Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 23-09-2011, n. 19407

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. M.G. con un ricorso al tribunale di Rossano esponeva di aver lavorato dal 5 luglio 1974 fino al 31 gennaio del 1998 alle dipendenze di C.G. presso il distributore carburanti Esso di cui il C. era titolare. Il ricorrente chiedeva il riconoscimento di pretese differenze retributive e de compenso per lavoro straordinario svolto.

Con sentenza 19.12.2002 – 14.1.2003 il Tribunale di Rossano, in funzione di giudice del lavoro, condannava C.G. al pagamento, nei confronti di M.G., della somma di Euro 113.367,11 oltre accessori di legge, a titolo di differenze retributive.

2. Con ricorso in data 7.3.2003 C.G. proponeva appello avverso la sentenza di primo grado deduccndo la nullità del ricorso introduttivo della lite; l’illegittimità dell’ordinanza di decadenza dalla prova testimoniale; l’interruzione del rapporto di lavoro per dimissioni; il riconoscimento della qualifica superiore al 4^ livello del CCNL del settore commercio; l’insussistenza del dedotto lavoro straordinario; la prescrizione dei crediti pretesi dall’appellato.

Costituitosi ritualmente, M.G. chiedeva il rigetto dell’appello, siccome infondato, e proponeva appello incidentale circa la corresponsione della somma prevista come penale in caso di licenziamento.

Con sentenza del 30.3.2006 – 19 gennaio 2007 la Corte d’appello di Catanzaro rigettava gli appelli condannando l’appellante al pagamento delle spese del grado.

3. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione il C. con due motivi.

Resiste con controricorso la parte intimata eccependo, tra l’altro. l’inammissibilità del ricorso per aver le parti conciliato la lite con espressa rinuncia del C. ad impugnare la sentenza d’appello.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è articolato in due motivi.

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia omessa insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza impugnata in relazione all’eccezione preliminare di nullità del ricorso introduttivo. Ribadisce che il ricorso al tribunale di Rossano era generico e privo di riferimenti specifici sì da impedire alla parte intimata di svolgere una completa difesa con conseguente violazione del principio del contraddittorio.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia omessa insufficiente contraddittoria motivazione della sentenza impugnata in relazione all’interruzione del rapporto di lavoro per rassegnate dimissioni. Il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata ha violato il principio dispositivo e quindi l’art. 112 c.p.c.. Deduce ricorrente che erroneamente la corte d’appello ha ritenuto che le dimissioni dal posto di lavoro rassegnate dalla M. con lettera del 26 marzo 1993 non risultavano provate. Pertanto le competenze retributive dovute al M. sarebbero state da liquidare per il solo periodo dall’agosto 1993 al 1998. 2. Il ricorso – i cui due motivi possono essere esaminati congiuntamente è inammissibile per mancanza di quesiti.

Infatti nella misura in cui i vizi denunciati sono riferibili a violazione di legge deve considerarsi che il quesito di diritto è del tutto mancante. Ma anche nella parte in cui i vizi denunciati possono qualificarsi come censura di difetto o contraddittorietà di motivazione in ogni caso sarebbe violato l’art. 366 bis c.p.c. perchè manca quella sintesi prescritta dalla disposizione citata e ritenuta dalla giurisprudenza. In proposito questa Corte (Cass., sez. un., 1 ottobre 2007, n. 20603) ha affermato che, ove sia dedotta l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, l’illustrazione del motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; occorre quindi che la relativa censura contenga un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità. 3. La mancanza dei quesiti di diritto ex art. 366 bis c.p.c., preclude anche di esaminare l’eventuale inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse in ragione dell’acquiescenza stragiudiziale da parte del ricorrente alla sentenza impugnata, come dedotto dalla parte intimata.

4. Alla soccombenza consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali di questo giudizio di cassazione nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione liquidate in Euro 40,00 oltre Euro 2.500,00 (duemilacinquecento) per onorario d’avvocato ed oltre I.V.A., C.P.A. e spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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