Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 15-02-2011) 23-05-2011, n. 20274

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

D.G.G., tramite il difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza 496/2008 del 28.3.2008, con la quale la Corte d’Appello dell’Aquila ha confermato parzialmente la sentenza 5.2.2002 del Tribunale di Teramo, condannandolo alla pena di mesi otto di reclusione e 200,00 Euro di multa per la violazione dell’art. 648 c.p..

La difesa dell’imputato richiede l’annullamento della sentenza impugnata per violazione dell’art. 552 c.p.p. perchè non sarebbe stato notificato l’avviso all’indagato della conclusione delle indagini preliminari previsto dall’art. 415 bis c.p.p..

In particolare va rilevato che, successivamente al compimento delle formalità di apertura del dibattimento, la difesa dell’imputato aveva denunciato la violazione di cui in premessa e il Tribunale la aveva respinta rilevandone la tardività, perchè manifestata successivamente al compimento delle formalità di cui all’art. 491 c.p.p.; in tale modo il Tribunale aveva ricompreso la denunciata nullità fra quelle ed. relative sottoposte alla disciplina dell’art. 181 c.p.p..

Con l’atto di appello la difesa riproponeva la questione e la Corte territoriale confermava la decisione del giudice di primo grado.

La difesa ripropone nuovamente la questione in questa sede sostenendo che la nullità dedotta, espressamente prevista nell’art. 552 c.p.p. (trattandosi di illecito penale per il quale è prevista la c.d.

"citazione diretta") è riconducile fra quelle disciplinate dall’art. 180 c.p.p., con la conseguenza che sarebbe deducibile entro il termine della conclusione del giudizio di primo grado.

Sul piano astratto la doglianza è fondata, ma non può essere accolta per le ragioni di cui infra.

Una parte minoritaria della giurisprudenza di legittimità v. Cass. Sez. 3^, 17.4.2008 in Ced. Cass. Rv 240255; Cass. Sez. 2^ 11.6.2010 in Ced Cass. Rv 248302 ha sostenuto che l’omesso adempimento previsto di cui all’art. 415 bis c.p.p., costituisce una nullità di tipo relativo riconducibile alla disciplina di cui all’art. 181 c.p.p..

La prevalente giurisprudenza di legittimità, afferma che quella in esame è una nullità a c.d. regime intermedio, sussumibile nell’ambito delle regole stabilite dall’art. 181 c.p.p..

Ad avviso di questo collegio appare preferibile questo secondo filone giurisprudenziale, (v. fra le altre: Cass. sez. 5^, 22.10.2008, Tarallo in Ced Cass. 241808; Cass. Sez. 1^ 2.12.2008, Barcellona in Ced Cass. Rv 242075; Cass. Sez. 2^, 6.3.2008, Prinno, in Ced Cass. Rv. 239751; Cass. Sez. 5^, 16.6.2006, Giugliano in Ced Cass. Rv 235149; Cass. Sez. 6^, 3.11.205, Piccolo in Ced Cass. Rv 233062;

Cass. Sez. 6^, 26.3.2003, Vargas in Ced Cass. Rv 226272; Cass. Sez. 1^, 22.5.2003, Mariottini) che per la sua netta prevalenza non determina la necessità di ricorrere ad una pronuncia delle Sezioni Unite.

Infatti, l’omissione dell’adempimento previsto dall’art. 415 bis c.p.p. sicuramente integra una delle ipotesi riconducibili alla previsione dell’art. 178 c.p.p., lett. c) perchè incidente sul potere di "intervento" dell’imputato nel giudizio (v. dal ultimo Cass. pen., sez. 1^, 10.2.2010, n. 8227 in Ced Cass., rv. 246249).

Di qui consegue che la nullità (peraltro del decreto di citazione a giudizio, espressamente prevista dall’art. 552 c.p.p. ricade fra quelle a c.d. regime intermedio sottoposte alla disciplina di cui all’art. 181 c.p.p..

La ricostruzione dell’istituto processuale, porta pertanto ad affermare che la deduzione della nullità, nel caso di specie, poteva essere fatta prima della deliberazione della sentenza di primo grado.

Nel caso in esame peraltro, la doglianza dedotta dalla difesa non si attaglia alla fattispecie concreta sottoposta all’esame del Collegio.

Dalla lettura degli atti emerge infatti che il decreto di citazione è datato 9.12.1999, ed è stato quindi emesso prima della introduzione nel nostro sistema processuale dell’art. 415 bis c.p.p. che è stato previsto dalla L. 16 dicembre 1999, n. 479, art. 17, comma 2 in applicazione del principio processuale del tempus regit actum, nessuna violazione risulta essere stata commessa, non potendosi applicare una norma processuale prima del suo vigore.

Pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende attesa la pretestuosità delle ragioni di gravame.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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