T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 23-05-2011, n. 4524 Avanzamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso in esame – proposto dinanzi al Tar per la Puglia, sezione staccata di Lecce, e successivamente riassunto dinanzi al Tar Lazio, Roma – il ricorrente, ufficiale della Marina Militare in spe con il grado di Capitano di Corvetta R.N. ha impugnato:

il D.D. datato 25 luglio 2007 nella parte in cui lo vede promosso al grado di Capitano di Corvetta con decorrenza 1/7/2007, per effetto della collocazione al 38° posto della graduatoria finale di merito approvata dalla Commissione Ordinaria di Avanzamento (COA) della Marina Militare con verbale n. 46 del 30/5/2007;

la graduatoria finale di merito degli ufficiali tenenti di Vascello idonei all’avanzamento per l’anno 2007 nella parte in cui è stato collocato al 38° posto;

la nota 24/10/2007 con cui gli è stato comunicato l’esito del giudizio di avanzamento;

il verbale n. 46 del 30/5/2007;

il prospetto dei giudizi numerici espressi sui candidati.

Espone in fatto:

di avere appreso si essere stato collocato al posto 38° della suddetta graduatoria solamente all’esito della pubblicazione sul F.O.M. n. 35 del 29/8/2007;

di avere chiesto, con istanza del 10/9/2007, ed ottenuto, il rilascio di copia: 1)dell’elenco degli ufficiali iscritti nel quadro di avanzamento e ritenuti idonei al passaggio di grado per l’anno 2007; 2)dei giudizi numerici individuali espressi dai singoli commissari nei confronti dei valutandi ufficiali; 3) della graduatoria finale di merito approvata dalla COA con verbale n. 46/2007;

da tali atti, egli ha potuto apprendere di avere conseguito un punteggio di merito pari a 27,20, ricevendone formale comunicazione il 24/10/2007;

il tutto, peraltro, senza che gli sia stata fornita alcuna congrua motivazione circa le determinazioni come sopra assunte dalla commissione;

in data 25 /10/2007 ha proposto nuova istanza volta a conoscere i parametri di giudizio e le motivazioni sulla base dei quali è stato formulato l’impugnato giudizio numerico.

Non avendo ricevuto riscontro alla seconda istanza di accesso, si è gravato, con ricorso principale, avverso i menzionati atti e provvedimenti deducendo i seguenti motivi di ricorso:

1)violazione del principio di buon andamento e di affidamento del cittadino nell’azione della P.A. di cui all’art. 97 Cost. – violazione dell’art. 3, L. n. 241/1990 in relazione agli artt. 25 e 26 della L. n. 1137/1955 e dell’art. 13 del D.M. n. 571/1993 – eccesso di potere sotto vari profili:

1.1)nella procedura di valutazione per l’avanzamento a scelta, i singoli commissari devono, dapprima, illustrare al consesso di cui fanno parte le motivazioni poste a base delle proprie valutazioni sui candidati e successivamente il Collegio, nel suo plenum, deve procedere ad una discussione collegiale su tali motivazioni, che deve essere verbalizzata: ciò che invece non è affatto avvenuto nel caso di specie, non evincendosi dal verbale impugnato alcunché di quanto previsto dalla normativa per essersi limitata, la commissione, ad attribuire il punteggio di merito in maniera assolutamente scarna ed estremamente sintetica;

1.2)il giudizio numerico attribuito al ricorrente avrebbe dovuto essere il precipitato delle motivazioni individuali dei singoli commissari e della discussione collegiale di cui è data notizia nel processo verbale ed invece i singoli commissari, e la commissione nel suo insieme, hanno assegnato al ricorrente semplici giudizi numerici senza fornire la prescritta motivazione e senza riprodurre nel verbale la ridetta discussione collegiale;

1.3)manca nel verbale l’indicazione quantomeno dei parametri numerici assunti dai commissari per la determinazione del punteggio;

1.4)mancano le motivazioni individuali dei singoli commissari afferenti al punteggio numerico di 27,20;

1.5)all’esito della prima fase della procedura di valutazione (afferente il cd giudizio di idoneità), egli era stato collocato al 21° posto della graduatoria mentre all’esito della seconda fase (giudizio di merito) è scivolato al 38° posto.

