Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 02-02-2011) 23-05-2011, n. 20269

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Roma, con sentenza in data 3 febbraio 2010, confermava la condanna pronunciata dal Tribunale di Roma il 19 dicembre 2008 alla pena di anni uno di reclusione ed Euro 300,00 di multa nei confronti di G.G., dichiarato colpevole dei reati di ricettazione di assegno bancario, di falsificazione di carta di identità e di contraffazione di sigillo.

Propone ricorso per cassazione l’imputato personalmente, deducendo inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, nonchè mancanza e manifesta illogicità della motivazione.

Il ricorrente lamenta che il giudizio di responsabilità sia fondato unicamente sulle asserzioni della persona che aveva effettuato la negoziazione del titolo presso lo sportello bancario ed afferma che non potrebbe essere considerato riscontro, come ritenuto invece dalla sentenza impugnata, la circostanza del riconoscimento dell’imputato nell’effige posta sul documento di identità da parte degli operanti del Commissariato di Primavalle, poichè mancherebbe la prova che esso imputato in quel dato giorno si trovasse effettivamente presso l’istituto bancario per incassare l’assegno.
Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono manifestamente infondati ovvero non consentiti nel giudizio di legittimità e devono essere dichiarati inammissibili.

I motivi di ricorso sono manifestamente infondati per la parte in cui contestano l’esistenza di un apparato giustificativo della decisione, che invece esiste; non consentiti per la parte in cui pretendono di valutare, o rivalutare, gli elementi probatori al fine di trarre proprie conclusioni in contrasto con quelle del giudice del merito chiedendo alla Corte di legittimità un giudizio di fatto che non le compete.

Secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali.

I motivi proposti tendono, appunto, ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di appello, la cui motivazione, integrata con quella della sentenza conforme del primo giudice, è ampia ed esente da vizi logici e giuridici.

In particolare, la sentenza impugnata ha chiarito che l’assegno bancario era stato riscosso mediante un falsa carta di identità recante le generalità di T.E., ma con apposta la fotografia dell’imputato, riconosciuto da più testimoni.

Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al versamento della somma, che si ritiene equa, di Euro 1.000,00 a favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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