T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 23-05-2011, n. 4501 Esclusioni dal concorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Collegio ritiene che il ricorso, in relazione agli atti in essere nel fascicolo processuale, può essere definito immediatamente e di ciò è stato fatto avviso alle parti presenti.

Con il ricorso in esame, il ricorrente impugna il giudizio di non idoneità alle prove di efficienza fisica nel concorso per il reclutamento di n. 4182 VFP4, 2^ immissione.

La commissione ha giudicato non ultimata la prova di efficienza fisica per avere, il ricorrente, eseguito in due minuti 8 piegamenti sulle braccia in luogo dei 12 stabiliti nel bando.

Come seguono le censure:

a) i membri nominati per la valutazione della prova del ricorrente non hanno sottoscritto la dichiarazione di incompatibilità;

b) la commissione preposta all’accertamento della efficienza fisica in data 29/9/2010 risulta illegittima in quanto costituita in violazione sia dell’art. 9, c. 2 del DPR n. 487/1994 che dell’art. 3, c. 21 della L. n. 537/1993 risultando priva, al suo interno, di esperto/tecnico di settore;

c) la prova è nulla in quanto assolutamente inattendibile s’appalesa la valutazione della medesima da parte di militari i quali non solo non sono definibili esperti di settore ma neppure hanno quel minimo di competenza tecnica per giudicare se un esercizio, qual è quello dei piegamenti sulle braccia, sia stato eseguito correttamente o meno;

d) è stata violata la par condicio tra i concorrenti: mentre i candidati del gruppo 1 in data 21/9/2010 sono stati valutati da una commissione che al suo interno garantiva la presenza di un membro tecnico in grado di esprimersi sulla corretta esecuzione della prova, i concorrenti del gruppo 6, di cui faceva parte il ricorrente, sono stati valutati da soggetti senza nessuna qualificazione idonea a garantire un vaglio non opinabile della prova stessa, e comunque all’interno della commissione in data 29/9/2010 non vi era alcun istruttore ISMEF;

e) addirittura, il membro che nella circostanza ha sostituito il titolare della commissione (costui, invece, istruttore ISMEF C° 1^, G. Paterna) appartiene alla categoria degli "Elettricisti";

f) difetto di motivazione: arbitrariamente la commissione ha utilizzato la formula PNU (prova non ultimata) personalizzando il provvedimento con l’introduzione di un elemento sintetico in spregio al principio della insufficienza della valutazione della prova concorsuale espressa con sigla;

g) il ricorrente ha eseguito ben più di 12 piegamenti sulle braccia nel tempo massimo di due minuti;

h) il presidente della commissione lo ha più volte distratto con richiami sostituendosi nel conteggio al membro a ciò deputato.

Con memoria depositata il 28 dicembre 2010 l’Avvocatura dello Stato ha controdedotto alle censure di ricorso.

Con memoria del 14 gennaio 2011 il ricorrente ha replicato alle controdeduzioni.

Con ordinanza n. 536/2011 sono stati chiesti all’intimata amministrazione documentati chiarimenti.

Con memoria depositata il 31 gennaio 2011 l’Avvocatura dello Stato deposita documentazione e chiede, oltre al rigetto del ricorso con relative spese, la condanna del ricorrente per responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c. a cagione delle assertivamente false informazioni date al suo difensore.

Il ricorso è infondato.

Il ricorrente non ha superato la prova perché nel tempo massimo di due minuti non ha eseguito i dodici piegamenti sulle braccia previsti dal bando, fermandosi al numero di otto.

L’acronimo PNU (prova non ultimata) esplicita chiaramente il caso in cui il candidato non ha ultimato la prova nei due minuti regolamentari.

Non sono stati effettuati rilievi sui piegamenti effettuati dal ricorrente, né dal membro di commissione né dalla commissione medesima.

Il cronometrista ufficiale ha registrato il tempo di svolgimento della prova (2 minuti) ed il membro della commissione ha conteggiato a voce alta il numero di "ripetizioni effettuate" che si è fermato ad otto su dodici nei due minuti previsti.

