T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 23-05-2011, n. 4492 Esclusioni dal concorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Sussistono i presupposti per la definizione immediata della causa e di ciò è stato fatto avviso alle parti.

Con il ricorso in esame, la ricorrente ha impugnato il decreto ministeriale (Ministero dell’Interno), datato 15 ottobre 2010, con il quale è stata esclusa dal concorso per il reclutamento di n. 814 Vigili del Fuoco.

Deduce i seguenti motivi di ricorso:

a)violazione e falsa applicazione del DPCM 22/7/1987, n. 411, come modificato dall’art. 1 del DPCM 27 aprile 1993, n. 233;

b)eccesso di potere sotto vari profili;

c)violazione e falsa applicazione dell’art. 3, c. 2 della Costituzione;

d)violazione dell’art. 31,c. 2 del D.Lvo 11/4/2006, n. 198 e dei principi generali in materia di pari opportunità tra uomo e donna.

Si è costituita l’Avvocatura di Stato depositando relazione dell’amministrazione e documenti.

Il ricorso è tardivo ed infondato.

La ricorrente dichiara in ricorso di avere una statura prossima a cm 162. L’amministrazione ha accertato che l’altezza della candidata è di cm 161,5. I due dati concordano sostanzialmente. Certo è, dunque, che la ricorrente non ha l’altezza minima richiesta dal bando di concorso (cm 165).

Incontestata tra le parti tale circostanza, appare evidente la tardività con la quale l’interessata, solo oggi, rivolge ogni doglianza avverso la clausola di bando. Si tratta, infatti, di censure che avversano la prescrizione di un preciso ed indefettibile requisito di accesso al concorso, che, ove ritenuto illegittimo, siccome preclusivo in radice della partecipazione, avrebbe dovuto essere tempestivamente contestato, mediante impugnativa della relativa clausola, nei termini decadenza dalla piena conoscenza legale della lex specialis.

La giurisprudenza ha chiarito che "Il bando di un pubblico concorso contenente clausole direttamente lesive dell’interesse dei candidati, quale il requisito della altezza minima, deve essere autonomamente ed immediatamente impugnato, trattandosi di clausole limitative della partecipazione al concorso, in assenza di alcun margine interpretativo da parte della commissione o di disposizioni suscettibili di diverse interpretazioni" (Tar Piemonte 13 maggio 2002, n. 963).

Per vero, la ricorrente afferma di avere sempre ritenuto di possedere il prescritto requisito soggettivo; opinione avvalorata dalla sua carta di identità (rilasciata il 7/1/2010, con l’indicazione della "Statura 1,65") e dal fatto che mai le è stato contestato alcun deficit di statura nel servizio prestato come vigile volontario.

Ella, pertanto, nell’impugnare la clausola di bando e gli atti regolamentari presupposti, assume che l’interesse ad agire si sarebbe attualizzato nel momento stesso della esclusione dal concorso non avendo potuto percepire obiettivamente ed in modo sicuro la portata lesiva della clausola limitativa.

La tesi non convince.

Le circostanza allegate dalla ricorrente avrebbero potuto incidere significativamente sull’attualizzazione dell’interesse ad agire se la ricorrente avesse posseduto una statura effettivamente prossima a quella stabilità nel bando. La possibilità che i metodi di misurazione della statura possano determinare un piccolo scarto è, infatti, plausibile. Non lo è, invece, se lo scarto assume proporzioni obiettivamente consistenti come nella fattispecie (ben tre centimetri e mezzo). Il convincimento personale, tratto da una errata annotazione della statura sulla propria carta di identità (che lascia seri dubbi sulla attendibilità del documento e che andrebbe modificato in parte qua), non giustifica la ricorrente che ha sempre avuto la chiara consapevolezza di possedere una statura non superiore a cm 162. Si tratta, peraltro, di un requisito il cui accertamento era nella disponibilità della ricorrente e che, pertanto, non poteva essere ignorato secondo le ordinarie regole di diligenza.

