Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 01-02-2011) 20-05-2011, n. 20140 Misure alternative

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 20.4.2010 il Tribunale di sorveglianza di Venezia rigettava le istanze presentate da F.M., volte all’ammissione alle misure alternative di cui agli artt. 47, 47-ter e 50 Ord. Pen..

In specie, il tribunale – premesso che l’istante sta espiando la pena residua (pari ad anni uno e mesi quattro di reclusione) di anni quattro di reclusione in relazione al reato di bancarotta fraudolenta commessa nel 1999 – evidenziava che a carico del F. risultava la precedente condanna per il reato di ricettazione, nonchè la pendenza di procedimenti relativi ai reati di bancarotta fraudolenta, ricettazione, falso e truffa, verificatisi tra il 1996 ed il 2003.

Rilevava, altresì, che dall’istruttoria effettuata emergeva che il condannato manteneva un atteggiamento di negazione delle proprie responsabilità senza alcuna valutazione critica dei reati commessi;

inoltre, lo stesso si era genericamente dichiarato disponibile a risarcire il danno ma non aveva allegato alcuna attività concreta in tal senso. Infine, ad avviso del Tribunale, l’attività lavorativa documentata doveva ritenersi inidonea alle finalità proprie di qualsivoglia misura alternativa, atteso che pur formalmente esercitata come dipendente, di fatto si trattava di attività d’impresa facente capo al F. assimilabile a quella che aveva dato origine alle condotte illecite.

2. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il F., a mezzo del difensore di fiducia, denunciando il vizio di motivazione, affetta da contraddittorietà e manifesta illogicità.

Il ricorrente lamenta che il tribunale ha ritenuto la mancanza di ammissione delle proprie responsabilità da parte del condannato che, al contrario, ha riconosciuto la partecipazione al fatto illecito ed ha manifestato l’intenzione di risarcire il danno; inoltre, ha ritenuto rilevante la pendenza di procedimenti tutti relativi a fatti ormai risalenti.

Infine, censura la mancata motivazione in ordine al diniego della misura della detenzione domiciliare.
Motivi della decisione

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

La concessione delle misure alternative alla detenzione Implica un giudizio prognostico attinente alla rieducazione, al recupero e al reinserimento sociale del condannato e alla prevenzione del pericolo di reiterazione di reati.

Tenuto conto dell’effettiva e ampia portata precettiva della funzione rieducativa della pena, la concedibilità o meno delle misure alternative alla detenzione postula la valutazione, in concreto, delle specifiche condizioni che connotano la posizione individuale del singolo condannato e delle diverse opportunità offerte da ciascuna misura secondo il criterio della progressività trattamentale. Detta valutazione deve, all’evidenza, essere rappresentata nella motivazione del provvedimento connotata dei requisiti minimi di coerenza, completezza e di logicità sui quali può intervenire il sindacato di legittimità.

Osserva il Collegio che dal tessuto motivazionale dell’ordinanza impugnata si evincono in maniera completa e coerente, benchè sintetica, le argomentazioni logico-giuridiche che il Tribunale di sorveglianza ha posto a fondamento del diniego delle misure richieste, avuto riguardo al contemperamento delle esigenze di recupero del condannato con quelle di prevenzione sociale, sottolineando, in particolare, il concreto pericolo di recidiva desunto da oggettive circostanze di fatto come innanzi richiamate.

A fronte di ciò, il ricorrente ha proposto censure generiche inidonee a contraddire la valutazione del Tribunale.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in Euro mille, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille in favore della cassa della ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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