Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 02-12-2010) 20-05-2011, n. 20136 misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.1.- Con provvedimento in data 25 marzo 2010 la Corte di appello di Campobasso decideva sul ricorso proposto dal Procuratore Generale avverso l’ordinanza 9 gennaio 2009, con la quale Tribunale di Isernia aveva disatteso la proposta del Questore volta ad ottenere l’applicazione della misura della sorveglianza speciale di P.S. nei confronti di M.G.. La corte di appello in accoglimento parziale dell’impugnazione del PM applicava al prevenuto la sorveglianza speciale di P.S. per la durata di un anno.

Affermava la corte territoriale che l’elevato numero e la gravità dei reati per i quali il M. ha già riportato condanne penali, associazione a delinquere, violazione delle leggi sulle armi, usura, tentata estorsione e altri, testimoniano la sua spiccata pericolosità sociale che già in precedenza aveva comportato applicazione nei sui confronti di misura di prevenzione. Tale pericolosità non poteva ritenersi scemata alla luce delle sue nuove emergenze giudiziarie relative a procedimenti pendenti per fatti di associazione a delinquere , truffa e lesioni personali denunciati dagli anni 2004 sino al 2009. Oltre a ciò la sua indole violenta, la mancanza di un lavoro e la frequentazione con soggetti pregiudicati costituiscono, secondo i giudici di merito, indicatori specifici della sussistenza di una pericolosità atta a giustificare l’erogazione della misura di prevenzione.

1.2.- Avverso il suddetto provvedimento ha proposto ricorso M. G. adducendo a ragione carenza assoluta di motivazione e violazione di legge.

Lamenta che il provvedimento si sia basato, per giustificare l’applicazione della misura di prevenzione su vecchi precedenti penali per fatti verificatisi prima del 1993, laddove dopo di allora il prevenuto non aveva più riportato condanne, con ciò incorrendo nella erronea applicazione della legge. Quanto alle denuncie successive nessuna di queste aveva portato ad un rinvio a giudizio ed per una di quelle citate il procedimento si era concluso con sentenza di non doversi procedere per remissione di querela. Le frequentazioni del M. non sarebbero poi significative poichè le persone pregiudicate di sua frequenza sarebbero dei parenti e dei conoscenti di etnia Rom e un soggetto con il quale egli non ha mai concorso nella commissione di reati. Infine le condizioni economiche del M. sono ben diverse da quelle ritenute dalla corte di appello posto che, oltre ai proventi della pensione della moglie ed a un reddito da affitto della stessa, egli riceve dalla madre la pensione di reversibilità del defunto padre e dal gennaio del 2010 egli svolge attività lavorativa.

1.3. – Il procuratore Generale, dott. Giovanni Salvi, con atto del 16 giugno 2010, ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

2.1.- Il ricorso è inammissibile. Osserva il collegio che nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, secondo il disposto della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 4, comma 10, richiamato dalla L. 31 maggio 1965, n. 575, art. 3 ter, comma 2; ne consegue che, in tema di sindacato sulla motivazione, è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l’ipotesi dell’illogicità manifesta di cui all’art. 606 c.p.c., lett. e), a meno che non si versi in ipotesi di motivazione inesistente o meramente apparente (Cass. Sez. 6, sent. 17.12.2003, n. 15107, Rv. 229305; Cass. Sez. 6, Sent. 8.3.2007, n. 35044, Rv. 237277; Cass. Sez. 1, Sent. 10.3.2010, n. 17932, Rv. 247052). La motivazione, infatti, ha la funzione di dimostrare la corrispondenza tra la fattispecie concreta considerata dal giudice e la fattispecie astratta, che legittima il provvedimento, e di indicare gli elementi e le ragioni che all’autorità giudiziaria hanno fatto ritenere, nel caso vagliato, la sussistenza della fattispecie concreta (Cass. S.U. Sent. 27.9. 2007, n. 2451, ric. Magera; Cass. S.U. sent. 26 .11.2003, n. 23, ric. Gatto) a tali principi deve essere ispirato anche il controllo di legittimità sui provvedimenti del giudice della prevenzione.

Nel caso in esame la Corte di appello di Campobasso ha dato adeguatamente conto degli elementi di fatto, apprezzati nei limiti di utilizzabilità consentiti, che sono da ritenere idonei a giustificare il giudizio di attualità della pericolosità sociale deliberato.

Il ricorso così come formulato, per quanto invochi la erronea applicazione di legge, si sostanzia nel suo complesso, in relazione alla formulazione delle censure proposte, in inammissibile richiesta di rivalutazione del merito a fronte di complete, corrette e logiche argomentazioni adottate dalla corte di appello, ne discende che deve essere dichiarato inammissibile.

Conseguono alla declaratoria della inammissibilità del ricorso, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè – non ravvisandosi ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione della impugnazione – al versamento a favore della Cassa delle Ammende della somma congreuamente determinata in dispositivo.
P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente M. G. al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille/00) alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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