Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 03-03-2011) 23-05-2011, n. 20293

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

i ricorsi.
Svolgimento del processo

1. Avverso la sentenza indicata in epigrafe,che in accoglimento dell’appello del P.M. ed in riforma della sentenza del Tribunale di Napoli del 20.05.2009, ha dichiarato B.G. colpevole del reato di estorsione aggravata dal fine di agevolazione mafiosa e lo ha condannato alla pena di anni sei e mesi otto di reclusione ed Euro 670,00 di multa ed in accoglimento dell’appello del C. ha ridotto la pena ad anni sei e mesi otto di reclusione ed Euro 670,00 di multa, ricorre la difesa dei due imputati,chiedendo l’annullamento della sentenza e deducendo:

B..

1.1 La violazione di legge ed il vizio di motivazione: il ricorrente lamenta che la decisione di primo grado è stata capovolta con una motivazione meramente apparente. Gli indizi individuati a carico del B. non sono certi e pertanto manca il principale requisito perchè gli stessi possano essere messi a fondamento della affermazione di responsabilità. L’unico elemento certo è dato dalle dichiarazioni dello S. che peraltro sono assai generiche e non coinvolgono il B. in nessun episodio delittuoso specifico attribuendogli genericamente la vendita di stupefacenti. E’ inoltre contraddittorio credere alle dichiarazioni dello S. quando parla della vendita di stupefacente e non credergli quando afferma che il soprannome di B. era "(OMISSIS)" e non " (OMISSIS)". Non è pertanto credibile l’appartenenza del B. al clan camorrista dei Contini. Gli unici elementi indizianti a, a parere del ricorrente, a carico di B. sono il soprannome "(OMISSIS)" e il controllo effettuato dalle forze dell’ordine, il (OMISSIS) alle h. 16,30. nel bar (OMISSIS); il primo elemento emerge da dichiarazioni di fonti confidenziali non riscontrate e la data del controllo nel bar non è certa. I due elementi sono pertanto ambigui e non tali da costituire indizi certi C.. Il vizio di motivazione p. e p. dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) perchè:

a) l’affermazione di penale responsabilità non sarebbe stata supportata da idonea motivazione con riferimento alla configurabilità di una richiesta estorsiva; b) la violazione di legge per la mancata valutazione dell’aggravante delle più persone riunite, che in realtà non sarebbe provata; c) Il calcolo della pena, comunque, a parere del ricorrente sarebbe errato perchè la Corte di merito, nell’effettuare il calcolo delle aggravanti, dopo aver aggravato la pena per la circostanza delle più persone riunite, non ha applicato la norma dell’art. 63 c.p., comma 4 ed ha proceduto a tanti aumenti di pena quante sono le aggravanti invece che uno solo in cumulo giuridico di un terzo.
Motivi della decisione

C..

2. Il ricorso non è fondato.

2.1 La doglianza relativa alla carenza di motivazione in ordine alla richiesta estorsiva è palesemente versata in fatto e pertanto, non valutabile in questa sede;

2.2 Correttamente,poi, la Corte ha ritenuto la sussistenza dell’aggravante delle più persone riunite: questa Corte, infatti, ha costantemente evidenziato che l’espressione "più persone", nel caso dell’aggravante, esprime il concetto di pluralità, che sussiste anche nel caso della presenza di due persone soltanto, come nel caso in esame, mentre l’ulteriore specificazione secondo cui deve trattarsi di più persone "riunite" non intende far riferimento alla necessità di un maggior numero di partecipanti ;in ordine alla simultanea presenza dei suddetti partecipanti,elemento che pure sussiste nel caso in esame, la giurisprudenza della Corte non è concorde sulla necessità di tale requisito ai fini della configurabilità dell’aggravante,pur concordando, i diversi orientamenti giurisprudenziali, sulla ragione dell’aggravamento di pena che non deriva dalla maggiore pericolosità insita nella compartecipazione di più soggetti nel medesimo reato (circostanza che rileva ai fini della sussistenza del concorso di persone nel reato), ma nel maggiore effetto intimidatorio che la presenza di più persone esercita sull’animo e sulla volontà della vittima ed a tal fine è sufficiente che il soggetto passivo abbia acquisito la sensazione che la minaccia provenga non solo dal singolo che la proferisce, ma che costui manifesti le comuni, perverse intenzioni di più persone, di cui si fa portavoce" (Cass. Sez. 1, 3.11.2005 14.2.2006 n. 5639 Cass. Sez. 2, 22.11 – 6.12.2006 n. 40208; Cass. Sez. 1, 25.9-6.11.2007 n. 40494; Cass. Sez. 2, 31.3-22.4.2008 n. 16657).

2.3 Col terzo motivo di gravame il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), in relazione al giudizio di comparazione delle circostanze aggravanti. In particolare rileva il ricorrente che il concorso di più circostanze aggravanti, doveva essere considerato in termini unitari e non reiterato per ciascuna aggravante ai sensi dell’art. 64 c.p., comma 4. Anche sotto tale profilo il ricorso si appalesa manifestamente infondato. Ed invero, per quel che riguarda le specifiche circostanze aggravanti, tutte ad effetto speciale, va applicata, come ha fatto la Corte di merito, la regola di cui all’art. 64 c.p., comma 2. 2.4 Il ricorso per i motivi suddetti deve essere rigettato ed il ricorrente deve essere ai sensi dell’art. 616 c.p.p. condannato al pagamento delle spese.

B..

Il ricorso è manifestamente infondato.

Il ricorrente, infatti, attraverso la pretestuosa deduzione di un’asserita carenza di motivazione della sentenza impugnata e di un travisamento dei fatti risultante da atti del processo che non allega, rendendo la doglianza generica ed inammissibile, ha tentato di ottenere una rivalutazione delle prove, (nonchè degli elementi considerati dai giudici del secondo grado per l’applicazione in concreto della pena), che si risolverebbe in un sostanziale nuovo giudizio sul fatto; e tale giudizio, per costante giurisprudenza di questa Corte, è sottratto, come tutte le valutazioni di merito, al sindacato di legittimità della Cassazione.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile: ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso di B.G., che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di mille Euro alla cassa delle ammende.

Rigetta il ricorso di C.P. che condanna al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *