Cass. civ. Sez. I, Sent., 23-09-2011, n. 19453

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza di cui in epigrafe, la Corte d’appello di Napoli ha respinto la domanda di M.A. proposta ai sensi della L. 10 ottobre 1990, n. 287, art. 33, nei confronti della Fondiaria SAI s.p.a. con citazione del 12 maggio 2005, per ottenere la condanna della convenuta al risarcimento del danno subito per l’aumento del premio pagato dall’attore per l’assicurazione di un proprio autoveicolo tg. (OMISSIS) negli anni tra il 1995 e il 2000, dovuto agli incrementi dei prezzi conseguenti alle intese sulla concorrenza di Fondiaria SAI con altre 39 imprese assicuratrici, costituenti condotte per le quali la stessa società era stata sanzionata dall’Autorità garante della concorrenza e del Mercato (da ora: Antitrust), con delibera ritenuta legittima dal Tar e dal Consiglio di Stato. Rilevato che la Corte d’appello ha rigettato la domanda, con compensazione delle spese, avendo accolto l’eccezione di prescrizione del credito da far decorrere dalla data dell’intesa illecita, con la conseguenza che il credito era estinto in rapporto al periodo cui si riferivano i maggiori premi pagati, concluso nel 2000, in quanto la domanda era stata proposta oltre cinque anni dopo la conclusione dei comportamenti illeciti della convenuta.
Motivi della decisione

Che, per la cassazione di tale sentenza, ha proposto ricorso notificato il 18 settembre 2007 M.A., cui resiste la SAI Fondiaria s.p.a. con controricorso notificato il 24 – 25 ottobre 2007, illustrato da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., con impugnazione che si articola in sette motivi: 1) violazione della L. n. 287 del 1990, art. 2, u.c., per non avere la Corte ritenuto illecito l’accordo sulla concorrenza tra S.A.I. s.p.a. e altri assicuratori; 2) per non avere rilevato la incidenza di esse sulla alterazione delle dinamiche di mercato e sull’innalzamento dei prezzi del servizio; 3) per avere negato il nesso causale tra intese illecite e incrementi dei premi; 4) per non avere proceduto alla liquidazione del danno in via equitativa per la lievitazione dei premi dovuta alla mala fede delle assicuratrici che concordavano i prezzi da praticare alla clientela con dolo incidente e in violazione dell’art. 1440 c.c.; 5) per non avere la corte di merito rilevato che il comportamento di Fondiaria SAI rilevava anche come responsabilità precontrattuale ai sensi dell’art. 1337 c.c.; 6) per avere la sentenza impugnata qualificato la responsabilità del caso come extracontrattuale prescrivibile in cinque anni dalla data della sentenza del Consiglio di Stato del 27 febbraio 2002 che aveva confermato la illiceità delle intese concluse dalla società convenuta; 7) per non essersi considerata nel merito la impossibilità per il ricorrente di sottrarsi agli incrementi ingiustificati dei premi, in assenza di imprese minori non partecipanti agli accordi anticoncorrenziali, per cui non era stato possibile cambiare assicuratrice. Nessuno dei sette motivi come sopra riportati è concluso da quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c..

Diritto:

Il ricorso è inammissibile. Anche a non rilevare che l’impugnazione non indica in ciascuno dei sette motivi le norme di diritto violate su cui essi si fondano, essendo insufficienti gli accenni alle convenzioni internazionali e i richiami generici alle norme del codice civile sui vizi della volontà e sulla responsabilità extra e precontrattuale oltre che sulla prescrizione, per ritenere soddisfatto l’onere di cui all’art. 366 c.p.c., n. 4, tutti i motivi mancano dei quesiti di diritto con la indicazione del principio erroneamente applicato dalla sentenza e di quello che si propone di applicare in sostituzione, in rapporto alle denunciate violazioni di legge di cui a ciascuno dei motivi di impugnazione, ai sensi della prima parte dell’art. 366 bis c.p.c., norma processuale applicabile ratione temporis anche dopo che è stata abrogata e fino alla sua abrogazione, per il principio tempus regit actum (Cass. 4 gennaio 2011 n. 80 e ord. 24 marzo 2010 n. 7119). La mancanza dei quesiti per quanto attiene la violazione delle Direttive sulla concorrenza e della L. n. 287 del 1990 di trasposizione di esse nel diritto interno, oltre che delle norme del codice civile in concreto richiamate (artt. 1440, 1337 e 2952) comporta la preclusione della impugnazione.

Anche la denuncia delle carenze motivazionali della sentenza impugnata è inammissibile, in ragione della seconda parte dell’art. 366 bis c.p.c., in quanto priva della sintesi conclusiva, con la chiara indicazione dei fatti rilevanti che rendono contraddittoria o illogica la sentenza L. delle ragioni per le quali la motivazione della sentenza impugnata è inidonea a dare ragione della decisione e si assume omessa e/o insufficiente. (S.U. 14 ottobre 2008 n. 25117, Cass. 26 febbraio 2009 n. 4589 e ord. 26 febbraio 2009 n. 4589).

In conclusione, il ricorso è inammissibile e il ricorrente, per la soccombenza, deve pagare alla controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione, nella misura che si liquida in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a pagare alla controricorrente le spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 800,00 (ottocento/00), dei quali Euro 200,00 (duecento/00) per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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