Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 10-03-2011) 23-05-2011, n. 20298

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 12.5.2010 la Corte d’Appello di Torino, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Acqui Terme del 26.1.2005, concesse le circostanze attenuanti generiche in misura equivalente sulle contestate aggravanti, rideterminava la pena inflitta a P.C. per il reato di usura in danno di B.S..

Ricorre per Cassazione il difensore dell’imputato deducendo:

1. inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità.

Eccepisce il ricorrente la nullità dell’ordinanza della Corte d’Appello che a fronte di un’assoluta impossibilità a comparire dell’imputato in detenzione domiciliare aveva disposto procedersi in contumacia. Lamenta inoltre la non correttezza dell’audizione della parte offesa quale testimone e non come imputata in reato collegato, considerato che le dichiarazioni accusatorie nei confronti del P. le aveva rese nell’ambito di altro procedimento a suo carico.

2. inosservanza di norme penali e carenza di motivazione. Lamenta l’omessa risposta del giudice di secondo grado in ordine all’elemento costitutivo del reato. Asserisce che il contratto era nato da un rapporto amichevole e che fu la stessa B. ad offrire l’interesse.

Il primo motivo di ricorso è infondato. Il ricorrente sostiene che egli non potè partecipare all’udienza perchè sottoposto ad arresti domiciliari, nell’ambito di altro procedimento penale, e che tale situazione, che non risultava dagli atti del presente procedimento, tu portata a conoscenza della Corte dal difensore dell’imputato all’udienza del 12.5.2010 e che la Corte, anzichè rinviare il dibattimento, procedette in contumacia.

L’art. 420 ter c.p.p., di cui si assume la violazione da parte della Corte, recita: "Quando l’imputato, anche se detenuto, non si presenta all’udienza e risulta che l’assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore od altro legittimo impedimento, il giudice, con ordinanza, anche d’ufficio, rinvia ad una nuova udienza e dispone che sia rinnovato l’avviso all’imputato a norma art. 419 c.p.p., comma 1". E’ evidente che il requisito base è costituito dalla "assoluta impossibilità di comparire". Tale situazione non sussiste in caso di arresti domiciliari per altra causa, perchè l’imputato, ricevuta la citazione, può chiedere all’autorità giudiziaria per questo valido motivo l’autorizzazione a recarsi in udienza o ad esservi tradotto.

Se formula tale richiesta e gli viene negata per un qualsiasi motivo, ciò costituisce sicuramente per lui "assoluta impossibilità a comparire", ma se non la formula non può dirsi che ricorra tale situazione di impossibilità assoluta. Nel caso in esame, il difensore, nel presentare l’istanza di rinvio, non ha dimostrato, e neanche prospettato, che il suo assistito, ricevuta la citazione, avesse chiesto all’autorità giudiziaria l’autorizzazione a recarsi in udienza, nè ha prospettato che tale autorizzazione gli fosse stata negata. In presenza di tale stato di cose deve ritenersi che l’imputato non si trovasse nella "assoluta impossibilità di comparire". In senso convergente, Cass., Sez. 5, 14 novembre 2007, dep. 3 dicembre 2007, n. 44922, Gentile, che ha affermato che "se è vero che, sulla scorta di quanto affermato dalle S.U. di questa Corte con la sentenza 26 settembre – 14 novembre 2006 n. 37483, Arena, non esiste alcun onere a carico dell’imputato di comunicare tempestivamente al giudice procedente la propria sopravvenuta sottoposizione a privazione della libertà per altra causa, è altrettanto vero che, quando si tratti di arresti domiciliari, l’imputato, qualora intenda comparire in udienza, ha comunque l’onere, secondo l’ormai affermato orientamento di questa Corte, di chiedere tempestivamente al giudice competente l’autorizzazione ad allontanarsi dal domicilio per il tempo necessario, non essendo al riguardo configurabile, per converso, un obbligo dell’autorità giudiziaria procedente di disporre la traduzione, come invece deve dirsi nel caso di sopravvenuta detenzione ordinaria (in tal senso, fra le più recenti: Cass. Sez. 4, 13 maggio – 29 luglio 2005 n. 28558, Bruschi, RV 232436; Cass. Sez. 5, 15 novembre 2002 – 14 febbraio 2003 n. 7369, Giannone RV 224859). Inammissibile è la doglianza in ordine alla modalità di assunzione della parte offesa ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 3 posto che la violazione denunziata in questa sede di legittimità non è stata dedotta innanzi alla Corte di Appello avverso la cui sentenza è ricorso ed è quindi questione nuova.

Questa Corte (Cass. Sez. 4, 18/05/1994 – 13/07/1994, n. 7985, Sez. 3 n. 35889/08) ha infatti affermato che sussiste violazione del divieto di "novum" nel giudizio di legittimità quando siano per la prima volta prospettate in detta sede questioni, come quella in esame, coinvolgenti valutazioni in fatto, mai prima sollevate.

Il 2^ motivo di ricorso è inammissibile in quanto generico.

L’art. 606 c.p.p. elenca una serie tassativa di motivi di ricorso.

Il ricorrente deve quindi prospettare una specifica doglianza in ordine alle argomentazioni poste a fondamento della decisione impugnata e non limitarsi a dedurne, come nel caso in esame, genericamente l’infondatezza.

L’atto di ricorso deve essere autosufficiente, nel senso che deve contenere la precisa prospettazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto da sottoporre a verifica.

(vedi fra le tante: Cass. 19 dicembre 2006, n. 21858; Cass. Sez. 3 n. 16851/10).

E’ quindi inammissibile il ricorso per cassazione quando, come nel caso in esame, gli argomenti esposti siano assolutamente generici, non individuando le ragioni in fatto o in diritto per cui la sentenza impugnata sarebbe censurabile e, pertanto, impedendo l’esercizio del controllo di legittimità sulla stessa.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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