Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 24-02-2011) 23-05-2011, n. 20281

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la sentenza del Tribunale di Genova che il 08.04.2008 , ha condannato D.M. A., per invasione di terreni, avendo a più riprese posteggiato la propria autovettura in una via privata,incurante delle proteste dei proprietari, alla pena di Euro 200 di multa.

Avverso la sentenza ricorre l’imputa chiedendone l’annullamento e deducendo l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale e la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione perchè la Corte di merito avrebbe erroneamente ritenuto che la fattispecie di cui all’art. 633 c.p. non debba essere necessariamente permanente e perchè, sul punto, la motivazione è carente, non avendo specificato quali sarebbero stati i comportamenti che avrebbero perpetuato, nel tempo, la condotta di occupazione abusiva e tralasciando la testimonianza favorevole del teste B. che ha affermato, che nel periodo di tempo indicato in imputazione, l’imputata abitava in altra zona della città. Deduce ancora la ricorrente che la motivazione, in punto di quantificazione della pena, appare generica e non motivata.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

Va innanzitutto rilevato, in ordine alla asserita natura permanente del reato di invasione, che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’azione prevista dall’art. 633 cod. pen. postula l’altruità dell’immobile invaso, concretandosi nell’invasione di terreni o edifici altrui, ed inoltre che l’agente, penetrando nell’immobile ne violi l’esclusività della proprietà o del possesso (Rv 11203):

l’azione pertanto può essere istantanea o permanente secondo che l’occupazione si consumi con immediatezza, ovvero che si protragga oltre il tempo strettamente necessario. (Conf. mass. N. 176764; mass. N. 174641; mass. N. 165737; n. 157075; (Conf. mass. N. 148350; n. 147644 mass. N. 123373; mass. N. 117318; mass. N. 112005).

La doglianza della ricorrente, pertanto, è priva di fondamento , al pari di quella relativa alla testimonianza B.: tale testimonianza,infatti, è puntualmente richiamata nella sentenza ma la Corte non vi ha annesso valore rilevante perchè ritenuta superata dalle prove documentali (fotografie) e dalle stesse ammissioni dell’imputata, con una motivazione che in punto di logica e completezza non merita censure.

Il motivo relativo alla commisurazione della pena è del tutto assertivo e generico ed inidoneo ad essere valutato in sede di legittimità.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la ricorrente che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di mille Euro alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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