Con successivo atto, notificato in data 1112 gennaio 2008 e depositato il successivo giorno 16, il ricorrente – acquisita parte della documentazione richiesta con istanza di accesso – ha proposto motivi aggiunti dinanzi al Tar Puglia, Sezione di Lecce mediante i quali censura le schede motivazionali redatte dai componenti la C.O.A. nei propri confronti e del suo pari grado C.C. F.C., la cui documentazione caratteristica non è stata, tuttavia, ancora rilasciata avendo, costui, proposto opposizione.

Come seguono i motivi di gravame:

1)violazione del principio di buon andamento e di affidamento del cittadino nell’azione della P.A. di cui all’art. 97 Cost. – violazione dell’art. 3, L. n. 241/1990 in relazione agli artt. 25 e 26 della L. n. 1137/1955 e dell’art. 13 del D.M. n. 571/1993 – eccesso di potere sotto vari profili:

1.1)le schede motivazionali redatte dai singoli componenti della commissione sono identiche per argomentazioni poste a base del giudizio di ciascun commissario sulle qualità del ricorrente contrassegnate con le lettere a), b), c) e d) mentre la discussione collegiale e la graduatoria non possono la prima avvenire, la seconda essere stilata, se non all’esito di proprie, nel senso di personali, valutazioni autonomamente rese dai singoli commissari pena la redazione di giudizi con formule ciclostilate;

2)violazione del principio di buon andamento e di affidamento del cittadino nell’azione della P.A. di cui all’art. 97 Cost. – violazione dell’art. 3, L. n. 241/1990 in relazione agli artt. 25 e 26 della L. n. 1137/1955 e dell’art. 13 del D.M. n. 571/1993 – eccesso di potere sotto vari profili:

2.1)è riscontrabile una indebita disomogeneità tra i giudizi formulati dalla COA nei confronti del ricorrente, rispettivamente nelle schede motivazionali e nella c.d. documentazione caratteristica non essendosi l’organo di valutazione avveduto di come il ricorrente, nel corso della propria carriera militare, abbia notevolmente accresciuto e consolidato la propria preparazione personale con l’acquisizione via via di maggior esperienza;

2.2)nella documentazione a corredo degli atti non è dato leggere alcunché di giustificazione del repentino quanto incomprensibile revirement valutativo dell’amministrazione;

3) violazione del principio di buon andamento e di affidamento del cittadino nell’azione della P.A. di cui all’art. 97 Cost. – violazione del principio del giusto procedimento anche in relazione alla violazione del principio della par condicio – violazione dell’art. 3, L. n. 241/1990 – violazione degli artt. 25 e 26 della L. n. 1137/1955 e dell’art. 13 del D.M. n. 571/1993 – eccesso di potere sotto vari profili:

3.1)a uguali valutazioni debbono corrispondere uguali punteggi; sennonché, dalla lettura coordinata delle schede motivazionali del ricorrente con quelle del suo parigrado C.C. C. si rinviene che per le qualità di cui alla lett. d) (tendenza di carriera) dell’art. 26 della L. n. 113/1955, la commissione si è espressa similmente per entrambi i candidati attribuendo, però, un punteggio diverso.

L’Avvocatura dello Stato, nel costituirsi in giudizio per conto del Ministero della Difesa, ha eccepito l’incompetenza del Tar Lecce a decidere sulla controversia chiedendone la remissione dinanzi al Tar Lazio Roma.

Il difensore del ricorrente ha aderito all’istanza ed il Presidente del Tar Lecce, con decreto n. 36/2008, ha disposto la trasmissione del fascicolo al Tar Lazio, Roma.

Il ricorrente ha proposto ricorso in riassunzione ai sensi dell’art. 31 della L. n. 1034/1971 (ratione temporis vigente).

Con successivo atto, notificato in data 8 maggio 2008 e depositato il successivo giorno 14, il ricorrente – acquisita la documentazione caratteristica del parigrado CC F.C., collocato al posto n. 21 della graduatoria, ha proposto ulteriori motivi aggiunti articolando le seguenti censure:

1)dalla documentazione caratteristica del controinteressato C. emerge come la progressione della sua carriera, diversamente da quella del ricorrente, in costante crescendo, sia connotata, invece, da un andamento fortemente altalenante come si evince dai giudizi "nella media", "non sempre sicuro di sé", "avventato, opportunista, leggero, partigiano, polemico", "poco affidabile nella risoluzione di problemi e nelle conclusioni di studio affidatigli", "carattere apprensivo", "spesso… insicuro nell’ambiente di bordo", non sempre in grado "di stabilire un corretto rapporto di lavoro con i suoi superiori", e per questo motivo ritenuto "non idoneo alla condotta dell’Unità in immersione";