L’interessata sostiene, altresì, che l’opinione sarebbe stata avvalorata anche dal fatto di avere prestato servizio come vigile volontario senza che le fosse contestato alcunché. Sennonché, per l’accesso nei quadri del personale volontario è richiesta una statura di molto inferiore a quella stabilita nel bando impugnato. Il DPR n. 76/2004 prevede, infatti, un limite di altezza par a cm 162. Questo spiega perché la ricorrente non ha mai avuto contestazioni durante il pregresso servizio e comprova, altresì, che l’interesse ad agire avverso la clausola di bando previsiva di un requisito diverso e più rigoroso si sia attualizzata, nei confronti della candidata, nel momento stesso in cui il bando è stato pubblicato.

In disparte quanto sopra, il ricorso è comunque infondato.

La clausola di bando – previsiva di una statura non differenziata tra maschi e femmine – appare non manifestamente illogica né irragionevole né lesiva del principio di eguaglianza sostanziale, ove considerate:

la relazione che può ragionevolmente accettarsi, alla stregua del senso comune, tra altezza e funzioni/mansioni affidate al personale appartenente al Corpo dei Vigili del Fuoco;

la circostanza che l’altezza di cm 165 non si discosta in modo significativo ed implausibile, per una donna, dalla media generale;

la non implausibile previsione di statura diverse, l’una (cm 162) per l’impiego di personale meramente volontario; l’altra (cm 165), per il reclutamento in ruolo attese la sostanziali differenze esistenti tra le due categorie: il personale volontario, caratterizzato da discontinuità; l’altro, da reclutarsi in via permanente per l’assolvimento di compiti in via continuativa e stabile che rendono non implausibile, in ragione della continuità del rapporto e del maggiore impegno richiesto, la presenza di requisiti fisici più rigorosi che solo l’amministrazione è in grado di individuare facendo uso della propria discrezionalità (sulla non illogicità di criteri selettivi diversi cfr C.d.S. sent. n. 3513/2010);

la fonte normativa di riferimento che, per il reclutamento dei vigili volontari è rappresentata dal DPR 6/2/2004 mentre per le qualifiche iniziali nei ruoli di VV.FF. è costituita dal D.M. n. 78/2008;

il collegamento della statura (minima) richiesta (cm 165) alle modalità di svolgimento del servizio: trasporto a spalla dei feriti, erogazione di acqua cob lance UNI 70 e pressione di 8 atmosfere, manovre di posizionamento del telo da salto, trasporto motopompe barellabili, necessità di indossare determinati equipaggi; attività che richiedono particolare prestanza fisica ed un adeguato rapporto peso/potenza ed in ragione delle quali sono stati studiati appositi mezzi e materiali in rapporto al limite di statura di 165 cm (si pensi agli abitacoli dei mezzi di soccorso, all’altezza degli sportelli di caricamento delle autopompe serbatoi, ai veicoli polis occorso, all’altezza dei gradini della scala aerea;

la illogicità di un diverso limite di statura tra maschi e femmine, che avrebbe comportato (a) l’esclusione sistematica da taluni compiti all’interno della squadra in ragione della statura (b) l’insorgenza di difficoltà organizzative nell’espletamento dei compiti che, per natura e finalità del servizio, richiedono il possesso di qualità che sono poste anche a tutela degli stessi operatori (Tar Lazio, sez. I ter n. 4435/2008);

la ragionevolezza di un limite di statura obiettivamente orientato verso il basso proprio per non sfavorire le donne.

In conclusione, il ricorso in esame è infondato e va, perciò, respinto mentre le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza e sono poste in favore del Ministero dell’Interno. Nulla spese nei confronti delle restanti parti siccome non costituitesi.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore del Ministero dell’Interno che si liquidano in Euro 1.500,00.

Nulla spese nei confronti delle restanti parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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