrafe:

– accoglie il predetto mezzo di tutela, limitatamente a quanto indicato in motivazione e, per l’effetto, in tali limiti annulla l’impugnato provvedimento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato prot. n. 0066349 in data 1° dicembre 2010;

– ridetermina, ai sensi dell’art. 134 del D.Lgs. 2 luglio 2010 n. 104, la sanzione amministrativa pecuniaria posta a carico della parte ricorrente nel provvedimento anzidetto, secondo quanto pure in motivazione indicato;

– compensa fra le parti spese ed onorari di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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