2)non è comprensibile quale criterio di valutazione sia stato seguito dalla C.O.A. che ha attributo al ricorrente un punteggio inferiore rispetto al parigrado C.;

3)non può non sorprendere come mai ciascun membro della commissione abbia dato il medesimo punteggio, motivato da identiche ragioni, ad entrambi gli ufficiali alla voce "tendenza di carriera".

Con atto notificato il 67 novembre 2009 e depositato il successivo giorno 19, il ricorrente – a seguito dell’accesso eseguito il 24 luglio 2009 – ha proposto ulteriori motivi aggiunti con i quali avversa, sotto altro profilo, le (già impugnate) schede valutative per l’avanzamento a Capitano di Corvetta contenute nel verbale n. 13, adunanza del 15 dicembre 2008, reso dalla commissione di selezione ISSMI, da cui è dato ricavare l’attribuzione, sotto la voice "PMS", di un punteggio di merito pari a 27,45 mentre al CC C. addirittura quello inferiore di 27,43.

L’interessato, nel riprendere i già dedotti vizi di illogicità valutativa, violazione di legge e disparità di trattamento, censura, la "eclatante disomogeneità nell’ambito del medesimo giudizio originato dalla stessa documentazione caratteristica" con riguardo agli atti afferenti alla selezione degli ufficiali aspiranti frequentatori del 12° Corso ISSMI.

In particolare, il ricorrente, richiamata la direttiva applicativa per la selezione degli ufficiali della marina Militare dei Ruoli Normali alla frequenza dell’Istituto Superiore di Stato Maggiore Interforze (ISSMI), osserva che "l’attribuzione del c.d. "PMS" avviene in funzione, quasi solo a riprodurla, della precedente valutazione delle schede valutative e/o rapporti informativi del militare scrutinato, a cominciare proprio dalla valutazione resa nei confronti del medesimo per il suo avanzamento a Tenente di Vascello, nonché al grado di Capitano di Corvetta: ma se ciò è vero, conclude l’interessato, "va da sé, dunque, che a l’impugnato punteggio di 27,20 precedentemente registrato dal ricorrente è certamente inveritiero ed iniquo, frutto – come innanzi rilevato – di un percorso valutativo assolutamente frettoloso e superficiale"; riprova ne è (sotto il profilo della contraddittorietà) che "Il PMS del ricorrente pari a 27,46, risulta… finanche superiore al punteggio invece assegnato… per l’avanzamento del suo parigrado CC. C. F..

Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa.

L’Avvocatura dello Stato, con memoria depositata il 10 febbraio 2011, oltre a chiedere il rigetto del ricorso, ne eccepisce la sua inammissibilità per carenza di interesse.

Controdeduce il ricorrente con memoria del 25 febbraio 2011 e note di replica del successivo 7 marzo.

All’udienza del 30 marzo 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

Con il ricorso in esame, il ricorrente impugna il giudizio valutativo reso nei suoi confronti dalla C.O.A. per l’avanzamento a scelta al grado superiore per l’anno 2007.

L’interessato – giudicato idoneo, iscritto in quadro e promosso al grado di Capitano di Corvetta con decorrenza 1 luglio 2007 – si duole del punteggio attribuitogli dalla commissione di avanzamento (p. 27,20) e del posto (38°) che conseguentemente ha occupato nella graduatoria finale di merito.

Il ricorso in parte è inammissibile e per il resto è infondato.

Inammissibile è il gravame nella parte in cui il ricorrente, nel dedurre disparità di trattamento (rectius, eccesso di potere in senso relativo), censura il metro valutativo utilizzato dalla C.O.A. siccome ritenuto ingiustamente penalizzante nei suoi confronti ed immotivatamente più concessivo nei riguardi del parigrado C..

Il Collegio – aderendo alla consolidata giurisprudenza amministrativa – ritiene di doversi pronunciare nel senso della inammissibilità della suddetta censura per genericità e per mancato assolvimento dell’onere di fornire un principio di prova.

