Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 02-12-2010) 20-05-2011, n. 20137 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.1- Con ordinanza resa l’11 marzo 2010 la Corte d’Appello di Roma, quale giudice dell’esecuzione, accoglieva l’istanza proposta da M.E. e dichiarava sussistente il vincolo della continuazione, ai sensi dell’art. 81 c.p. e art. 671 c.p.p., tra i reati per i quali questi era stato condannato con le sentenze della Corte di appello di Roma 28 ottobre 1996, 26 maggio 2003, 20 marzo 2006 e del Tribunale di Roma 15 gennaio 2003, pervenendo alla rideterminazione di una pena unica di anni 13 e mesi 6 di reclusione.

Ritenevano i giudici dell’esecuzione che fosse irrilevante la circostanza che già con precedente ordinanza in data 7 marzo 2008 analoga istanza era stata respinta dalla stessa corte di appello, in particolare perchè l’intervenuta novellazione dell’art. 671 c.p.p., a seguito dell’entrata in vigore della L. n. 272 del 2005 che ha esplicitamente previsto tra gli elementi da valutare nel giudizio sulla sussistenza in executivis del vincolo della continuazione, lo stato di tossicodipendenza del condannato, costituiva un quid novi mai esaminato nei confronti del M..

1.2.- Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per Cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma adducendo a ragione l’inosservanza o erronea applicazione della legge in relazione al principio di preclusione di cui all’art. 666 cpv c.p.p..

Lamenta il PM ricorrente che la corte d’appello che abbia disatteso la sua richiesta di dichiarazione di inammissibilità dell’istanza del M. fondata sul rilievo che la stessa costituiva mera riproposizione di altra precedentemente respinta con ordinanza dello stesso giudice dell’esecuzione, in data 7 marzo 2008, e confermata, poi, dalla Cassazione. Sottolinea che con l’ordinanza del 7 marzo 2008 era stata specificamente valutata, pervenendo a conclusione negativa per il richiedente, la configurabilità del vincolo della continuazione, anche con specifico riferimento alla condizione di tossicodipendenza del M., da questi allegato, alla stregua della novella della L. n. 49 del 2006, art. 4 vicies.

1.3.- Il Procuratore Generale presso questa Corte, dott. Gabriele Mazzotta, con atto depositato il 17 giugno 2010, chiede che l’ordinanza impugnata sia annullata senza rinvio.

1.4.- Con memoria difensiva e di replica alle conclusioni del Procuratore Generale presso questa Corte l’avvocato Giuseppe Gianzi, difensore del M., sostiene non vi sia stata nell’impugnata ordinanza la violazione del principio del ne bis in idem ai sensi dell’art. 666 c.p.p., n. 2. 2.1. Il ricorso è fondato.

L’art. 666 c.p.p., comma 2, prevede l’inammissibilità delle istanze che costituiscono mera riproposizione di altre già rigettate quando non venga prospettato alcun elemento nuovo (Cass. Sez. 1, Sent. 18 novembre 1998, Rv. 212793) si tratta di disposizione volta non solo ad impedire, ma anche a prevenire l’eventualità di contrastanti decisioni sul medesimo punto.

Dunque il provvedimento del giudice dell’esecuzione, una volta divenuto formalmente irrevocabile per mancata impugnazione o per rigetto del gravame, preclude una nuova decisione sullo stesso oggetto, ma detta preclusione non opera in maniera assoluta e definitiva, bensì "rebus sic stantibus", ossia finchè non si prospettino nuovi dati di fatto o nuove questioni giuridiche(Cass. Sez. 5, Sent. 24 febbraio 2010, Rv. 246959).

Nel caso in esame l’istanza proposta da M.E., decisa con l’ordinanza impugnata, chiedeva l’applicazione del vincolo della continuazione, ai sensi dell’art. 81 c.p. e art. 671 c.p.p., tra i reati per i quali questi era stato condannato con le sentenze della Corte di appello di Roma 28 ottobre 1996, 26 maggio 2003, 20 marzo 2006 e del Tribunale di Roma 15 gennaio 2003. Identica istanza era stata già decisa con la precedente ordinanza del 7 marzo 2008 della Corte di appello di Roma che la aveva respinta, specificamente valutando anche l’allegato stato di tossicodipendenza del M. e affermando che tale condizione, pur alla luce della modifica dell’art. 271 c.p.p. operata con L. n. 49 del 2006, non era di per sè stessa idonea, in carenza di altri specifici indicatori, ritenuti non rilevabili, a configurare l’unicità del disegno criminoso sottostante alla commissione dei reati.

Nessun elemento nuovo, nè in fatto e tanto meno in diritto, rispetto alla decisione del 7 marzo 2008, è intervenuto o è stato prospettato, di guisa che la Corte di appello di Roma non avrebbe dovuto pronunciare una ordinanza con la quale, in aperto contrasto con la precedente decisione, ha affermato l’esistenza di quel vincolo della continuazione tra reati la cui sussistenza era stata esclusa con la decisione precedente.

Ne consegue che l’ordinanza impugnata deve esser annullata senza rinvio.
P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *