Cass. civ. Sez. I, Sent., 23-09-2011, n. 19469 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

F.L. ricorre avverso il decreto della corte d’appello di Napoli del 25 marzo 2009 che ha rigettato a domanda di equa riparazione del pregiudizio derivante dall’eccessiva durata di un giudizio iniziato davanti al t.a.r Campania il 23 luglio 1999 non ancora definito al 4 febbraio 2008, data di presentazione della domanda ex L. n. 89 del 2001, per non avere la parte presentato istanze di sollecitazione della definizione del giudizio.

Il Ministero dell’economia resiste con controricorso.
Motivi della decisione

1. Il ricorso censura l’affermazione secondo la quale la mancata presentazione dell’istanza di prelìevo dimostrerebbe la mancanza di pregiudizio morale da ritardo nella definizione del giudizio. Il ricorso è fondato. E’ costante orientamento che la lesione del diritto alla definizione del processo in un termine ragionevole, di cui all’art. 6, par. 1, della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, va riscontrata, anche per le cause davanti al giudice amministrativo, con riferimento al periodo intercorso dall’instaurazione del relativo procedimento, senza che una tale decorrenza del termine ragionevole di durata della causa possa subire ostacoli o slittamenti in relazione alla mancanza dell’istanza di prelievo od alla ritardata presentazione di essa; la previsione di strumenti sollecitatori, infatti, non sospende nè differisce il dovere dello stato di pronunciare sulla domanda, in caso di omesso esercizio degli stessi, nè implica il trasferimento sul ricorrente della responsabilità per il superamento del termine ragionevole per la definizione del giudizio, salva restando la valutazione del comportamento della parte al solo fine dell’apprezzamento della entità del lamentato pregiudizio.

L’accoglimento del ricorso comporta la cassazione del provvedimento impugnato. Non essendovi ulteriori accertamenti di fatto dai compiere può decidersi nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c..

Rispetto a un giudizio davanti al giudice amministrativo durato circa nove anni, detratti tre anni di durata da ritenere ragionevole secondo i parametri normalmente utilizzati dalla corte di Strasburgo, si ritiene equo liquidare per i primi tre anni la somma di Euro 750,00 per anno ed Euro 1.000,00 per il periodo successivo e, pertanto, la somma complessiva di Euro 5.250,00.

Le spese del giudizio di merito e di quello di cassazione, attesa la parziale soccombenza possono essere compensate fino alla metà.
P.Q.M.

La corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., condanna il Ministero al pagamento di Euro 5.250,00 oltre agli interessi al tasso legale dalla data della domanda; compensa le spese dell’intero giudizio fino alla metà e liquida la restante metà in Euro 570,00 (Euro 245,00 per diritti ed Euro 300,00 per onorari per il giudizio di merito e in Euro 485,00 (di cui Euro 50,00 per esborsi) per il giudizio di legittimità, oltre a spese generali ed accessori di legge, per ciascuna delle liquidazioni. Le spese vanno distratte in favore dell’avv. Giovanni Romano che si dichiara antistatario.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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