Ed invero, il ricorrente ha omesso di fornire, nel ricorso principale, indicazione alcuna, dotata di una qualche concretezza, relativamente ai soggetti, da prendersi a riferimento, dalle cui valutazioni possa evincersi l’utilizzo, da parte della Commissione di Avanzamento, di un metro di giudizio difforme, concessivo nei confronti dei parigrado e più restrittivo nei confronti del ricorrente; né parte ricorrente ha indicato la categoria di qualità o di titoli in cui la denunciata disparità di trattamento e difformità di metro di giudizio si sarebbero realizzate.

In altri termini, il ricorrente non ha offerto, nel ricorso introduttivo, indizi dai quali ragionevolmente desumere un serio sospetto di effettiva disparità e senza nulla seriamente dedurre a sostegno del denunciato vizio di eccesso di potere in senso relativo, laddove, nel processo amministrativo, incombe sul ricorrente l’onere della formulazione ed individuazione dei vizi inficianti i provvedimenti di cui si duole, sia pure nei limiti a lui consentiti dalla disponibilità degli atti, adducendo concreti elementi idonei a dimostrare quantomeno la possibilità di sussistenza dei denunciati vizi.

Il D., per vero, neppure si è onerato, nel ricorso principale, di una astratta enunciazione del vizio di eccesso di potere in senso relativo, omettendo, addirittura, di allegare il relativo motivo di gravame così rinviando l’articolazione della relativa censura all’esito dell’acquisizione della documentazione, oggetto di distinte, apposite domande di accesso.

E’ accaduto, così, che le istanze di accesso sono divenute lo strumento indiretto per articolare la censura di eccesso di potere in senso relativo, neppure dedotta nel ricorso introduttivo; istanze che sono servite per ricercare ed individuare successive, eventuali illegittimità neppure sospettate in nuce nel ricorso introduttivo né, tanto meno, supportate da alcun elemento indiziario.

In altri termini, l’accesso alla documentazione caratteristica è stato lo strumento di cui si è avvalso il ricorrente per acquisire atti utili al fine di rintracciare in questi eventuali profili di illegittimità di cui non si rinvengono, nel ricorso principale, neppure indizi; laddove il sindacato del giudice amministrativo deve tendere alla verifica delle illegittimità seriamente dedotte dal ricorrente, illegittimità delle quali il ricorrente deve già avere accertato e dimostrato la sussistenza, sia pure nei limiti a lui consentiti dalla disponibilità degli atti.

Nulla, invero, è stato dedotto quanto alla (eventualmente non corretta, per essere in ipotesi immotivatamente concessiva) valutazione effettuata in favore del controinteressato C..

In conclusione, il ricorrente ha inteso dedurre le proprie censure, delle quali mancavano seri indizi dimostrativi nel ricorso introduttivo, traendo ragione proprio dagli atti successivamente acquisiti in corso di processo.

Per le suesposte ragioni, tutti le censure articolate sul denunciato vizio di disparità di trattamento, per avere la Commissione di avanzamento utilizzato un metro di giudizio difforme nei confronti del ricorrente rispetto al parigrado C., vanno dichiarate inammissibili per tardività siccome introdotte per la prima volta con i motivi aggiunti notificati soltanto in data 1112 gennaio 2008 (ben oltre il termine di sessanta giorni decorrente dalla piena conoscenza legale dei provvedimenti impugnati, risalente dichiaratamente alla data del 29 agosto 2007).

Con le restanti censure, il ricorrente deduce violazione di legge ed eccesso di potere in senso assoluto.

Il ricorso è, in parte qua, infondato.

In generale, va premesso che il profilo dell’eccesso di potere in senso assoluto postula un sindacato sulla coerenza generale del metro valutativo adoperato dalla commissione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 8 luglio 1999 n. 1196 e 27 novembre 1997 n. 1328), ovvero sulla manifesta incongruità del punteggio, avuto riguardo agli incarichi ricoperti, alle funzioni espletate, ed alle positive valutazioni ottenute durante tutto l’arco della sua carriera.

Quanto alla caratterizzazione del giudizio espresso dalla Commissione superiore in sede di avanzamento degli ufficiali (specie per i gradi più elevati), è opportuno sottolineare come esso costituisca espressione di una valutazione complessiva, nella quale assumono indivisibile rilievo gli elementi personali e di servizio emersi nei confronti dell’ufficiale: dimostrandosi, quindi, impraticabile una sistematica "chirurgica" di scissione delle singole componenti del giudizio stesso, per poi assumere che uno di essi, isolatamente considerato, sia sufficiente a sorreggere il giudizio complessivo.