Tanto si evince dal verbale, che fa fede fino a querela di falso.

Il ricorrente, dunque, non ha superato la prova semplicemente perché ha eseguiti solo 8 piegamenti sulle braccia.

Perdono, pertanto, di consistenza e di interesse tutte le restanti censure.

Il Collegio osserva che, se anche il ricorrente avesse effettuato un numero di piegamenti pari o superiore a 12 in due minuti, i piegamenti validi sono stati conteggiati nel numero di otto, vale a dire un numero inferiore a quello previsto nel bando.

Il ricorrente sostiene, a questo proposito, che la commissione non era composta da esperti nel campo e, pertanto, la sua prova non è stata correttamente valutata.

La censura è infondata.

L’amministrazione ha chiarito che nelle commissioni per la valutazione della efficienza fisica – come è stato per quella che ha valutato il ricorrente – viene sempre impiegato personale che da anni è adibito a tali incarichi.

Il Collegio ritiene – con ciò aderendo alla giurisprudenza formatasi sul punto (cfr Tar Sardegna n. 530/2009 richiamata dalla stessa resistente – che "il requisito della comprovata esperienza non debba spingersi fino a richiedere che i membri della commissione siano titolari dello specifico insegnamento oggetto di selezione se i componenti possiedono una competenza specifica e sufficiente a valutare i candidati".

Nel caso di specie, l’amministrazione ha chiarito che i membri di commissione avevano maturato esperienza nel campo essendo stati adibiti da anni a tale incarico.

Il Collegio reputa sufficiente tale percorso formativo siccome in grado di radicare nei membri la necessaria competenza a valutare una prova fisica come quella sostenuta dal ricorrente, senza che occorra comprovare il possesso anche di particolari qualifiche o la frequenza di determinati corsi.

Per quanto concerne la dichiarazione di incompatibilità da parte dei membri di commissione, il Collegio osserva che – in disparte il fatto che sia il S.T.V. Gemma che il 1^ Maresciallo SSP/E Arena hanno sottoscritto, rispettivamente in data 28 e 21 settembre 2010, la suddetta dichiarazione – la sua eventuale omissione non ridonda negativamente sulla validità delle operazioni di concorso in mancanza di un principio di prova sulla esistenza in concreto di cause di incompatibilità.

Ed invero, la violazione dell’art. 11, D.P.R. 9 maggio 1994 n. 487, recante il Regolamento delle procedure concorsuali per l’accesso agli impieghi alle dipendenze delle pubbliche Amministrazioni, secondo il quale i componenti della commissione giudicatrice del concorso devono fornire preventiva dichiarazione di insussistenza di situazioni di incompatibilità tra essi ed i concorrenti, non può determinare di per sé la invalidazione dell’intero procedimento concorsuale, se alla omessa dichiarazione non si accompagna la esistenza di una effettiva situazione di incompatibilità all’esercizio della funzione di membro della commissione di esame (cfr Tar Marche, sez. I n. 1882/2007).

L’Avvocatura di Stato ha chiesto, infine, la condanna del ricorrente per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c..

Recita il c. 1 dell’art. 96 c.p.c.: "Se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell’altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche di ufficio, nella sentenza".

Il Collegio non ravvede sussistenti, nella particolarità della fattispecie, elementi di dolo o colpa grave a carico del ricorrente che ben può, nell’emotività del momento (sforzo eseguito per superare i piegamenti sulle braccia), avere avuto una errata percezione della realtà fattuale. Quanto alle restanti affermazioni relative alla composizione della commissione, il Collegio ritiene le stesse riconducibili alla normale dialettica processuale giustificata dall’esercizio del proprio diritto di difesa i cui confini non sono stati valicati.

In conclusione, il ricorso in esame non è meritevole di accoglimento.

Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente alla refusione delle spese processuali che si liquidano in Euro 1.500,00.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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