Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 10-03-2011) 23-05-2011, n. 20299 Motivi di ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 10.7.2009 la Corte d’Appello di Lecce Sez. distaccata di Taranto decidendo, in sede di rinvio sull’appello proposto da C.S. avverso la sentenza emessa in data 3.5.2001 dal Tribunale di Brindisi, confermava la sentenza impugnata.

C.S. era stato condannato alla pena di due anni di reclusione per peculato (capo 01: artt. 110, 117 e 314 c.p. perchè, in qualità di vice brigadiere in servizio presso il Comando provinciale dei Carabinieri di (OMISSIS), con M.S. si appropriavano di un carico di sigarette di contrabbando sequestrate) e falso (capo P1: artt. 81 e 479 c.p., e art. 48/479 c.p. per avere, nella qualità sopra indicata, dopo avere sequestrato un carico di sigarette, ed essersi appropriato di una parte di esso, con M.S., prima che intervenissero i Carabinieri della Stazione di (OMISSIS), falsamente indicato nel verbale un quantitativo di t.l.e. inferiore rispetto a quello effettivamente rinvenuto e tratto in inganno gli altri militari firmatari del verbale).

Questa Corte con sentenza in data 21.10.2004 annullava con rinvio la sentenza della Corte d’Appello di Lecce che aveva confermato la sentenza di primo grado con riguardo alla posizione del C..

Nella sentenza si legge: "non hanno alcun fondamento nè le censure del ricorrente relative alla credibilità del M. ed all’attendibilità delle sue dichiarazioni, all’apprezzamento delle numerose conversazioni telefoniche intercettate nè alla violazione dell’art. 603 c.p.p., su cui le motivazioni della sentenza impugnata risultano giuridicamente corrette e logicamente plausibili, ciò che basta per renderle insindacabili in questa sede e ritenere assorbite tutte le altre doglianze, ad eccezione del motivo relativo all’ammissibilità ed all’utilizzazione della testimonianza del carabiniere L., collega del C. e in servizio in coppia con lui nel momento del fermo e del sequestro dell’autoveicolo carico di scatole di sigarette. Ha errato la corte d’appello nel dare del L. una pregiudiziale valutazione d’inattendibilità, ritenendolo "interessato da dichiarazioni che lo indicavano in qualche modo come un complice ovvero, nella migliore delle ipotesi, come autore di una condotta omissiva penalmente rilevante".

L’ordinamento appresta ogni garanzia per evitare che taluno sia "obbligalo a deporre su fatti dai quali potrebbe emergere una sua responsabilità penale", ma ciò non esime il giudice dall’ammettere l’escussione di un teste oculare presente allo svolgimento dei fatti e – ferme restando le garanzie previste dall’art. 198, comma 2 e dagli artt. 63 e 64 c.p.p. – dal procedere alla valutazione di attendibilità delle dichiarazioni all’esito dell’esame, non potendo ritenersi pregiudizialmente inattendibile una persona per il sospetto che abbia un eventuale interesse a sottacere quanto sa intorno a fatti ai quali ha assistito.

La sentenza va, pertanto, annullata nei confronti di C. S. con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Lecce (individuata nella sezione distaccata di Taranto) per nuovo giudizio".

Il giudice di rinvio, premesso che il suo compito, alla stregua del contenuto della sentenza del giudice di legittimità, era solo quello di pronunciarsi sulla responsabilità penale dell’imputato confrontando il contenuto delle dichiarazioni del L. con quanto già valutato e coperto da giudicato (dichiarazioni M. e intercettazioni telefoniche) perveniva, valutando tutti gli elementi di prova già acquisiti agli atti e ritenuti insindacabili dal Supremo Collegio, ad un giudizio di inattendibilità delle dichiarazioni dallo stesso rese e di colpevolezza dell’imputato C.. In particolare la Corte Territoriale evidenziava come le dichiarazioni del L. fossero in contrasto con quanto emerso dalle intercettazioni telefoniche che da lungo tempo venivano operate sulle utenze in uso a M. e C., in particolare con il contenuto delle telefonate intercorse fra di loro la notte del fatto e il mattino successivo, nonchè dalle dichiarazioni accusatorie del M. e da quanto riferito dal C. in relazione alla modalità di svolgimento del fatto e dalle attività che quella notte aveva compiuto il M. con il quale il C. era in stretto contatto telefonico mentre operava l’inseguimento dei veicoli adibiti al contrabbando. Sottolineava le più evidenti discrasie fra i fatti accertati e le dichiarazioni del L. e richiamava il tenore di alcune conversazioni intercorse fra M. e C. nel corso delle quali quest’ultimo gli comunicava che la presenza del L. non era di ostacolo alcuno "ai loro rapporti". Ricorre per Cassazione il difensore dell’ imputato deducendo che la sentenza impugnata:

1. è incorsa in violazione di legge con riguardo agli artt. 624 e 627 c.p.p. Contesta il ricorrente che si sia formato giudicato con riguardo all’attendibilità del collaboratore M. e sulla valutazione delle conversazioni intercettate. Sostiene che il caso in esame non realizza una formazione progressiva del giudicato e che la sentenza della 6^ Sezione Penale della Corte di Cassazione del 21.10.2004 aveva integralmente annullato la decisione della Corte d’Appello di Lecce, deducendosi nella sentenza un vizio processuale (avere ingiustamente escluso dal compendio probatorio la deposizione di un testimone oculare) con ineliminabili riflessi sulla motivazione demandata al giudice di rinvio, che era tenuto a confrontare la prova acquisita al processo, ma ritenuta non utilizzabile, con le altre disponibili che dovevano essere riesaminate alla luce del nuovo apporto probatorio.