La cognizione del giudice amministrativo non può, pertanto, che essere limitata ad una generale verifica della logicità e razionalità dei criteri seguiti in sede di scrutinio per l’avanzamento; ciò tanto più ove si consideri come sia assai ampia la discrezionalità attribuita alla commissione superiore, chiamata ad esprimersi su candidati in lizza per il raggiungimento dei più alti gradi della carriera militare, le cui qualità sono definibili – sia in senso assoluto, sia comparativamente agli altri colleghi assunti in valutazione – solo attraverso sfumate analisi di merito, implicanti la ponderazione non aritmetica delle complessive qualità degli scrutinandi, da effettuarsi attraverso un apprezzamento dei titoli e dei requisiti in via di astrazione e di sintesi, non condizionato dalla meccanica valutazione delle singole risultanze documentali.

Sono, pertanto, apprezzabili solo quelle palesi aberrazioni in presenza delle quali il vizio della valutazione di merito trasmoda in eccesso di potere per la manifesta irrazionalità da cui traspare il cattivo esercizio del potere amministrativo, "….si da far ritenere che i punteggi siano frutto di elementari errori ovvero il risultato di criteri impropri, volti al raggiungimento di finalità estranee a quella della scelta dei soggetti più idonei alle funzioni del grado superiore da conferire " (in termini sez. IV, 30 luglio 2002, n. 4074).

Quanto sopra doverosamente puntualizzato, la disamina della sottoposta vicenda contenziosa transita attraverso la verifica della fondatezza delle censure – dalla parte ricorrente dedotte sub specie dell’eccesso di potere in senso assoluto – concernenti l’operato posto in essere nella fattispecie dalla Commissione di Avanzamento.

Sostiene parte ricorrente, in proposito, che il proprio complessivo profilo sarebbe connotato da caratteri di preminenza non adeguatamente presi in considerazione dalla commissione di avanzamento, segnatamente avuto riguardo alla "tendenza di carriera".

Ebbene, la fattispecie inficiante di che trattasi (id est, eccesso di potere in senso assoluto) è stata ritenuta rilevabile – e, conseguentemente, positivamente apprezzabile – da parte del giudice della legittimità nel solo caso in cui l’ufficiale sia in possesso di titoli talmente eccezionali da far risultare ictu oculi manifestamente inadeguati i punteggi che gli sono stati attribuiti; in altri termini, quando dall’esame della documentazione caratteristica sia dato evincere, con assoluta evidenza, una macroscopica ed immediatamente rilevabile incoerenza della valutazione della Commissione Superiore di Avanzamento rispetto ai precedenti di carriera dell’ufficiale (cfr., in termini, le pronunzie della Sezione IV del Consiglio di Stato nn. 6686 del 2002, 4074 del 2002, 3521 del 2002, 2642 del 2000, 1849 del 1999, 1398 del 1999, 951 del 1998, 495 del 1998, 741 del 1997).

In altri termini, l’incoerenza della valutazione, la sua abnormità, il contrasto con i precedenti di carriera e la violazione delle regole di tendenziale uniformità del criterio di giudizio debbono emergere dall’esame della documentazione con assoluta immediatezza (cfr. C.d.S. sez. IV, 30 luglio 2002, n. 4074; C.d.S. sez. IV, 5 agosto 2005, n. 4194).

Nel caso di specie, dall’esame della documentazione caratteristica depositata in giudizio emerge un curriculum del ricorrente che, seppure apprezzabile e degno di considerazione, non appare di consistenza tale da rendere – all’esame esogeno della funzione amministrativa esercitata – irragionevole, inadeguato, macroscopicamente penalizzante il punteggio attribuito dalla commissione.

Non emerge, infatti, dalla documentazione personale dell’ufficiale un profilo di assoluta apicalità in grado di revocare in dubbio, con sufficiente grado di prossima attendibilità, la plausibilità delle valutazioni effettate dalla commissione.

