T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 23-05-2011, n. 4466 Indennità integrativa speciale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il ricorso in esame, il ricorrente sig. B.L. – già percettore della indennità di servizio estero di cui all’art. 170 del DPR 5 gennaio 1967, n. 18 – chiede accertarsi il proprio diritto a percepire, per il periodo di servizio prestato all’estero presso l’Ambasciata d’Italia in Londra, l’indennità integrativa speciale di cui alla legge 27 maggio 1959, n. 324.

L’interessato deduce violazione dell’art. 1, L. n. 324/1959, dell’art. 170, D.P.R. n. 18/1967, dell’art. 16, L. n. 839/1973 nonché degli artt. 3, 36 e 38 Costituzione.

Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa, per mezzo dell’Avvocatura di Stato.

Con decreto presidenziale n. 3426/2010 è stata dichiarata la perenzione del ricorso.

Il sig. B.L. ha proposto opposizione al decreto di perenzione.

Con ordinanza n. 1581/2010 è stato accolto il ricorso in opposizione al decreto di perenzione e fissata l’udienza del 30 marzo 2011 per la trattazione della causa.

Il ricorso è infondato.

La sua infondatezza consente al Collegio di prescindere dall’esame di pur possibili profili di inammissibilità della domanda per genericità dei fatti allegati a comprova della pretesa azionata in giudizio essendosi limitato, il ricorrente, ad indicare, quale presupposto fattuale della domanda di accertamento, lo svolgimento di servizio all’estero presso l’Ambasciata d’Italia in Londra senza meglio specificarne il periodo di assegnazione.

Giusta quanto disposto dall’art. 1, L. n. 324/1959, dagli artt. 170, 171 e 203, D.P.R. n. 18/1967, e dall’art. 1, c. 37, L.n. 549/1995, l’indennità integrativa speciale non è cumulabile con l’indennità di servizio all’estero.

La giurisprudenza amministrativa si è costantemente pronunciata in tal senso (cfr (cfr. T.A.R. Lazio, Sez. I ter, 26 giugno 2003 n. 5649, Cons. Stato, VI Sez., 3 maggio 2002 n. 2356 e, IV Sez., 15 dicembre 2000 n. 6706; Tar Lazio, sez. I bis, 18/5/2006, n. 3591; Tar Lazio, sez. I ter, 3/5/2005, n. 3296).

L’art. 1, c. 3, lett. d) della legge 27 maggio 1959, n. 324 (Miglioramenti economici al personale statale in attività ed in quiescenza), stabilisce, infatti, che l’indennità integrativa speciale di cui al precedente primo comma non è dovuta al personale civile e militare in servizio all’estero fornito dell’assegno di sede previsto dalla legge 4 gennaio 1951, n. 13, o da disposizioni analoghe (comma così sostituito dall’art. 1, L. 3 marzo 1960, n. 185).

La legge 4 gennaio 1951, n. 13, avente ad oggetto il trattamento economico del personale diplomaticoconsolare in servizio all’estero, è stata abrogata dall’art. 269, D.P.R. n. 18/1967 (Ordinamento dell’Amministrazione degli affari esteri), sicché, deve ritenersi che all’indennità di servizio si sostituisca l’assegno di sede).

La circostanza per cui la citata indennità di servizio all’estero non abbia natura retributiva (cfr. art. 171 D.P.R. citato) non priva di rilievo il fatto che essa viene determinata sulla base di coefficienti che tengono conto delle variazioni del costo della vita, del corso dei cambi, dei disagi eventuali della sede, nonché dei costi per gli alloggi e per il personale domestico, indici tutti equivalenti all’indice del costo della vita, posto a base dell’aggiornamento annuale dell’indennità integrativa speciale (arg. Consiglio Stato IV, 25 febbraio 1999, n. 226;. IV, 30 gennaio 1998, n. 138).

Ciò premesso, appare evidente l’identità di funzione dell’indennità di servizio all’estero e dell’indennità integrativa speciale percepita dal personale in servizio nel territorio metropolitano, nonostante la conclamata diversità di natura, risarcitoria per l’uno e retributiva per l’altra (così, Cons. Stato, IV Sezione, 15.12.2000 n.6706).

In altri termini, l’indennità di servizio all’estero o assegno di sede – a norma dell’art. 170 del D.P.R. n. 18 del 1967 – costituisce un emolumento posto in sostituzione di quanto i dipendenti in servizio in Italia si vedono corrispondere a titolo di i.i.s., sicché ben può affermarsi, attesa la incumulabilità delle indennità in questione, il carattere di alternatività tra le stesse. Dal che consegue che le indennità medesime, corrisposte in relazione al servizio del dipendente, in Italia o all’estero, sono da considerarsi sostanzialmente analoghe tra loro.

Ad ulteriore conferma della ritenuta analogia tra le indennità in questione, occorre rammentare come anche la Corte dei Conti, in sede di controllo in relazione all’art. 15 del D.P.R. n.494/1987, aveva avuto già occasione di osservare che nelle indennità di servizio all’estero "è dato enucleare in relazione al loro carattere composito correlato a vari indici di riferimento e di valutazione una quota corrispondente alla misura dell’indennità integrativa speciale, spettante ai dipendenti in servizio nel territorio metropolitano" (cfr. C. Conti, Sez. Controllo, 22 marzo 1990 n. 7), confermando così tra l’i.i.s. e l’indennità l’analogia, che viene ad operare anche con riferimento al recupero della maggiorazione stipendiale.

Alla luce di tale raffronto è, pertanto, del tutto razionale e logica la previsione dell’art. 1 della legge n. 324 del 1959 che espressamente esclude dalla percezione dell’i.i.s. il personale civile e militare in servizio all’estero fornito dell’assegno di sede (cfr. T.A.R. Lazio, n. 9364 del 2003), atteso che la corresponsione della suddetta i.i.s. è caratteristica del personale statale il cui trattamento – per stipendio, paga o retribuzione – sia previsto nella tabella unica allegata al D.P.R. 11 gennaio 1956 n. 19 e non di quello il cui trattamento economico sia diversamente determinato.

Del resto, l’indennità di servizio all’estero si aggiunge allo stipendio e agli assegni di carattere fisso e continuativo, ed è commisurata al posto di organico occupato con le eventuali maggiorazioni o riduzione alla sede di servizio.

In ragione delle superiori considerazioni, la pretesa del ricorrente è infondata ed il ricorso in esame va, perciò, respinto.

Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in Euro 2.000,00.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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