2. presenta una motivazione illogica sia con riferimento alle prove già esaminate, sia alla nuova prova introdotta con la deposizione del Carabiniere L.. Contesta il giudizio di inattendibilità del teste espresso dalla Corte.

Il ricorso è inammissibile.

Va premesso che, a norma dell’art. 624 c.p.p., comma 1, se l’annullamento non è pronunciato per tutte le disposizioni della sentenza, questa ha autorità di cosa giudicata nelle parti che non hanno connessione essenziale con la parte annullata. In altri termini, al giudice di rinvio è attribuito potere decisorio soltanto sui "punti" che hanno formato oggetto dell’annullamento (nella specie, l’omessa valutazione delle dichiarazioni del Car. L.) e su quelli ai medesimi inscindibilmente connessi, per la necessaria interdipendenza logico-giuridica fra le diverse statuizioni, ma non sulle parti non annullate e su quelle non in connessione essenziale con le parti annullate (nella specie, la credibilità del M. e l’attendibilità delle sue dichiarazioni, l’apprezzamento delle numerose conversazioni telefoniche intercettate l’asserita violazione dell’art. 603 c.p.p.). Di riflesso, è consentita l’impugnazione della sentenza del Giudice di rinvio soltanto in relazione ai punti annullati – e a quelli in rapporto di connessione essenziale con essi – e non decisi dalla Corte di cassazione, ovvero per inosservanza dell’obbligo di uniformarsi alla sentenza di annullamento per ciò che concerne tutte le questioni di diritto con essa decisa (tra le quali rientrano anche quelle concernenti il corretto adempimento dell’obbligo della motivazione e la coerenza logica della stessa).

Nel caso in esame la Corte Territoriale ha correttamente osservato il disposto di questa Corte procedendo solo alla valutazione della deposizione del Car. L. che ha confrontato, al fine di valutarne l’attendibilità, con accertamenti divenuti definitivi perchè non toccati dalla sentenza di annullamento.

Inammissibile è pertanto l’impugnazione proposta con riguardo alle prove diverse dalle dichiarazioni del Car. L..

Con riguardo alla deposizione del car. L. lamenta il ricorrente un vizio di motivazione. Il motivo investe una censura in fatto non azionabile in questa sede. Sul punto va ricordato che anche alla luce del nuovo testo dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), come modificato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, non è consentito alla Corte di Cassazione di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito. La previsione secondo cui il vizio della motivazione può risultare, oltre che dal "testo" del provvedimento impugnato, anche da "altri atti del processo", purchè specificamente indicati nei motivi di gravame, non ha infatti trasformato il ruolo e i compiti del giudice di legittimità, il quale è tuttora giudice della motivazione, senza essersi trasformato in un ennesimo giudice del fatto. In questa prospettiva il richiamo alla possibilità di apprezzarne i vizi anche attraverso gli "atti del processo" rappresenta solo il riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il cosiddetto "travisamento della prova", in virtù del quale la Corte, lungi dal procedere ad una (inammissibile) rivalutazione del fatto (e del contenuto delle prove), prende in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti per verificare se il relativo contenuto è stato preso in esame, senza travisamenti, all’interno della decisione. In altri termini si può parlare di travisamento della prova nei casi in cui il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale. Non spetta invece alla Corte di cassazione "rivalutare" il modo con cui quello specifico mezzo di prova è stato apprezzato dal giudice di merito, giacchè attraverso la verifica del travisamento della prova il giudice di legittimità può e deve limitarsi a controllare se gli elementi di prova posti a fondamento della decisione esistano o, per converso, se ne esistano altri inopinatamente e ingiustamente trascurati o fraintesi. In sintesi:

non c’è spazio per una rinnovata considerazione della valenza attribuita ad una determinata deposizione testimoniale, mentre potrebbero farsi valere: la mancata considerazione di una deposizione testimoniale di segno opposto esistente in atti ma non considerata dal giudice ovvero la valenza ingiustamente attribuita ad una deposizione testimoniale inesistente o avente un contenuto opposto a quello recepito dal giudicante (cfr. tra le tante: Cass. Sez. 2, 389,5/07; Cass. Sez 4 n. 35683/07; Cass. Sez 4 n. 15556/08; Cass. Sez. 6 n. 18491/10).

Ciò detto la censura del ricorrente si appalesa manifestamente infondata perchè il C. sotto il profilo del vizio di motivazione, sollecita alla Corte una diversa lettura dei dati di fitto non consentita in questa sede. Il giudizio di cassarne, rimane infatti sempre un giudizio di legittimità, nel quale rimane esclusa la possibilità che la verifica sulla correttezza e completezza della motivazione (cui deve limitarsi la corte di cassazione) possa essere confusa con una nuova valutarne delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito.

Il ricorso è pertanto inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende, in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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