Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 01-02-2011) 20-05-2011, n. 20138 fermo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 5.2.2010, il Gip del Tribunale di Lucera convalidava il provvedimento di fermo disposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lucera nei confronti di R. A.G., indagata per il reato di omicidio aggravato in danno del marito B.M., commesso il 31.1.2010. Con separato provvedimento il Gip, ritenuti sussistenti gravi indizi di colpevolezze a carico dell’indagata e le esigenze cautelari, applicava alla predetta la misura cautelare della custodia in carcere, in regime di comunità, e disponeva il divieto di colloqui per la durata di tre giorni.

2. Avverso la predetta ordinanza di convalida del fermo ha proposto ricorso l’Indagata, a mezzo del difensore di fiducia.

In primo luogo deduce la violazione di legge e di norma processuale con riferimento alla sussistenza del presupposto del pericolo di fuga, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. pen., rammentando che non è sufficiente la semplice possibilità dì fuga della persona indagata, bensì è necessaria una ragionevole probabilità che nella specie non sussisteva, atteso che il quadro indiziario non era univoco e che l’indagata era stata trovata accanto al corpo del marito e non aveva dato segni di volersi dare alla fuga, tale non potendosi considerare la volontà espressa di recarsi dai figli in Germania.

Con il secondo motivo di ricorso di denuncia la violazione di legge con riferimento all’art. 104 cod. proc. pen., avendo il Gip disposto il divieto di colloqui per tre giorni, pur non essendo intervenuta precedente disposizione o richiesta in tale senso del Pubblico ministero.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Deve essere, in primo luogo, evidenziato che oggetto del ricorso è esclusivamente l’ordinanza di convalida del fermo che è stata motivata dal Gip richiamando il contenuto provvedimento del Pubblico Ministero dal quale emergeva che l’indagata si trovava in casa mentre il marito giaceva sul letto e dai primi accertamenti risultava deceduto da circa quattro o cinque ore a causa della lesione dell’arteria carotide sinistra e presentava lesioni recenti al collo e alla faccia laterale sinistra, incompatibili, peraltro, con gli esiti dell’intervento chirurgico subito dalla vittima in epoca precedente.

Tanto premesso, con il primo motivo si lamenta la Insussistenza del pericolo di fuga innanzitutto attraverso la censura del tutto generica – come tale inammissibile – della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagata. Assume, infatti, la ricorrente che "il quadro indiziario è tutto presunto, frutto di Illogiche deduzioni investigative", posto, peraltro, che l’arma del delitto non era stata trovata.

Privo di pregio deve ritenersi, all’evidenza, sotto il profilo logico, l’argomento secondo il quale l’espressa volontà manifestata dalla R. di recarsi in Germania dai figli sarebbe del tutto contraria ed incompatibile con il ritenuto pericolo di fuga, atteso che l’Indagata sarebbe stata comunque facilmente rintracciabile. Nè, invero, può assumersi che il pericolo di fuga sia contraddetto dalla circostanza che l’indagata sia affetta da disturbi mentali.

Invero, è esente dai vizi denunciati la ritenuta sussistenza del pericolo di fuga desunto dalla probabilità che la R., stante la gravita del reato, potesse mettere in pratica il proposito esplicitato di allontanarsi.

Quanto al secondo motivo di ricorso, va rilevato che il disposto divieto di colloqui non forma oggetto del provvedimento di convalida del fermo impugnato in questa sede, essendo stato previsto dal Gip con l’ordinanza di applicazione della misura cautelare emessa successivamente alla convalida del fermo.

Peraltro, deve essere ribadito che il provvedimento con il quale si dilaziona il diritto di colloquio non è autonomamente impugnabile essendo sindacabile soltanto incidentalmente se si ripercuote sulla regolarità dell’interrogatorio dell’indagato o, comunque su provvedimenti successivi (Sez. 6, n. 4960, 08/01/2009, Motta, rv.

242912). Nella specie, la ricorrente non ha mosso alcuna censura nel senso anzidetto.

Il ricorso, conseguentemente, deve essere rigettato e la ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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