Non sempre, nel percorso di carriera, il D. ha riportato la qualifica apicale; si annotano, anzi, giudizi "nella media" e di "superiore alla media", qualcuno addirittura riportato nel grado rivestito al momento della valutazione per la promozione a Capitano di Corvetta. Ed ancora, l’interessato non ha mai riportato le più elevate aggettivazioni possibili. Neppure brillanti appaiono, per punteggio e posizionamento, i risultati ottenuti all’esito dei corsi frequentati, in taluni casi accompagnati anche da giudizi finali "nella media".

Le circostanze di cui sopra non sono di poco conto ai fini del giudizio complessivo che la commissione deve rendere e rappresentano obiettivi elementi di valutazione che hanno non implausibilmente influito sul punteggio finale, sia pure sotto un profilo di minima sfumatura.

Deve presumersi, pertanto, iuris tantum, che di essi elementi la commissione abbia tenuto conto in sede di valutazione a meno di non volere revocare in dubbio (con la tecnica, però, della querela civile di falso) la veridicità del verbale reso dall’organo valutativo.

Non emergono, dunque, all’evidenza delle documentate caratteristiche, macroscopici elementi di contraddittorietà ed irragionevolezza nel giudizio impugnato ove tenuto conto, per l’appunto, della documentazione caratteristica del ricorrente e degli elementi di valutazione doverosamente presi in esame dalla commissione.

Il ricorrente si duole della mancata motivazione a supporto del punteggio attribuitogli e della mancata predeterminazione dei parametri valutativi.

Le argomentazioni di cui sopra, invero, già fanno ragione sulla infondatezza del rilievo censorio non avendo, il Collegio, ravvisato profili di incoerenza ed illogicità intrinseca tra presupposti di fatto e valutazione finale.

Ad ogni modo, va osservato, ad ulteriore confutazione delle suddette censure, che, come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa (cfr C.d.S. sez. IV, 28 febbraio 2005, n. 725), l’entrata in vigore della legge 7 agosto 1990 n. 241 non ha fatto venire meno la disposizione contenuta nell’art. 26 L. n. 1137 del 1955, che affida alla commissione di avanzamento la valutazione complessiva degli scrutinandi sulla base degli elementi presi in considerazione dalla stessa norma, espressi legittimamente mediante punteggio numerico.

Ebbene, nel caso in esame la versata documentazione fa ragione su come la commissione abbia valutato il candidato alla stregua dei requisiti di legge (artt. 1 e 26 della legge n. 1137/1955) e delle informative (art. 23, c. II, legge n. 1137/1955) – cfr. schede di valutazione – onerandosi, sul punto, di ampia, diffusa ed articolata motivazione descrittiva, infine sintentizzando il giudizio finale in un punteggio numerico obiettivamente indicativo, in riferimento al relativo profilo attitudinale e di servizio, dell’iter logico seguito dalla commissione medesima nell’apprezzare le risultanze caratteristiche del ricorrente.

Il ricorrente ha dedotto anche la violazione dell’art. 13 del D.M. n. 571/1993.

La questione – che muove dalla asserita violazione dei criteri applicativi dettati dal citato decreto ministeriale – va affrontata in senso più ampio e generale, dandosi conto della giurisprudenza amministrativa che si è formata sul punto.

La consolidata giurisprudenza ritiene, innanzitutto, che l’attribuzione, in sede di giudizio di avanzamento degli ufficiali, di punteggi uguali o poco differenziati per ogni categoria di titoli (come avvenuto nella fattispecie) non costituisce, di per sé, sintomo di eccesso di potere, tranne il caso in cui emergano evidenti vizi di illogicità ed irrazionalità del giudizio espresso dalla Commissione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 31 marzo 1990 n. 229).

Deve, peraltro, essere pure dato atto di un orientamento giurisprudenziale che ha ritenuto, sulla base di quanto previsto dagli artt. 25 della l. 12 novembre 1955 n. 1137 e 13 del D.M. 2 novembre 1993 n. 571 – che, ai fini dell’assegnazione del punto di merito necessario alla formazione della graduatoria, richiedono che ciascun membro della Commissione esprima le ragioni poste a base delle proprie valutazioni – come possa rivelarsi, conseguentemente, illegittimo l’operato della Commissione qualora, per motivare i punteggi assegnati a ciascuno degli ufficiali scrutinati, le espressioni dei componenti si differenzino di poco tra di loro, sì da far ritenere che le singole motivazioni siano del tutto apodittiche e, come tali, insufficienti (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 31 marzo 1998 n. 529, nonché T.A.R. Campania, Napoli, 20 gennaio 2000 n. 134).

