Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 02-02-2011) 23-05-2011, n. 20267

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

he ha chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso.
Svolgimento del processo

Il Tribunale di Roma, con sentenza in data 29 settembre 2006, dichiarava C.C. colpevole del delitto di appropriazione indebita aggravata, perchè, per procurarsi un ingiusto profitto, quale socio della C. & B. s.n.c. si appropriava di Euro 1.474,38, che gli erano stati consegnati dai clienti per riparazioni varie, omettendo di versarle nella cassa sociale.

Il C. veniva condannato alla pena di mesi uno di reclusione ed Euro 200,00 di multa, oltre al risarcimento dei danni a favore della parte civile B.M., con provvisionale di Euro 1.000,00.

In esito a gravame dell’imputato, la Corte di Appello di Roma, con sentenza in data 4 dicembre 2009, rilevava l’intervenuta prescrizione del reato e confermava l’accertamento di responsabilità in ordine ai fatti contestati e le conseguenti statuizioni civili, basandosi sulle dichiarazioni della persona offesa, riscontrate dalle testimonianze assunte e dalle verifiche sui registri societari.

Propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo i vizi di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), c) ed e).

Il ricorrente lamenta che le prove espletate non siano state adeguatamente esaminate dalla Corte di Appello, la quale avrebbe pure ammesso che dichiarazioni dei testi sarebbero state male interpretate dal primo giudice.

In particolare, il ricorrente osserva che dalla testimonianza del B. emergerebbe che il capo di imputazione è errato poichè la somma ivi indicata non si riferirebbe alle mancanze per colpa del C., ma agli importi pagati dalla ditta per l’acquisto dei pezzi di ricambio e che dalle dichiarazioni del teste Ca. emergerebbe che l’imputato, se gli importi da pagare da parte dei clienti erano di piccola entità, lasciava che fossero dati direttamente all’operaio Ca. come mancia.

Inoltre, dalla testimonianza del G. emergerebbe che i pagamenti venivano fatti nelle mani della segretaria che rilasciava fattura.

Questa circostanza sarebbe confermata dal teste P., la cui testimonianza sarebbe stata male interpretata dalla Corte di Appello.

Infine, le testimonianze degli operanti di P.G. riguarderebbero fatti diversi da quelli riportati nel capo di imputazione.
Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono manifestamente infondati ovvero non consentiti nel giudizio di legittimità e devono essere dichiarati inammissibili.

Secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte, esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali.

I motivi proposti tendono, appunto, ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione ampia ed esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento, basandosi su molteplici testimonianze sulle quali si incentra la censura del ricorrente, che non può essere raccolta in questa sede di legittimità, di essere state "male interpretate".

Per quanto riguarda le somme indicate nel capo di imputazione, la sentenza impugnata ha chiarito che le accuse del B. hanno trovato concreto ed esaustivo riscontro per quanto riguarda gli importi pagati da due clienti, per somme complessivamente ricomprese nella somma totale oggetto di contestazione.

Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al versamento della somma, che si ritiene equa, di Euro 1.000,00 a favore della Cassa delle Ammende.

L’imputato deve essere, altresì, condannato alla rifusione della spese sostenute nel grado dalla parte civile B.M., che liquida in Euro 2.000,00, oltre IVA e CPA.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende, nonchè alla rifusione della spese sostenute nel grado dalla parte civile B.M., che liquida in Euro 2.000,00, oltre IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 2 febbraio 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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