Cass. pen., sez. VI 28-11-2008 (13-11-2008), n. 44419 Destinazione allo spaccio – Prova – Sindacato di legittimità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Con un unico motivo di impugnazione il ricorrente in persona deduce vizio di motivazione e violazione di legge in relazione alle norme di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 75.
In particolare lamenta il ricorso che nella specie i giudici di merito non abbiano considerato: la tossicodipendenza di esso imputato; l’assenza nell’abitazione di somme consistenti di denaro;
l’assenza di strumenti per la pesatura e confezione delle dosi; la modestia del quantitativo, l’assenza di precedenti penali specifici;
le condizioni economiche; l’assenza di riscontri dello spaccio dai tabulati telefonici e dalle informative dell’Arma. In tale quadro:
non sarebbe corretto utilizzare la condotta di esso ricorrente, intesa a celare il suo stato di consumatore (tentativo di fuga e di dispersione dello stupefacente), potendo essa essere giustificata dall’interesse ad evitare conseguenze amministrative, e la diversa lettura in suo danno integrerebbe una assoluta illogicità nella motivazione di condanna.
In materia di stupefacenti, la valutazione in ordine alla destinazione della droga (se al fine dell’uso personale o della cessione a terzi), ogni qualvolta la condotta non appaia indicare l’immediatezza del consumo, è effettuata dal giudice di merito secondo parametri di apprezzamento sindacabili nel giudizio di legittimità soltanto sotto il profilo della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione (cfr.Cass. Penale sez. 6, 6282/2000, 216315, D’Incontro. Massime precedenti Conformi Sezioni Unite: N. 4 del 1997 Rv. 208217).
Orbene, nella specie, il tentativo di fuga, alla vista dei Carabinieri, che avevano così bruscamente interrotto la comunicazione in atto del P. con due persone – non identificate – che stavano a bordo di un veicolo in sosta, e la successiva tentata dispersione dello stupefacente, valutate assieme alla circostanza che l’imputato deteneva con sè, fuori di casa, senza giustificazione, un quantitativo di stupefacente più che doppio, rispetto a quello rinvenuto in sede di perquisizione nella sua abitazione, costituiscono elementi che sono stati correttamente apprezzati dai giudici di merito, ai fini della destinazione a terzi della droga, con criteri che appaiono indenni dai vizi di mancanza o manifesta illogicità della motivazione stessa.
All’inammissibilità del ricorso stesso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare in Euro 1000,00 (mille).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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