Sotto questo profilo, deve essere però osservato che la presenza di sottili sfumature terminologiche, o, addirittura, l’identità delle espressioni utilizzate in concreto – indicative di giudizi sostanzialmente omogenei – non disvelano, senz’altro, la presenza di un vizio motivazionale tale da inficiare automaticamente i giudizi espressi dai componenti della Commissione di Avanzamento, ma costituisce un mero "indizio" della stessa illegittimità, che deve essere corredato, per sostanziare tale tipologia invalidante, da elementi di concreto riscontro probatorio del vizio del giudizio.

Deve pure essere soggiunto che, ove venga in considerazione l’avanzamento di militari aspiranti a ricoprire alti gradi delle Forze Armate può rivelarsi concretamente impraticabile una marcata differenziazione, anche sotto il profilo delle espressioni letterali, a conforto di un giudizio avente ad oggetto ufficiali tutti in possesso di un prestigioso sviluppo di carriera e di elevate connotazioni personali e qualificazioni professionali, dovendo osservarsi che l’assimilabilità delle posizioni degli scrutinati, in relazione a profili che si rivelino sostanzialmente omogeneizzabili, ben può tradursi nell’impiego di sfumature terminologiche, ovvero di attenuate distinzioni letterali, laddove per gli aspetti più marcatamente differenzianti trovato invece espressione valutazioni ben più nettamente diversificate.

Non convince, pertanto, il Collegio la denuncia di parte ricorrente in ordine alla scorretta utilizzazione, da parte della Commissione di avanzamento, dei criteri di valutazione dettati dal citato D.M. n. 571/1993, non potendo ritenersi illogico che a detti punteggi (articolati su decimi di unità) corrispondano proposizioni valutative di contenuto identico per l’impossibilità di seguire con variazioni terminologiche le sottili differenze numeriche senza incorrere in vizi di altra natura.

D’altronde, quel che conta, e di ciò risulta ampia dimostrazione, è la documentazione caratteristica sulla scorta della quale il ricorrente è stato valutato, documentazione che non disvela affatto un retroterra di carriera particolarmente brillante, al punto da far apparire abnorme la valutazione resa dalla commissione di avanzamento.

Il ricorrente, per comprovare l’illogicità del punteggio assegnatogli (27,20) evoca a raffronto, nell’ultimo dei motivi aggiunti, il punteggio assegnatogli per l’ammissione al corso ISSMI contraddittoriamente più elevato (27,45) rispetto a quello del parigrado C..

In disparte quanto sopra già argomentato in punto di inammissibilità del dedotto vizio di disparità di trattamento, la censura è del tutto infondata. Le procedura messe a confronto non sono omogenee, anche i titoli valutabili sono in parte diversi e, sopratutto, esse si riferiscono a periodi temporali diversi, distanziandosi di circa un anno e mezzo l’una dall’altra, ciò che ben può avere influito (in ragione del maggior lasso di tempo che ha preceduto la valutazione ISSMI ed in assenza di elementi indiziari o probatori di segno diverso) sul punteggio ed il posizionamento in graduatoria ISSMI di entrambi gli ufficiali.

Il ricorrente sostiene anche che il punteggio di 27,20 sia incoerente rispetto alle precedenti valutazioni del proprio percorso di carriera.

La censura non ha pregio.

Il ricorrente è stato giudicato per l’avanzamento ad un grado più elevato, sicché del tutto inconferenti s’appalesano i raffronti evocati con precedenti valutazioni trattandosi di giudizi riferiti a gradi militari diversi, basati su percorsi di carriera non omogenei, preordinati a valutare il militare per l’attitudine ad assumere un ruolo connotato da maggiori responsabilità siccome implicante l’esercizio di funzioni nuove e più complesse di quelle proprie dei gradi inferiori, perciò funzionalmente ed ontologicamente incomparabile con quelli resi in precedenza da altre commissioni.

Il ricorso, per quanto sopra esposto, è infondato e va, perciò, respinto.

Le spese processuali e di giustizia, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza e sono poste in favore del Ministero della Difesa.

Nulla si dispone, invece, nei confronti dei controinteressati evocati in giudizio siccome non costituitisi.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del Ministero della Difesa che si liquidano in Euro 1.500,00.

Nulla spese nei confronti dei controinteressati E. e C..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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